Secondo quanto riferito da persone che hanno familiarità con la questione e riportato da Bloomberg, nel mirino dell’esecutivo ci sarebbero le Ferrovie dello Stato Italiane
De Vanna, Ersel: “I dividendi garantiti dalle partecipazioni sono molto più alti dei tassi decennali sui Btp, quindi la cessione distruggerebbe valore per il Paese”
La coalizione della premier Giorgia Meloni starebbe valutando la possibilità di vendere delle quote di minoranza di alcune società partecipate per risollevare l’economia italiana. Secondo quanto riferito da persone che hanno familiarità con la questione e diffuso da Bloomberg, nel mirino dell’esecutivo ci sarebbero le Ferrovie dello Stato Italiane, tra le altre. Separatamente, i ministri conterebbero anche sul flusso di cassa previsto dalla vendita di una quota di Mps, che dovrebbe concretizzarsi nel 2024. Durante una riunione del consiglio dei ministri di lunedì, riporta Bloomberg, Meloni ha manifestato la necessità di ridurre le spese per sostenere il piano del governo di tagliare le tasse sui salari e aiutare le famiglie in difficoltà; il ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato successivamente che “potrebbe essere una buona idea disinvestire da alcune attività”. Ma la mossa – qualora si concretizzasse – potrebbe far scattare un campanello d’allarme sui mercati finanziari.
“Credo che Meloni si riferisse alla partecipazione in Banca Monte Paschi, che vale circa 2 miliardi e che non paga dividendi di sorta”, spiega a We Wealth Carlo De Vanna, senior fund manager di Ersel asset management. “L’Italia, inoltre, si è impegnata con l’Europa a renderla nuovamente privata il più presto possibile, magari fondendola con un altro istituto. Non escludiamo poi che si riferisse anche a una parte della partecipazione di Poste, quella eccedente il 25% e che vale circa 5 miliardi, mentre Enav e Fincantieri sono probabilmente troppo piccole”, aggiunge l’esperto.
Cosa significa per i mercati finanziari
“Premesso che in linea di principio la vendita di partecipazioni pubbliche dovrebbe finanziare investimenti e non spesa corrente e che, in alternativa a fare nuovo debito, ha senso solo se il costo del debito è superiore al rendimento che tali partecipazioni garantiscono, nel caso delle partecipazioni pubbliche italiane, tranne poche eccezioni, i dividendi garantiti dalle partecipazioni sono molto più alti dei tassi decennali sui Btp, quindi la cessione distruggerebbe valore per il Paese”, osserva De Vanna. Guardando al mercato azionario, secondo il gestore un’eventuale vendita di una quota di Poste non avrebbe alcun impatto “perché resterebbe ancora saldamente in mano allo Stato”. Diverso il discorso per Montepaschi, perché riaprirebbe il risiko bancario e porterebbe probabilmente ad altre operazioni di aggregazione.
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Le (altre) mosse del governo da monitorare
A inizio mese l’esecutivo aveva tra l’altro già sorpreso i mercati con l’introduzione di una maxi-tassa sugli extraprofitti delle banche, scatenando un’ondata di ribassi che avevano affondato i titoli del settore nella seduta dell’8 agosto. “Il governo è chiaramente alla ricerca di risorse per la manovra e le sta cercando soprattutto nei settori che si sono avvantaggiati nell’ultima fase inflattiva. L’idea di tassare gli extraprofitti delle banche, in parte ridimensionata, ne è la prova lampante”, continua De Vanna. Il settore petrolifero e delle rinnovabili restano nel mirino, aggiunge, anche se è difficile trovare un modo per tassarli retroattivamente. “Potrebbero inoltre inasprire la lotta contro l’elusione fiscale di chi opera in Italia ma ha la sede all’estero”, dice l’esperto. Poi conclude: “Guardando invece a operazioni proattive da parte del governo, sicuramente va monitorata la situazione di Telecom, dove al contrario la Cdp potrebbe investire nuove risorse pubbliche per avere un ruolo guida nella governance e nella valorizzazione della rete”.