L’intervista a Mariafrancesca De Leo e Bertone Biscaretti di Ruffìa, dello Studio Greenberg Traurig Santa Maria
In uno scenario in cui la
tecnologia è diventata condizione e supporto irrinunciabile di ogni attività
umana, non stupisce notare che l’industria del fintech – e con essa il fenomeno
dei digital asset – sia entrata nel radar del mondo del diritto, sollevando
implicazioni, in particolare, nell’ambito tributario e fiscale, immobiliare e
successorio.
E invero, se l’attenzione
dedicata è sempre molto alta, soprattutto in relazione all’applicazione della
disciplina sovranazionale e domestica applicabile, nonché agli orientamenti
delle Authority, non è così per quanto riguarda le ipotesi di controversie
legate all’utilizzo di queste nuove tecnologie e nuovi modelli di business.
Ebbene, per fare luce su siffatta
questione, We Wealth ha interpellato gli avvocati Mariafrancesca De Leo e
Bertone Biscaretti di Ruffìa, rispettivamente partner e associate dello Studio
Greenberg Traurig Santa Maria, esperti di contenzioso finanziario e regolatorio
nonché energetico e tecnologico, con esperienza nella consulenza e assistenza a
società fintech.
Partiamo dalle controversie. Qual
è lo stato del contenzioso fintech in Italia oggi?
Dipende da quello a cui ci si
riferisca con l’espressione fintech. Se si pensa, per esempio, all’utilizzo di
strumenti elettronici e piattaforme online per l’erogazione di servizi bancari
e finanziari in generale, si può dire che esiste un’ampia casistica e che si
tratta di un settore ormai ben sviluppato.
Se invece ci si riferisce all’utilizzo
di tecnologie più recenti, come la blockchain e le cripto attività, il
contenzioso italiano è ancora in uno stato embrionale e le pronunce rilevanti
sono poche. Un primo esempio è fornito da una sentenza del 2018 della Corte di
Appello di Brescia che, pronunciandosi in senso negativo sulla possibilità di
effettuare conferimenti societari in cripto-asset, ha tuttavia lasciato
intendere che ogni valutazione in merito vada svolta caso per caso,
risolvendosi in un accertamento di fatto delle caratteristiche proprie del bene
digitale in questione. Anche la Corte di Cassazione Penale ha avuto modo di
pronunciarsi in materia, confermando che le norme sull’intermediazione
finanziaria si applicano all’offerta al pubblico di bitcoin. Peraltro, in
entrambi i casi gli Ermellini hanno ritenuto determinanti le modalità concrete
con le quali la vendita di token veniva reclamizzata e le finalità con le quali
i bitcoin venivano acquistati, per cui non è escluso che in futuro, con
riferimento a casi e asset differenti, la Corte possa giungere a conclusioni
opposte. Di particolare interesse è una pronuncia del Tribunale di Firenze in
merito a un grave ammanco di cripto asset facilitato da una falla nel sistema
di gestione utilizzato da un exchange italiano. I giudici hanno qualificato
l’asset in questione come un bene giuridico immateriale e fungibile, e il
rapporto tra l’utente e il prestatore di servizi di portafoglio digitale co[1]me deposito irregolare. Queste poche pronunce
forniscono soltanto alcune indicazioni su come potranno essere affrontate le
numerose questioni giuridiche ancora aperte.
Gli asset digitali possono essere
oggetto di esecuzione forzata? I creditori possono soddisfare le loro pretese
aggredendoli? E quali sono le implicazioni legate alla tutela cautelare?
Anche su questi aspetti ci sono
poche pronunce rilevanti e le incertezze sono molte. Come si è detto,
l’orientamento prevalente porta a concludere che cripto-valute ed Nft possono
essere considerati beni giuridici immateriali. In quanto tali, essi
rientrerebbero nel novero delle cose che possono formare oggetto di diritti, ai
sensi dell’art. 810 c.c. Inoltre, in almeno un’occasione la giurisprudenza ha
di fatto confermato che le criptovalute possono rientrare tra quei beni con i
quali il debitore è tenuto a rispondere delle proprie obbligazioni, cui fa
riferimento l’art. 2740 c.c. Tutto ciò porta a ritenere che tali asset
dovrebbero senz’altro essere aggredibili dai creditori mediante l’esecuzione
forzata. Peraltro, il semplice fatto che si tratti di beni immateriali non
dovrebbe, di per sé, essere considerato un ostacolo. Nell’ordinamento italiano,
infatti, vi sono diversi esempi di beni immobili immateriali pignorabili. È il
caso, ad esempio, delle azioni e delle quote societarie, dei crediti, anche
immobiliari, e dei diritti di proprietà industriale. Ciò non toglie che vi
siano diverse questioni interpretative e ragioni di ordine pratico che rendono
l’esecuzione forzata su criptovalute e Nft, al momento, una strada molto
complessa da percorrere, in alcuni casi con poche possibilità di successo. Un
primo problema è quello della reperibilità del compendio pignorabile in assenza
di collaborazione da parte del debitore. La questione si atteggia diversamente
a seconda che gli asset siano custoditi su wallet cosiddetti non-custodial, e
quindi siano tipicamente affidati a terzi quali le piattaforme di exchange, o
siano, invece, conservati in wallet custodial, o hardware wallet, ossia su
strumenti fisici in possesso del debitore che potrebbe facilmente tenerli
nascosti. In entrambi i casi, può essere molto difficile scoprire se il proprio
debitore detiene un patrimonio in Nft, o in bitcoin.
In conclusione, emergono, a
vostro avviso, problemi legati alla giurisdizione, dunque sulla legge
applicabile alle transazioni su blockchain in ipotesi di controversie
internazionali?
La transizione di una parte
sempre più rilevante della vita economica e sociale dal mondo fisico al web ha
posto da tempo problemi rilevanti in materia di diritto internazionale privato.
I temi della giurisdizione e della legge applicabile in un contesto che non
conosce confini territoriali, come quello di internet, hanno creato diversi
grattacapi a operatori e legislatori. Negli anni, sono state individuate
diverse soluzioni e, pur con diversi gradi di certezza e ragionevolezza a
seconda delle differenti materie e fattispecie, si può dire che vi siano ormai
strumenti idonei per affrontare questi temi, soprattutto nell’ambito
dell’Unione europea. L’avvento delle Dlt va calato in questo contesto ma è
indubbio che ponga nuove sfide, alcune delle quali di difficile soluzione.