L’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni è consentita in caso di trasferimenti di quote e di azioni in società di capitali fermo restando il rispetto di alcune condizioni previste dalla normativa
L’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 3, comma 4-ter del DLgs. 346/90, è consentita in caso di trasferimenti di quote e di azioni in società di capitali – effettuati anche tramite patti di famiglia – fermo restando il rispetto di alcune condizioni previste dalla normativa.
Una di esse è rappresentata dal trasferimento in capo al beneficiario del controllo della società. Tuttavia, se il controllo non viene trasferito contestualmente alla stipula del patto di famiglia che dispone la donazione, il requisito non può dirsi verificato con la conseguenza che l’operazione sarà assoggettata all’imposta.
Neppure la sottoscrizione di un patto parasociale con i beneficiari – immediatamente successiva al trasferimento delle partecipazioni – che imponga meccanismi di governance sostanzialmente equivalenti ad un “controllo congiunto”, è idonea ai fini dell’esenzione.
Ciò in quanto (a) il controllo deve sussistere al momento del trasferimento e (b) il patto parasociale ha efficacia solo tra le parti e non può incidere sulla prosecuzione dell’attività della società.
Questo è il principio chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza 10 marzo 2021, n. 6591.
Nel caso di specie, un imprenditore – mediante patto di famiglia – trasferiva, separatamente ed in parti uguali, il 74% del capitale sociale detenuto in una spa ai suoi tre figli e in atto veniva richiesta l’esenzione dall’imposta di donazione ai sensi del citato art. 3, comma 4-ter. L’Agenzia delle Entrate – non ritenendo rispettate le condizioni – aveva negato il beneficio ed emesso un avviso di accertamento, nonostante la sottoscrizione, il giorno successivo alla stipula del patto di famiglia, di un patto parasociale accessorio da parte dei figli con cui si impegnavano a prendere qualsiasi tipo di decisione all’unanimità, nonché a detenere le azioni per cinque anni.
La Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’amministrazione finanziaria in quanto ha ritenuto non integrati i requisiti necessari per usufruire dell’agevolazione.
L’imposta di donazione, come l’imposta di registro, è infatti “
un’imposta d’atto” e, pertanto, i criteri per beneficiare dell’esenzione devono emergere al momento della stipula dell’atto stesso e a nulla rileva il patto parasociale accessorio sottoscritto successivamente, considerato anche che lo stesso ha valenza esclusiva nei confronti delle parti contraenti e non può influire direttamente sull’attività dell’impresa.
Ai sensi della normativa per poter usufruire dell’esenzione:
- i beneficiari del trasferimento devono essere i discendenti e/o il coniuge;
- in caso di trasferimento di partecipazioni in società di capitali, detto trasferimento deve consentire al beneficiario di acquisire o integrare il controllo della società ex 2359 comma 1 n. 1 del codice civile;
- il beneficiario deve proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni. Tale condizione deve risultare da dichiarazione, da rendere contestualmente all’atto.
Nella fattispecie analizzata, quindi il presupposto agevolativo non è stato rispettato, in quanto nessuno dei figli ha acquisito il controllo della società. Solamente in caso di trasferimento delle partecipazioni in comproprietà tra i figli e la nomina di un rappresentante comune, il beneficio avrebbe potuto essere riconosciuto.
L’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 3, comma 4-ter del DLgs. 346/90, è consentita in caso di trasferimenti di quote e di azioni in società di capitali – effettuati anche tramite patti di famiglia – fermo restando il r…
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