Mediobanca Securities ha analizzato 330 fondi comuni proposti dalle cinque reti quotate a Piazza Affari: Banca Mediolanum, Banca Generali, Azimut, Anima e Fineco Bank
Rispetto a un precedente studio del 2017 l’effetto Mifid II sui costi si è visto, in particolare, su Banca Generali e Mediolanum
Il rapporto di 88 pagine esamina nel dettaglio il profilo dei costi di 330 fondi comuni, per un ammontare di asset gestiti complessivo di circa 120 miliardi di euro. L’esame si estende a cinque diverse categorie di fondi (azionari, flessibili, bilanciati, multi-class e reddito fisso), scegliendo per ciascuna di esse i prodotti più rilevanti per le cinque reti quotate a Piazza Affari (Anima, Fineco Bank, Azimut, Banca Mediolanum e Banca Generali). I risultati sintetici dell’analisi confermano Fineco Bank sul gradino più alto del podio per i costi complessivi contenuti (2,23%), calcolati sulla base dei 40 fondi più importanti in termini di masse gestite nel 2020. Anima Sgr, i cui costi sono ancora più contenuti (1,65%) non è ritenuta direttamente comparabile alle altre quattro società, dal momento che colloca i suoi fondi presso le banche e non ha una rete di consulenti i cui costi vadano aggiungersi alle management fee.
Nel grafico in basso è possibile osservare anche il peso dei costi sulle performance del 2020, che comunque non devono essere considerate indicative di quelle future.
- Il peso dei costi sui fondi obbligazionari. I rendimenti della asset class a reddito fisso sono particolarmente bassi nel contesto attuale, e i costi applicati dalle reti ne divorano una grossa fetta. “In generale, troviamo difficile giustificare la presenza di commissioni di performance nei fondi a reddito fisso in questo periodo storico”, si legge nello studio, “questa categoria di fondi ha fornito, in media, l’1,1% di rendimento netto ai clienti… In generale, i costi di questa categoria di fondi hanno rappresentato circa i due terzi delle performance lorde, mentre hanno eroso quasi interamente le performance dei fondi di Banca Mediolanum. In questo contesto, ci chiediamo se abbia senso per i clienti acquistare prodotti in cui, in media, i due terzi della performance sono trattenuti dal distributore e la performance netta è intorno all’1%”.
- Il peso delle commissioni di performance sui fondi flessibili. Secondo Mediobanca, i fondi flessibili somigliano spesso a fondi azionari, i cui benchmark, però, “simili a quelli monetari” e quindi più facili da battere. Questa “sovraperformance” va a tutto beneficio delle commissioni incassate dalle società. “Crediamo che questo non sia un indicatore della capacità di generare alfa” ossia un risultato veramente superiore alla media del mercato, ha commentato Mediobanca.
Per quanto riguarda le valutazioni del percorso effettuato negli ultimi anni dalle cinque società analizzate i migliori progressi sono stati individuati per Banca Mediolanum e Banca Generali. “Rispetto alla nostra precedente analisi, vediamo miglioramenti tangibili nell’offerta di prodotti di Banca Generali e Banca Mediolanum, con oneri correnti, alla fine, non troppo lontani dal best-in-class – che è ancora una volta Fineco. Vale la pena ricordare che nel 2016 le due società erano rispettivamente 137 e 35 punti base al di sopra di Fineco, in media, in termini di spese correnti applicate ai clienti”, ha scritto Mediobanca.
Le note più di negative sono riservate, invece, ad Azimut. “Possiamo dire che nulla è cambiato nella sostanza. Con una media di 272 punti base, Azimut ha ora superato Banca Generali e Banca Mediolanum e ha i prodotti più costosi (considerando il costo medio ponderato dei primi 40 fondi)… abbastanza in linea con quello che avevamo calcolato nel 2017 (273 punti base)”, ha affermato Mediobanca, aggiungendo più avanti di non attendersi “nessuna azione particolare da parte dell’azienda per abbassare i prezzi”.