La Gsma stima che la penetrazione dei dispositivi mobili solo nell’Africa occidentale sia raddoppiata negli ultimi 10 anni
Mentre nel 2006 l’inclusione finanziaria sfiorava appena il 26% in Kenya, oggi l’83% della popolazione ha accesso a servizi finanziari di base
Per oltre sessant’anni gli Stati Uniti hanno rappresentato il centro dell’innovazione a livello globale. Poi è arrivata la Cina che, negli ultimi dieci anni, ha puntato sulla digitalizzazione dei pagamenti e della gestione del denaro come passepartout dell’inclusione finanziaria. Solo nel 2018, il mercato fintech della Terra del Dragone da 25,5 miliardi di dollari rappresentava il 46% di tutti gli investimenti del settore in giro per il mondo, tanto che persino i venditori e i lavoratori rurali mostrano oggi qr code personalizzati grazie a WeChat e Alipay. Ma, all’orizzonte, sembrerebbe fare capolino una nuova inversione di rotta. Che trova il suo cuore pulsante nella savana keniota.
Secondo un’analisi dell’Harvard business review, l’Africa ospita oggi 33 dei 47 paesi meno sviluppati al mondo. L’infrastruttura per l’utilizzo di smartphone e internet, che ha impiegato diversi decenni per stabilirsi negli Stati Uniti e in Cina, qui è ancora agli albori. Ma
l’onda fintech acceleratasi alla fine del millennio ha dato il via a un vero e proprio boom economico. Stando alle stime del Fondo monetario internazionale, quattro dei primi cinque tassi di crescita del pil più elevati al mondo si trovano nei paesi africani che hanno beneficiato di questa crescita. E l’esemplare per eccellenza è quello del Kenya.
Grazie all’avvento di alcune società del settore, infatti, mentre nel 2006 l’inclusione finanziaria del Paese sfiorava appena il 26%, oggi l’83% della popolazione ha accesso ai servizi finanziari di base. Basti pensare a Safaricom, il gigante delle telecomunicazioni che nel 2007 ha guidato il boom economico con il suo servizio di money transfer “M-Pesa”, qualcosa di “molto simile a una banca mobile, ma senza la necessità di una connessione a internet”, spiegano gli esperti dell’Harvard business review. Ma anche Equitel, che sta “spingendo ulteriormente i confini dell’inclusione finanziaria offrendo una suite completa di servizi bancari su dispositivi mobili”.
Stando ai ricercatori, queste società sono diventate dunque dei veri e propri modelli per il resto del continente, con 24 paesi che si sono impegnati in un piano per l’economia digitale sull’esempio del Kenya. E i risultati si vedono. La Gsma stima che la penetrazione dei dispositivi mobili solo nell’Africa occidentale sia
raddoppiata negli ultimi 10 anni e anche le donne, gli sfollati e le popolazioni più povere delle zone rurali sembrerebbero trarne vantaggio. Una “porta d’accesso all’empowerment”, scrivono i ricercatori.
Ma cosa può imparare il resto del mondo dal Kenya e, soprattutto, come possono tenere il passo delle fintech della savana? Uno dei primi aspetti da considerare è quello della fiducia. “Le banche tradizionali degli Stati Uniti non riescono a trasferire la fiducia necessaria in prodotti all’avanguardia”, spiegano i ricercatori, mentre il grande successo delle società fintech keniote “dipende, in gran parte, dalla loro capacità di combinare marchi affidabili a marchi emergenti”. Equitel, per esempio, sarebbe riuscita a prosperare “prendendo in prestito” la fiducia dei consumatori da marchi di lunga data come Equity Bank e Airtel (con cui ha collaborato). Insomma, la chiave è “cercare partnership che consentano ai servizi innovativi di funzionare su binari noti”. Ma anche offrire un set di soluzioni personalizzate, senza dimenticare infine la problematica dell’alfabetizzazione finanziaria. Un tema che, secondo gli esperti, potrebbe diffondersi rapidamente anche tra i millennial se solo le fintech puntassero sugli influencer.
La Gsma stima che la penetrazione dei dispositivi mobili solo nell’Africa occidentale sia raddoppiata negli ultimi 10 anniMentre nel 2006 l’inclusione finanziaria sfiorava appena il 26% in Kenya, oggi l’83% della popolazione ha accesso a servizi finanziari di base
Per oltre sessant’anni gli Stati…