Serve ancor più un consulente a proprio fianco che sappia comprendere le esigenze del cliente
La pandemia ha ridotto a zero la loro voglia di rischiare e investire sui mercati finanziari
Il giorno era il 24 febbraio e appena a casa mi sono imbattuto in un articolo de “La Stampa” che così recitava: “Il Coronavirus affonda le borse mondiali, bruciati 1.000 miliardi. Milano maglia nera. Wall Street mai così male dal 2018”.
Ma il modo migliore di reagire è guardare ai fatti con razionalità e con il ripensare a quante altre volte era successa la stessa cosa in passato.
Questa volta poteva sembrare diverso, e in effetti la causa non era ascrivibile a qualche guerra commerciale, ai mutui subprime, a eventi macroeconomici, ma ad un terribile virus che in poco tempo ha “distrutto tutto”.
Siamo ancora in una fase difficile, l’economia e le famiglie ne stanno sentendo ancora gli effetti.
Volevo però porre attenzione su un altro aspetto in riferimento al titolo di giornale: il termine “bruciati” è corretto? Sicuramente si tratta di un termine molto forte e la nostra immaginazione ci porta a pensare ad una grande catasta di banconote che stanno bruciando vigorosamente e con esse tante speranze.
Ma analizziamo in maniera più distaccata la realtà, che non è così cupa come saremmo portati ad immaginare.
I mercati globali non sono esenti periodicamente da fatti così negativi, vuoi per tensioni politiche, vuoi per l’innescarsi di conflitti bellici, vuoi per rumors o altre cause macroeconomiche.
Tutto ciò fa parte della natura stessa dei mercati finanziari ma certamente se è vero che non si brucia nulla nei momenti di crisi è anche vero che non si crea nulla nei momenti di euforia dei mercati.
Perciò cosa è che accade in maniera più semplicistica? In conseguenza di una qualche crisi si verifica un aumento poderoso delle persone che vogliono vendere i titoli preoccupati di subire delle perdite ingenti rispetto al numero delle persone che invece sono interessate a comprare gli stessi titoli.
La legge di mercato ci insegna che quando l’offerta supera la domanda i prezzi (o quotazioni scendono) ed altrettanto vero che per qualcuno che vende c’è sempre qualcuno che ne approfitta per comprare.
E’ la nostra emotività a guidarci. Stabilire nell’immediato chi abbia ragione non è così scontato.
Coloro che hanno venduto hanno pensato di aver fatto la cosa giusta evitando che i prezzi scendessero ancora, mentre coloro che hanno comprato sono stati guidati dalla loro certezza che i prezzi sarebbero nuovamente saliti.
Col senno di poi è ampiamente dimostrato che ad ogni fase di caduta ha fatto seguito una fase di rialzo ben più marcata perché il mercato nel lungo periodo cresce sempre (poi il discorso qui si complica un po’ perché ovviamente dipende dal tipo di strumenti finanziari a cui facciamo riferimento, vuoi per i costi impliciti, vuoi per le performance storiche e la capacità dei gestori).
Il Coronavirus ha messo in evidenza anche un altro aspetto ovvero che molti risparmiatori non intendono più “mobilitare” i propri soldi preferendo tenerli sul conto corrente.
Ecco che il conto corrente viene visto come panacea di tutti mali. Questa scelta, purtroppo, si rivela il più delle volte sbagliata e deleteria.
La pandemia ha ridotto a zero la loro voglia di rischiare e investire sui mercati finanziari esponendo così il proprio patrimonio all’erosione di valore nel tempo a causa dell’inflazione e dei costi di gestione.
Un approccio così, dettato dalla pancia, è lontano anni luce dai principi della buona e corretta educazione finanziaria.
Serve una pianificazione accurata del proprio patrimonio, un attento sforzo a costruirsi un patrimonio per il proprio futuro e per quello della propria famiglia. Ci sono esigenze di breve, medio e lungo periodo e tutte devono trovare una giusta risposta.
Come ho accennato prima serve ancor più un consulente a proprio fianco che sappia comprendere le esigenze del cliente, i propri obiettivi e guidarlo nel corso del tempo.
Servono anche trasparenza e focus sul cliente (aldilà di tanti slogan) perché il professionista deve poter offrire gli strumenti migliori sul mercato, quelli con un rating elevato, una storia delle performance passate di tutto rispetto e un costo congruo, perché i costi incidono in maniera rilevante sui risultati futuri.