Il destino di Mps torna nelle mani del Tesoro, che entro fine anno dovrebbe cedere la sua quota del 64,2% della banca senese
Tra le opzioni vi è la cessione di una parte dei crediti a soggetti come Amco, parallelamente a un aumento di capitale da 2,5-3 miliardi
Filippo Diodovich, IG Italia: “Aumenteranno le indiscrezioni su un possibile matrimonio tra Banco Bpm e Unicredit”
Il futuro di Monte dei Paschi
Il Tesoro, per gli analisti, potrebbe valutare ora la fattibilità del modello stand-alone ma dovrà comunque fare i conti con le richieste della Banca centrale europea. Tra le opzioni sul piatto vi è la cessione di una parte dei crediti a soggetti come Amco (che ha avuto accesso a sua volta alla data room focalizzata sugli aspetti inerenti ai crediti deteriorati e crediti classificati come Stage 2, come annunciato in una nota ufficiale lo scorso 31 agosto), parallelamente a un aumento di capitale da 2,5-3 miliardi di euro che potrebbe salire fino a 4 miliardi secondo alcune indiscrezioni. Ma affinché ciò avvenga, come anticipato, bisognerà concordare con la Dg Comp (la direzione generale della concorrenza della Commissione europea) una proroga della cessione della quota del capitale. Sembrerebbe aprirsi anche lo scenario di una discesa in campo di un altro partner industriale. L’alternativa Banco Bpm è stata smentita da Piazza Meda, che tra l’altro potrebbe entrare nel mirino anche della stessa Unicredit. Quanto a Piazza Gae Aulenti, infatti, le mire di Andrea Orcel potrebbero tornare a direzionarsi sull’accrescimento della redditività della banca sia in maniera organica sia tramite acquisizioni.
Le ragioni del dietrofront
Ricordiamo che lo scorso luglio piazza Gae Aulenti aveva annunciato l’avvio di interlocuzioni in esclusiva col Mef per “verificare la fattibilità dell’operazione” che gli avrebbe garantito di “accelerare i piani di crescita organica e agevolare il raggiungimento di ritorni sostenibili superiori al costo del capitale”. Ma anche di rafforzare il proprio posizionamento competitivo in Italia, con un occhio specialmente al centro-nord, sede del 77% degli sportelli di Mps. Lo stesso ministro dell’Economia, Daniele Franco, aveva avvertito che il governo non avrebbe chiuso “a ogni costo” ma avrebbe proposto “un pacchetto finale” solo qualora si fosse rivelato “adeguato”. Ma alla fine il Tesoro non ha accettato la richiesta di Unicredit di una ricapitalizzazione di oltre 7 miliardi di euro, ritenendo l’operazione “troppo punitiva” per i contribuenti italiani.
Le reazioni politiche e sindacali
Lo stop è stato accolto positivamente dai deputati del Movimento 5 Stelle, che in Commissione Finanze alla Camera hanno auspicato che “la trattativa torni su binari normali e che si ricominci a discutere per trovare la migliore soluzione possibile per Monte dei Paschi”. È necessario pertanto, aggiungono i pentastellati, “ottenere prima di tutto una proroga dei negoziati per capire se c’è spazio per una mediazione”. “L’impressione è che Unicredit pensava di partecipare a una svendita e invece il ministero del Tesoro è stato assolutamente corretto. Serve ora più tempo con l’Europa per avere altre opzioni sul tavolo e che queste opzioni abbiano la possibilità di mettere in atto gli impegni: salvaguardia dell’occupazione, della banca e del marchio”, ha commentato il segretario del Pd Enrico Letta nel corso della trasmissione “Che tempo che fa”. Sul nodo-proroga anche Carla Ruocco, presidente della Commissione d’inchiesta sulle banche all’Adnkronos. “Bisogna assolutamente capitalizzare e ottenere con Bruxelles una proroga dei termini per una giusta valorizzazione” di Mps “con degli acquirenti più propensi ad ascoltare le condizioni del Tesoro”, ha aggiunto. In questa trattativa con Unicredit, spiega, “il Tesoro ha messo i paletti e ha fatto una mossa che ha salvaguardato le casse dello Stato. È un segnale positivo”.
Quanto al capitolo esuberi, interviene infine Emilio Contrasto, segretario generale di Unisin-Confsal. “Non entriamo nel merito dei motivi che hanno causato il fallimento della trattativa ma, come abbiamo sempre sostenuto, nessuna operazione potrà fondarsi su licenziamenti”, spiega. “È necessario comprendere senza ulteriori indugi quale è la strada che il Mef intende percorrere per mettere in sicurezza, una volta e per tutte, la banca. Nelle more, occorrerà immediatamente procedere con la ricapitalizzazione di Mps e con la proroga dei termini imposti dall’Unione europea per permettere al Mef di rimanere azionista di riferimento”. Secondo Contrasto, la banca senese “sta dando segnali di ripresa e vitalità grazie soprattutto ai sacrifici che già da tempo stanno sostenendo lavoratrici e lavoratori”. Occorrerà dunque “salvaguardare in modo strutturale la banca, i livelli occupazionali, le professionalità, il marchio, i legami coi territori e la clientela. Il tutto minimizzando, al tempo stesso, gli impatti sulla finanza pubblica e sulla fiscalità generale”.