Il 47,2% delle medie imprese coinvolte nell’analisi ha già risolto il passaggio generazionale a fronte di un 17,4% che lo sta affrontando
Se il 32,5% trova nel passaggio un’occasione per accogliere manager esterni, chi non lo affronta rischia di penalizzare la crescita
Passaggio generazionale? Per un’impresa su quattro rappresenta un vero ostacolo, tra mancanza di eredi, la loro eccessiva numerosità o i dissidi tra soci. E rischia anche di penalizzare la crescita. Sono solo alcuni dei risultati del XXI Rapporto sulle medie imprese industriali di Unioncamere, dell’Area studi Mediobanca e del Centro studi Tagliacarne, condotto su un campione di 3.174 aziende tricolori. Un universo che, nelle parole del presidente di Unioncamere Andrea Prete, rappresenta “la spina dorsale del capitalismo familiare italiano” ma anche “la locomotiva del nostro sistema imprenditoriale”. E che si prepara a conoscere un rimbalzo del fatturato del +6,3% nel 2022, tra investimenti green e digitali.
Passaggio generazionale: il 17,4% lo sta affrontando
Il 47,2% delle medie imprese coinvolte nell’analisi ha già risolto il passaggio generazionale a fronte di un 17,4% che lo sta affrontando. Il 26,2% non considera neppure il tema in quanto gli eredi sono troppo giovani, mentre il 9,2% se ne trova ad affrontare la mancanza, la loro eccessiva numerosità o anche controversie tra soci. Di conseguenza, se il 32,5% delle medie imprese trova nel passaggio di testimone un’occasione per accogliere manager esterni, chi non lo affronta rischia di penalizzare la crescita. Quelle che riscontrano problemi in tal senso, infatti, si stima investiranno meno in formazione manageriale per innovare i modelli di business tra il 2022 e il 2024 (si parla del 38% contro il 50% di quelle che non hanno problemi), nell’innovazione di processo e organizzativa (64% contro il 71%) e nell’innovazione di prodotto e di marketing (47% contro il 61%).
Verso una crescita del +6,3% entro la fine dell’anno
Ciononostante, guardando al campione generale, le medie imprese manifatturiere italiane si preparano a chiudere l’anno registrando una crescita del +6,3%. Inoltre, il 52% di quelle che hanno investito nell’ultimo quinquennio sulla duplice transizione digitale ed ecologica conta di oltrepassare nello stesso periodo anche i livelli produttivi pre-covid. Percentuale che scivola al 35% per le imprese che hanno investito unicamente nel digitale e al 31% per quelle che si sono focalizzate sul green. Tra l’altro, oltre il 60% punta a continuare a investire su questi due filoni anche nei prossimi tre anni. “A ragione possono definirsi la locomotiva del nostro sistema imprenditoriale, rappresentando un fattore di resilienza e ammodernamento continuo del sistema produttivo, grazie a un’elevata capacità a investire nella duplice transizione green e digitale rispetto alla quale il capitale umano rappresenta l’asset intangibile più importante”, osserva al proposito Prete.
Un altro aspetto oggetto d’analisi è quello del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), con il 40% delle medie imprese che si è già impegnato in progetti a sostegno diretto dei sistemi imprenditoriali e il 19% che prevede di farlo. Anche se non manca un 40% che stenta a intravederne le opportunità. Alcuni fattori sembrerebbero infatti spingere maggiormente alcune realtà ad attivarsi rispetto ad altre. Il 72% delle medie imprese che investe nella formazione manageriale per innovare il modello di business si è già attivato in merito ai progetti del Pnrr o punta a farlo contro il 46% di coloro che non investono in questo settore. E lo stesso vale per chi ha stretto relazioni con le istituzioni o le università: il 74% ha già mosso i primi passi, contro il 52% delle aziende che non collaborano con nessuno dei due soggetti.