Quando Elvis Presley, il re del Rock ‘n’ Roll, detto “Pelvis” per via dei caratteristici movimenti rotatori del bacino con cui accompagnava le sue esibizioni, venne chiamato alle armi, all’apice del successo, non poteva certo sapere che nel luogo di destinazione due grandi passioni lo avrebbero travolto. Dopo esser riuscito a rinviare una prima volta l’obbligo di leva, perché impegnato nella lavorazione di un film, nell’ottobre del ‘58 fu definitivamente arruolato e destinato alle truppe di occupazione di stanza in Germania.
Una Germania in ginocchio, devastata dalla recente guerra e oltremodo indebolita dalla spartizione dei suoi territori tra le forze alleate e il blocco sovietico. Ma anche in quel contesto Elvis, da vera stella internazionale, riuscì ad avere un ruolo da protagonista. Conquista la bellissima Priscilla Beaulieu, figlia del suo capitano e sua futura moglie, e acquista una super esclusiva granturismo spider, una Bmw 507 con un passato trascorso, anch’essa da vera star, tra saloni dell’auto e competizioni. Entrambe lo raggiungeranno in America al suo congedo.
È stata la stessa Bmw, che ha recentemente restaurato integralmente la 507 di Elvis miracolosamente ritrovata dopo anni di abbandono, a raccontare come l’auto sia stata riportata al bianco originale, così come uscì dalla fabbrica e come Elvis la comprò: fu proprio lui a decidere di farla riverniciare in rosso, successivamente, perché il bianco era costantemente imbrattato dai messaggi d’amore lasciati col rossetto dalle numerose ammiratrici. L’America era del resto la destinazione già scritta nel destino della 507, nata proprio per scorrazzare sulle highway a stelle e strisce. È per opera infatti del leggendario Max Hoffman, l’importatore di auto europee dai cui suggerimenti nacquero alcune delle auto più prestigiose di quegli anni, che la Bmw si convinse a creare la 507, per dimostrare al mondo che, nonostante le difficoltà del periodo, era ancora in grado di costruire auto da sogno. Nata nel 1928 per costruire motociclette, auto su licenza Austin e motori d’aviazione (da qui il logo con il simbolo dell’elica), la Bayerische Motoren Werke produrrà solo nel ‘32 la prima auto, la 3/20, seguita l’anno dopo dalla 303, una sofisticata sei cilindri dotata di diverse soluzioni innovative, ma soprattutto la prima Bmw con la tipica calandra a “doppio rene”, cioè formata dai due lobi che ancora oggi sono il segno distintivo del frontale delle auto della Casa.
Dal 1934 iniziò l’epopea sportiva della Bmw, dapprima con la 326 e soprattutto con la 328 che, nella versione Superleggera allestita dalla carrozzeria Touring – tutta di alluminio su un telaio tubolare in acciaio – vinse la Mille Miglia del 1940, anche se disputata in tono minore, in piena guerra mondiale, su un circuito ridotto. Al termine della guerra, la Bmw, distrutta dai bombardamenti e dimezzata dalle divisioni territoriali, fu l’ultima fabbrica automobilistica tedesca a riuscire a rialzarsi. Solo nel 1951 fu in grado di presentare un nuovo modello, la 501, di linea più che tradizionale ma con soluzioni tecniche raffinate, seguita nel ‘54 dall’innovativa 502, una 8 cilindri con il primo motore in lega leggera al mondo. Ma ciò non era ancora sufficiente a risollevare le sorti della fabbrica. Per riguadagnare terreno la casa bavarese cercò allora di esplorare settori nei quali non era affatto presente e che apparivano in grande espansione. Le auto super economiche da un lato e le GT di lusso dall’altro. Nel primo caso, colpita dalla genialità di una piccola vettura scovata in Italia, la Isetta costruita dalla Iso di Bresso, vicino a Milano, ottenne di poterla assemblare su licenza in Germania, munendola tuttavia di un motore motociclistico Bmw.
Con una forma a guscio d’uovo, una sola porta frontale anteriore e il volante integrato, il tutto racchiuso in una sorta di carlinga d’aeroplano, la piccola Isetta, vera antesignana delle odierne city car, ebbe in Germania un successo strepitoso, anche in versione cabriolet o furgoncino. Ma, pur essendo una micro-vettura che conteneva grandi raffinatezze progettuali, era pur sempre frutto di una scelta in netta controtendenza rispetto alle tradizioni della casa. La Bmw si ritrovò nel terreno ad essa più consono e appropriato quando poté invece dedicarsi allo studio di una supercar esclusiva, con un risultato, almeno dal punto di vista tecnico, davvero eclatante, creando un’auto destinata a restare una pietra miliare.
