IA e IA generativa: che cosa sono esattamente?
“Intelligenza artificiale” (IA) è un’espressione ormai d’uso comune, ma spesso utilizzata senza essere compresa fino in fondo. Sebbene le sue origini si facciano risalire alle invenzioni di Alan Turing, avvenute intorno alla metà del secolo scorso, è solo di recente – con l’aumento della capacità computazionale dei computer e l’incremento della qualità e quantità di dati disponibili – che l’IA ha suscitato l’interesse del grande pubblico per il significativo impatto che può avere sulla quotidianità in una moltitudine di settori anche molto diversi tra loro, che vanno da quello puramente tecnologico, a quello dei trasporti, da quello giuridico a quello economico, fino a comprendere ambiti applicati che fino a poco tempo fa sembravano distanti, quali le arti e le scienze sociali.
Intelligenza artificiale: una definizione pratica
Quando si parla di IA, in estrema sintesi, si parla di programmi e software tecnicamente molto complessi, i quali, basando il loro meccanismo di funzionamento su istruzioni fornite da un programmatore (cc.dd. algoritmi) e lavorando su significative quantità di dati, eseguono efficacemente e in maniera “intelligente” una data attività.
Per lo sviluppo di ogni algoritmo è centrale la fase c.d. di training, durante la quale quest’ultimo viene “allenato” a svolgere determinate operazioni di calcolo in modo sempre più efficiente e sempre più autonomo.
Se la macchina emette i dati output finali sotto forma di immagini, video, testi o produzioni musicali che precedentemente non esistevano in una determinata forma e senza un preponderante intervento umano, si parlerà di IA generativa (Generative Adversarial Networks); ne sono un esempio il noto software online ChatGPT della società americana OpenAI o ancora il programma Dall-E, dedicato alla creazione di immagini a partire da dati testuali.
L’intelligenza artificiale generativa
La IA generativa ha un funzionamento piuttosto semplice: con un input di “testo” (da intendersi in senso ampio), che prende il nome di prompt, l’utente descrive l’output che desidera. In questo modo la macchina è in grado di produrre contenuti complessi e altamente realistici che imitano la creatività umana e ciò la rende uno strumento prezioso per molti settori come il gioco, l’intrattenimento e la progettazione di prodotti. La IA generativa può essere utilizzata per creare animazioni, ridurre i tempi di sviluppo di videogiochi e applicazioni, mutare radicalmente i paradigmi musicali, creare interi mondi virtuali e realizzare immagini e opere d’arte visiva tecnicamente e graficamente raffinate.
Nel mondo artistico, un esempio ricorrente utilizzato per dare l’idea delle frontiere a cui è giunta, ormai già da qualche anno, l’IA generativa, è costituito dall’opera The Next Rembrandt: un sistema di machine learning è stato “allenato” attraverso lo studio tecnico dell’intera produzione artistica del celebre pittore Rembrandt, arrivando a creare un ritratto che riproduce minuziosamente il suo stile e le sue pennellate e che, a prima vista, ben potrebbe sembrare la riproduzione digitale ad alta risoluzione di un dipinto originale.
Se da una parte l’IA generativa è fonte di infinite possibilità, dall’altra è proprio in tale tecnologia che si annidano le più delicate criticità giuridiche: dal riconoscimento di diritti esclusivi sulle opere generate dall’IA, ai dibattiti sull’autorialità, fino ai possibili profili di responsabilità dell’IA generativa; ci sono numerose questioni legali che devono essere affrontate, ma a cui è difficile dare risposta utilizzando gli strumenti giuridici e normativi attualmente a nostra disposizione. È quindi fondamentale trovare un equilibrio tra l’abbracciare il potenziale dell’IA generativa, saperne cogliere la portata epocale e rivoluzionaria, e allo stesso tempo studiare e preservare le problematiche legali che ne derivano.
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L’impatto dell’IA generativa sul diritto d’autore
Walter Benjamin, nel suo saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, pubblicato nella prima metà del ‘900, rappresentava, con uno spiccato senso di attualità, le maggiori criticità sociali che l’evoluzione artistica stava causando e avrebbe continuato a produrre. Con la capacità di guardare al futuro che caratterizza i più grandi pensatori, Benjamin ha aperto la strada al dibattito che tuttora sta animando i settori di riferimento sulla riproducibilità dell’opera d’arte e sulle problematiche ad essa connesse.
L’IA generativa e i suoi prodotti visivi, sonori e testuali ben si iscrivono in questo contesto di grande incertezza sociale e giuridica, divenendone non solo il motore principale, ma anche il nodo più complesso da sciogliere.
Pensiamo infatti al caso in cui un artista realizzi un’opera utilizzando un software di IA generativa: inserendo il “giusto” prompt nel programma, quest’ultimo otterrà un’immagine in grado di riflettere (in modo più o meno preciso) la sua idea iniziale. Tenendo a mente che in base alla Legge sul diritto d’autore solo l’espressione di un’idea e non un’idea in quanto tale può essere tutelata dal diritto d’autore e che solo le opere creative (da intendersi come estrinsecazione della personalità dell’autore) possono essere oggetto di tutela autoriale, ci si chiede:
nell’ipotesi prospettata, dove stanno le scelte libere e creative dell’autore che, partendo dall’idea iniziale, permettono di ottenere la forma espressiva generata dal software?
