Il lotto è il 33, lui è il
Patek Philippe referenza 2523, costruito nel
1953. L’asta è quella iconica di
Phillips, la
Geneva Watch Auction: XIII, che si terrà l’8 e il 9 maggio 2021 a Ginevra. “Un esemplare fino a oggi sconosciuto”, rivela
Marcello De Marco, watches specialist, business development associate di Phillips.
Un segnatempo universale in oro giallo a doppia corona, con quadrante in smalto cloisonné su cui è raffigurata l’Eurasia. Di qui il suo nome, che si affianca a quello evocativo di ‘
Via della seta‘. Con un’espressione spesso abusata, alcuni orologi vengono appellati con l’espressione ‘Sacro Graal’ del collezionismo. In questo caso però l’attributo sarebbe realistico: siamo di fronte a un
pezzo introvabile, un vero unicorno. Pochi paralleli in termini di importanza vengono in mente fra gli orologi prodotti in serie, si pensi al
Patek Philippe in acciaio referenza 1518 (di cui abbiamo già parlato) o al
Rolex 6062 con quadrante nero e numeri in diamante.
“Si tratta dei uno dei più desiderati segnatempo di sempre. Siamo dalle parti del sogno più autentico, del non plus ultra. Nel mondo vintage, gli “Ore del Mondo” Patek Philippe sono pressoché gli unici orologi sia complicati che cloisonné: l’unico caso che raggruppa raffinatezza meccanica e la verve artistica dello smalto cloisonné”, prosegue De Marco.
Il rarissimo Patek 2523. Courtesy Phillips
La complicazione universale (oggi detta ‘Ore del Mondo‘) di questo orologio è definita dal doppio anello: uno fisso, ma regolabile, che segna tutti i 24 fusi orari del pianeta, e uno mobile (girevole in senso antiorario), con le 24 ore suddivise in diurne e notturne. Un sistema semplice ma brillante, che consente di leggere sempre l’ora corretta ovunque nel mondo. “L’uovo di Colombo dell’orologeria”. Eppure, prosegue De Marco, un gioiello del genere “non fu capito subito quando nacque”. Forse troppo avanti sui tempi, il 2523 fu ben poco apprezzato dal punto di vista commerciale.
Il rarissimo Patek 2523. Courtesy Phillips
La referenza
2523 è di fatto il passo finale – per quel che concerne gli orologi da polso vintage – di un processo di affinamento della tecnica iniziato due decadi addietro, negli anni ’30. È diretta conseguenza del progresso nella tecnologia delle telecomunicazioni: con un 2523 al polso, un uomo d’affari sapeva sempre se poter fare una chiamata dall’altra parte del mondo o meno. I primissimi esemplari di Patek di questo tipo – praticamente pezzi unici – utilizzavano un anello fisso per le città.
Il 2523 è lontano anni luce dai suoi progenitori in termini di aspetto e progettazione. Oltre alla doppia corona, presenta una cassa da 36 millimetri (all’epoca considerata oversize). L’anello con le città inoltre diventa parte integrante del quadrante, piuttosto che essere incisa nella lunetta. Questa referenza, più di altre, testimonia la capacità di Patek Philippe (non certo emblema di trasgressività) di poter anche assumere “un’approccio audace e non convenzionale all’orologeria”. Per la cronaca, tale audacia si manifestò anche altre volte nella storia della compagnia, il caso più rinomato rimane per ora il “Nautilus”.
Courtesy Phillips
Paradossalmente, l’insuccesso del modello fu l’origine del suo mito. La
Patek ne produsse pochissimi esemplari (se ne contano una trentina in tutto il globo) proprio a causa della scarsa domanda. Né le cose andarono meglio dal punto di vista commerciale con una versione leggermente modificata dello stesso modello, la referenza 2523-1. “A ben guardare non si trattava di ‘leggere’ modifiche”, precisa De Marco. “
Il modello -1 quasi rappresentava un chiedere scusa da parte di Patek alla sua clientela per l’esuberanza del 2523. I vivaci smalti scompaiono per lasciare posto a quadranti in argento, guilloché, di dimensioni ridotte e la cassa si semplifica”.
Courtesy Phillips
Oggi però le cose stanno diversamente. Il mantello temporale dei quasi sette decenni di vita di questo orologio da polso, unitamente alla sua estrema rarità, lo rende
uno degli oggetti più ricercati dal collezionismo di altissimo profilo. La casa madre ne è ben consapevole:
tre esemplari cloisonné, ovvero il 30% della produzione conosciuta, sono infatti conservati presso il museo Patek Philippe. Quota che lo rende uno dei segnatempo ‘seriali’ con il maggior numero di pezzi conservati in un museo rispetto a quelli prodotti.
“Il termine ‘seriale’ è chiaramente un eufemismo”, considerando che ognuno di questi orologi è stato fabbricato quasi interamente a mano sotto l’egida del leggendario orologiaio Louis Cottier (Ginevra, 1894) – che tra l’altro insistette per completare personalmente l’assemblaggio finale dei movimenti. La base d’asta per il Silk Road è 4 milioni di dollari.
Il lotto è il 33, lui è il Patek Philippe referenza 2523, costruito nel 1953. L’asta è quella iconica di Phillips, la Geneva Watch Auction: XIII, che si terrà l’8 e il 9 maggio 2021 a Ginevra. “Un esemplare fino a oggi sconosciuto”, rivela Marcello De Marco, watches specialist, business development …