Del tutto insoddisfatto dei disegni della 528, una roadster progettata dalla Bmw per il mercato oltreoceano, Hoffman incaricò di sua iniziativa il conte Albrecht von Goertz, noto industrial designer di origine tedesca con studio a New York, di rivedere le linee della 528 e di inviare a Monaco di Baviera un nuovo progetto che riflettesse la sua conoscenza dei gusti americani. Il conte von Goertz, personaggio eclettico, ex bancario, fino a quel momento impegnato soprattutto nel design di elettrodomestici, macchine fotografiche, penne stilografiche e giocattoli, e con un passato da collaboratore e pupillo del guru del design industriale Raymond Loewy, centrò l’obiettivo, convincendo immediatamente i vertici Bmw ad affidargli l’incarico.
Non solo, rispetto all’originario diktat della casa, che pretendeva l’utilizzo integrale della meccanica della 502, Goertz ottenne di poter studiare una diversa disposizione del radiatore per realizzare il nuovo frontale della vettura: i due “reni” disposti orizzontalmente, anziché verticalmente, così da consentire un’impostazione bassa e slanciata del muso. Da qui la principale caratteristica della 507: una linea bassa, sinuosa, filante, quasi a forma di onda, una linea che partendo da un lunghissimo, smisurato cofano di quasi 2 metri, si abbassa a livello delle portiere per risalire verso la coda. Le grandi ruote, la grazia e l’equilibrio delle forme slanciate e armoniose ricordano l’eleganza e la leggiadria di un levriero pronto ad un rapidissimo scatto. Dotata di un motore in lega leggera di 8 cilindri a V, 3.200 cc, 140 cavalli, la 507 era una prestigiosa spider granturismo assolutamente comoda e confortevole, alla portata di qualsiasi conducente e di grande godibilità.
La difficile messa a punto di un progetto tanto sofisticato ritardò però grandemente le prime consegne della vettura, penalizzata altresì dai notevoli costi di produzione, dovuti anche alla dimensione pressoché artigianale della fabbrica e dall’alta qualità dei materiali utilizzati, il che determinò un prezzo di vendita ben al di sopra dei 5.000 dollari ipotizzati da Hoffman. Ma ciò non poteva di certo scoraggiare la clientela di altissimo livello che corse ad acquistare la 507: non solo Elvis Presley, che oltre a quella in Germania sembra ne abbia poi comprato addirittura un’altra, ma anche Alain Delon, l’Aga Khan, Ranieri di Monaco, Ursula Andress, i re di Grecia e del Marocco, fino al pluricampione di moto e di auto John Surtees. Singolare è anche la storia di quest’ultima vettura: regalata al pilota dal conte Agusta (almeno per la metà del valore) a seguito della vittoria nel mondiale 500 in sella ad una motocicletta della sua MV, Surtees si recò a Maranello a bordo della 507 per firmare il contratto che lo avrebbe legato alla Ferrari per l’anno successivo. Il Drake strinse l’accordo, ma non perse occasione di diffidarlo dal ripresentarsi con un’auto della concorrenza, imponendogli l’acquisto di una berlinetta modenese. Surtees ammiccò, senza tuttavia separarsi mai dalla 507. Che restava un’auto per pochi fini intenditori. La produzione della vettura non riuscì a superare infatti i 250 esemplari circa: forse troppo poco appariscente e aggressiva, rispetto alle concorrenti in gran voga in quel momento e comunque troppo costosa, ben al di là delle previsioni.
I suoi punti di forza, cioè classe, discrezione, equilibrio, maneggevolezza e comodità, si rivelarono paradossalmente il suo limite. Proprio alcune delle caratteristiche che le consentiranno di attraversare cinquant’anni di storia diventando via via sempre più ammirata e desiderata. Oggi è un vero classico, grazie senza dubbio anche alla sua linea senza tempo e al di sopra delle mode, evidentemente troppo in anticipo rispetto alle concorrenti. Lo dimostra il successo ottenuto dai moderni modelli Bmw ispirati proprio alla 507, dalla Z3, con il suo lungo cofano anteriore, l’abitacolo arretrato e addirittura le prese d’aria laterali, che richiamano le tipiche “branchie” della progenitrice, alla Z8, che oltre a reinterpretare gli stessi stilemi, ha riproposto la peculiare calandra a doppio rene a sviluppo orizzontale.
Ora più di allora la 507 costituisce un modello ambitissimo di indiscutibile carisma, che mantiene un valore altissimo, complice anche la limitatissima disponibilità. Gli ultimi passaggi di mano di cui si è avuta notizia sono avvenuti per cifre intorno ai due milioni di euro, con picchi anche del doppio per esemplari assolutamente eccezionali come nel caso dei 3,8 milioni spuntati proprio dalla 507 di Surtees, giunta incredibilmente alla vendita in asta come vettura “unico proprietario”. È poi di questi ultimi mesi, infine, la notizia della grande rivincita della 507 sulla sua grande rivale dell’epoca, la Mercedes 300 SL Gullwing, la famosa “Ali di gabbiano”. Surclassata all’epoca in termini di vendite dalla iconica ma impegnativa Mercedes, in una recente asta tenutasi a Parigi. la 507 ha spuntato un prezzo pressoché doppio rispetto alla rivale: quasi due milioni la 507, poco più di uno la 300 SL.