Dove risiede il contributo dell’intelletto dell’artista?
La scelta del prompt “adeguato” a generare quell’immagine può essere qualificata come contributo unico, individuale e creativo e, di conseguenza, il risultato finale del processo di computazione del programma può essere inteso come un’opera d’arte tutelabile dal diritto d’autore?
Se sì, cosa deve ritenersi protetto dal diritto d’autore e fin dove l’autore dell’immagine è tutelato?
In tali casistiche è possibile valutare l’esistenza dei soli diritti patrimoniali d’autore sulle opere, o ci si può spingere fino a riconoscere l’esistenza anche di (alcuni) diritti morali?
Ancora, in un ipotetico confronto tra il produttore che ha creato l’algoritmo, lo sviluppatore che lo ha allenato e l’utente/autore (in questo caso l’artista) che lo ha infine utilizzato, chi potrebbe azionare più diritti sull’opera d’arte artificiale?
E il fatto che la macchina stia diventando sempre più autonoma rispetto all’uomo programmatore, ci avvicina o allontana rispetto al riconoscimento di diritti autoriali?
Le domande sono davvero molte e le incertezze giuridiche altrettante. Tali questioni, infatti, sono estremamente recenti e aprono scenari a cui non eravamo preparati e che difficilmente possono essere ricondotti o incasellati nelle preesistenti categorie giuridiche che ben conosciamo; rispondere a tali domande con gli strumenti normativi che abbiamo a disposizione può infatti essere estremamente complicato e frustrante.
Se da una parte è vero che l’intelligenza artificiale ad oggi non pare poter rispondere a quei requisiti che la norma e la giurisprudenza richiedono per il riconoscimento di diritti esclusivi in capo all’autore di un’opera dell’ingegno (primo tra tutti il concetto di creatività da intendersi come l’estrinsecazione della personalità dell’autore), dall’altra è altrettanto vero che non riconoscere protezione ad opere sviluppate dalla IA – così rendendo le stessi liberamente fruibili dalla collettività – rischierebbe di bloccare gli investimenti e, quindi, paralizzare l’innovazione in tali ambiti, arginando sì possibili incertezze giuridiche, ma frustrando le immense potenzialità di tale settore tecnologico.
Le prime pronunce giurisprudenziali e i diversi approcci: i casi Sanremo e Zarya of the dawn
In mancanza di una normativa nazionale o sovranazionale in materia (l’Artificial Intelligence Act, la prima proposta di legge a livello internazionale che ha lo scopo di introdurre a livello comunitario un quadro di norme riguardanti i software di AI all’interno dell’Ue, è stato approvato dal Parlamento Europeo lo scorso maggio e attende ora l’approvazione del Consiglio UE), è la giurisprudenza che è chiamata a rispondere a questi nuovi problemi giuridici; e come spesso accade quando esistono vuoti normativi, lo fa con approcci diversi e spesso tra loro contrastanti.
Le decisioni delle corti sia locali che estere esistenti in materia sino a questo momento sono poche e (per lo più) caute; nonostante ciò, non essendo disponibile alcun tipo di precedente, sono proprio queste prime decisioni che fungeranno da apripista per le future vertenze.
Gli approcci sino ad ora sono disomogenei: parlando di opere realizzate dalla IA generativa, da una parte c’è chi tende a riconoscere come prevalente l’attività “creativa” perseguita dall’utente/autore nella fase di prompt, riconoscendo in capo a quest’ultimo diritti autoriali (quantomeno patrimoniali) sul risultato perseguito. Dall’altra c’è chi riconosce come prevalente il “contributo” della tecnologia catalogando come marginale quello umano, così negando ogni forma di tutela ai risultati di tale “processo”. Nel mezzo, molte sfumature di grigio.
Sul punto, a mero titolo esemplificativo, di seguito si citano due interessanti e contrastanti pronunce.
Tutela sì: Festival di Sanremo e intelligenza artificiale
La prima è una pronuncia della Suprema Corte italiana (Corte di Cassazione, ord. n. 1107/2023), che è giunta al termine di un lungo iter giuridico che ha visto un’architetta (nota con lo pseudonimo di Lindelokse), autrice di un fiore digitale elaborato con l’ausilio di un software seguendo degli schemi geometrici tipici delle figure cc.dd. frattali, agire in giudizio nei confronti della Rai per chiedere l’accertamento della violazione dei propri diritti d’autore sulla menzionata opera da parte di una scenografia adoperata (senza autorizzazione) nella nota kermesse canora Festival di Sanremo nell’edizione 2016.
