Il modo migliore per preservare la vita di quei poveri ragazzi dalle brame di intraprendenti e spietati parenti o contendenti era affiancare alla loro investitura la reggenza delle premurose madri, spesso figlie di potenti sovrani stranieri e quindi non facilmente “sacrificabili”.
Per mettere subito le cose in chiaro, il giorno successivo all’investitura, le maestranze al lavoro nelle zecche ricevevano ordine di coniare nuove monete da far circolare in tutto il regno, con i ritratti dei due nuovi sovrani.
In Italia, a Milano, la prima moneta in oro coniata in tale situazione di emergenza, con i ritratti di madre e figlio, fu il doppio ducato di Gian Galeazzo Maria Sforza con la madre Bona di Savoia.
Tutto cominciò la mattina del 26 dicembre dell’anno 1476, quando undici congiurati inflissero quattordici coltellate al duca Galeazzo Maria Sforza sul sagrato della basilica di Santo Stefano Maggiore di Milano. Nonostante i numerosi presagi e la folta schiera di nemici, Galeazzo, forse per rendere conto di una coscienza non delle più leggere, aveva deciso di onorare il Santo nel giorno a lui dedicato.
MILANO. GIAN GALEAZZO MARIA SFORZA, 1476-1494. Reggenza della madre BONA DI SAVOIA, 1476-1481. Doppio ducato. Oro g. 6,96. Busto con velo vedovile di Bona di Savoia. R/ Busto del giovane Gian Galeazzo Maria Sforza (Asta Nac 5/12/2019 aggiudicato a 70.000 euro).
Il primogenito Gian Galeazzo Maria Sforza, di appena otto anni, fu riconosciuto il 9 gennaio 1477 nuovo duca di Milano sotto la reggenza della madre Bona di Savoia, anche se il potere rimase di fatto nelle mani dei maggiori consiglieri della corte.
Dopo soli tre anni, lo zio di Gian Galeazzo, Ludovico Maria detto “il Moro”, rinchiuse di fatto il ragazzo nella “Rocchetta” del Castello Sforzesco ed esiliò la madre nel castello di Abbiategrasso prendendone il posto nella “Reggenza”.
In Francia, un secolo e mezzo dopo, nel 1637, un sontuoso e alquanto indigesto banchetto organizzato dal maresciallo di Créqui, rovinava la serata agli sfortunati commensali, tra cui l’ospite d’onore, il sovrano piemontese Vittorio Amedeo I di Savoia. Trasportato a Torino, il cinquantenne duca finiva la sua agonia e la sua vita maledicendo il cuoco del maresciallo e probabilmente la cucina francese.
TORINO. FRANCESCO GIACINTO DI SAVOIA. Fior di paradiso. Reggenza della madre CRISTINA DI BORBONE. La Madama Reale (1637-1638). Da 4 scudi d’oro s.d. g. 13,25. Busti accollati del duca e della madre reggente. R/ La Madonna dei fiori di Brà, in ghirlanda di lauro. Asta Cambi & Crippa Numismatica, 9 febbraio 2022. Base d’asta euro 12.000
Gli incisori della zecca si misero subito all’opera per creare nuovi conii raffiguranti al diritto i nuovi sovrani e al rovescio, a loro protezione, l’immagine della Madonna dei fiori di Brà con il Bambino. Il messaggio era chiaro: il culto della Madonna dei fiori traeva origine dalla leggenda del miracolo avvenuto nei pressi di Torino il 29 dicembre 1336: una giovane donna incinta, Egidia Mathias, mentre si trovava in preghiera presso un pilone votivo consacrato alla Madonna nel paese di Bra, fu aggredita da due soldati di ventura. Venne salvata dall’apparizione della Vergine e aiutata da questa partorì il suo bambino, mentre i cespugli di pruno selvatico intorno a lei, pur essendo pieno inverno, fiorirono improvvisamente.
Le bellissime monete coniate circolarono però per molto poco (oggi infatti sono rarissime). Dopo soli undici mesi, il sovrano bambino, alquanto cagionevole di salute, durante una tragica e ultima notte di terribili febbri, passava la corona al fratello di soli quattro anni, Carlo Emanuele di Savoia, che dormiva ancora in culla.
Loro malgrado, le maestranze sabaude si dovettero adoperare nuovamente per creare monete, questa volta con i ritratti della sfortunata vedova Cristina di Borbone e del figlio secondogenito.
Carlo Emanuele, secondo duca sabaudo a portare questo nome, ebbe un destino sicuramente migliore dei due sovrani citati precedentemente; regnò infatti per quasi quarant’anni anche se dovette aspettarne venticinque, con la scomparsa dell’influente madre, per prendere in mano le sorti del Ducato.
TORINO (o CHAMBERY). CARLO EMANUELE II DI SAVOIA. L’Adriano del Piemonte. Reggenza della madre MARIA DI BORBONE. La Madama Reale (1638-1675). Da 20 scudi d’oro 1641. g. 66.50. Busti accollati del duca e della reggente a d. Sul petto di Maria di Borbone é presente una piccola croce. R/ Stemma inquartato con al centro Savoia, in cartella ornata e coronata. Asta Cambi & Crippa Numismatica, 9 febbraio 2022. Base d’asta euro 45.000.
A volte però la sorte decide di tornare sui suoi passi e anche Carlo Emanuele, nel 1675, a soli 41 anni, ancora più giovane del padre, spirò prematuramente di malattia.
TORINO. CARLO EMANUELE II DI SAVOIA. L’Adriano del Piemonte (1648-1675). Da 10 scudi d’oro 1663. g. 33.28. Busto paludato a d. con lunga capigliatura. R/ Scudo inquartato, con Savoia al centro, in cartella ornata e coronata. Intorno, Collare. Asta Cambi & Crippa Numismatica, 9 febbraio 2022. Base d’asta euro 50.000
Così, ancora una volta, lo stato sabaudo si trovò con un nuovo regnante, di soli nove anni, Vittorio Amedeo e sotto la reggenza di un’altra vedova, la madre Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours.
La zecca sabauda preparò così una nuova moneta, con madre e figlio al diritto e un’altra madre e figlio al rovescio, la Madonna Assunta e il Bambino, figure elette a proteggere la nuova coppia reale.
TORINO. VITTORIO AMEDEO II. Reggenza della madre MARIA GIOVANNA BATTISTA (1675-1680). Quadrupla in oro 1676. g. 13.30. Busti accollati del duca e della madre reggente a d. R/ La Madonna Assunta con scettro, seduta, guarda il Bambino che, in piedi innanzi, le porge globo crucigero; all’esergo, la data. Asta Cambi & Crippa Numismatica, 9 febbraio 2022. Base d’asta euro 18.000.
Dalla Germania intanto erano arrivate nuove macchine che coniavano le monete in modo più veloce e preciso, dando loro un aspetto più moderno. I tempi stavano cambiando, il ‘600 si avviava verso la sua fine per lasciare il posto ad un nuovo secolo che si sarebbe concluso con grandi sconvolgimenti sociali e con la messa in discussione della stessa monarchia.