A seguito delle contestazioni ricevute, la Rai rispondeva sostenendo che l’opera oggetto di causa non rientrasse nel perimetro della tutela garantita diritto d’autore, in quanto elaborata da un software di IA che ne avrebbe determinato – in maniera del tutto autonoma – forma, colori e dettagli tramite algoritmi matematici, così di fatto limitando l’apporto dell’architetta alla sola scelta dell’algoritmo da applicare e alla successiva approvazione del risultato generato dal computer.
Ebbene, la Corte di Cassazione, nel riconoscere la paternità della menzionata immagine digitale in capo all’architetta e la violazione del suo diritto d’autore da parte della scenografia del Festival di Sanremo, ha precisato che il mero utilizzo di un software per la realizzazione di un’opera (in questo caso d’arte visiva) non esclude di per sé la possibilità che il risultato costituisca un’opera dell’ingegno tutelabile dal diritto d’autore, il cui tasso di creatività andrebbe solo valutato con maggior rigore per indagare l’entità dell’apporto creativo dell’autore.
Tutela no: il caso del fumetto Zarya of the Dawn
Diverso e più restrittivo approccio è, invece, stato adottato in una recente pronuncia dello United States Copyright Office, che ha negato la possibilità di registrare e tutelare attraverso il diritto d’autore immagini generate dall’intelligenza artificiale. Protagonista della vicenda è Kristina Kashtanova, autrice del fumetto Zarya of the Dawn, la quale aveva utilizzato il software di generazione di immagini AI Midjourney per creare le illustrazioni della sua “opera-fumetto”.
Sebbene l’illustratrice sostenesse che la registrazione del fumetto avrebbe dovuto essere accolta in quanto la stessa era l’autrice di ogni aspetto dell’opera e l’intelligenza artificiale Midjourney costituisse solo uno strumento – dalla stessa manovrato – per realizzare le immagini, lo United States Office si è dimostrato di idea diversa.
L’ufficio americano, infatti, ha ritenuto che le immagini generate attraverso l’utilizzo del software Midjourney e contenute nel fumetto non potessero qualificarsi come opere d’autore originali tutelabili da diritto d’autore, in quanto gli “elementi tradizionali dell’autorialità” nelle immagini erano da ricondursi non alla fumettista, bensì al software Midjourney che genera immagini in modo imprevedibile e automatico, con conseguente impossibilità degli utenti utilizzatori di tale software di essere riconosciuti come autori del prodotto finale sviluppato da Midjourney.
Così facendo, lo United States Copyright Office ha ribadito quello che sembra essere l’approccio finora prevalente delle Corti americane, dalle quali è stato in più occasioni ribadito che un’opera per essere qualificata come prodotto del suo autore e per essere soggetta alla tutela autoriale deve estrinsecare i caratteri della “independet creation and sufficient creativity” e possedere un quantum minimo di creatività umana.
3 fattori da considerare nella possibile tutela del prompt come contributo artistico all’opera di IA
Viste le incertezze legate alla possibilità o meno di tutelare le immagini digitali realizzate attraverso sistemi di IA generativa alla stregua di vere e proprie opere d’arte dell’autore, l’analisi sul tema deve necessariamente essere estesa alla possibilità di proteggere i relativi prompt.
In questa valutazione è bene tenere conto di alcuni elementi che vengono di seguito riassunti.
In primo luogo, bisogna considerare che i prompt scelti dall’utente/autore hanno dei limiti in quanto devono rispettare (anche) requisiti di natura tecnica: ciascuna piattaforma indica, infatti, i parametri e i comandi che possono essere utilizzati dall’utente nella predisposizione delle indicazioni da dare alla macchina.
In secondo luogo, il rapporto tra prompt e risultato finale non è necessariamente univoco e prevedibile: i sistemi di IA sono, infatti, caratterizzati di regola da un coefficiente di “opacità” che impedisce di istituire un collegamento diretto e deterministico tra prompt e opera.
Per questo motivo la maggior parte dei programmi restituisce all’utente, sulla base del prompt immesso, diverse soluzioni, lasciando a quest’ultimo la scelta definitiva su quale adottare e quale invece scartare (talvolta attraverso un vero e proprio dialogo tra l’uomo e la macchina che consente all’utente di apportare le modifiche desiderate al primo risultato ottenuto).
Infine, di non scarsa rilevanza è il fatto che gli utenti hanno la possibilità di accedere a raccolte di prompt, ovvero ad archivi di cui possono usufruire direttamente o indirettamente tramite apposite piattaforme (es. PromptBase) e dietro pagamento di un corrispettivo al fine di individuare qual è il prompt adeguato da utilizzare per ottenere il risultato desiderato.
Alla luce di quanto sopra e del fatto che la Legge sul diritto d’autore non tutela un’idea in quanto tale, ma solo la sua forma espressiva, si capisce come non sia semplice determinare se, quando e in quale misura la scelta del prompt operata dall’utente/autore – per quanto accurata e frutto di un significativo sforzo intellettuale – possa considerarsi da una parte vera e propria espressione dell’idea dell’artista e, dall’altra, attività sufficientemente creativa sia di per sé, sia in relazione al risultato prodotto dalla macchina.