Tale divieto rende spesso difficile organizzare in modo soddisfacente il passaggio di patrimoni in sede successoria quando non vi è armonia o comunanza di vedute tra i discendenti.
Per quanto la norma utilizzi il termine “trasferisce”, e non il termine “dona”, con riferimento all’atto posto in essere dall’imprenditore, da un punto di vista sostanziale è indubbio che il patto di famiglia rappresenta una donazione, in quanto l’imprenditore si spoglia del bene senza ricevere nulla in cambio.
Elementi caratterizzanti il patto di famiglia sono che:
- coloro tra i discendenti che sono assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote di eredità riservate dalla legge a favore dei legittimari;
- quanto ricevuto dai contraenti con il patto di famiglia non è soggetto a collazione o a riduzione.
Si pensi ad esempio al caso in cui a uno dei discendenti (Tizio) sia destinata l’azienda o la partecipazione nella società di famiglia e all’altro dei discendenti (Caio) sia destinato il controvalore della partecipazione che allo stesso dovrebbe pervenire in sede successoria. Si ipotizzi tale situazione in un contesto di disaccordo tra i discendenti, nel quale nel tempo il valore della partecipazione o dell’azienda potrebbe incrementarsi per effetto dell’impegno di Tizio, al quale la stessa è destinata, attività alla quale non partecipa Caio o che magari è da quest’ultimo criticata.
La mera donazione dal genitore a Tizio, da una parte, dell’azienda o della partecipazione e, contestualmente, dall’altra parte, a Caio di beni o liquidità di analogo valore, non risolverebbe il problema della futura insorgenza di una lite tra gli eredi, in quanto in sede di determinazione delle quote spettanti ai legittimari rileva il valore che i beni donati hanno alla data di apertura della successione, non il valore che essi avevano alla data della donazione.
Se invece tale trasferimento viene effettuato per il tramite di un patto di famiglia, il fatto che i beni così trasferiti siano esclusi dalla collazione e dalla riduzione fa sì che siano irrilevanti le variazioni di valore che gli stessi potranno subire tra la data in cui sono stati trasferiti ai discendenti e la data di apertura della successione. Con riferimento a tali beni, pertanto, il patto di famiglia consente di prevenire l’insorgere di future liti tra i discendenti in merito al valore di quanto da ciascuno di essi ricevuto.
A prescindere da prospettiche variazioni di valore dei beni trasferiti, anche Caio ben potrebbe avere interesse a tale definizione anticipata dei futuri assetti patrimoniali, perché potrebbe ritenere preferibile ricevere subito un patrimonio certo invece che diventare in futuro erede, magari solo per la quota di legittima in quanto i rapporti inter-familiari potrebbero portare il genitore a destinare la quota disponibile a Tizio, in un contesto nel quale magari potrebbe fare poco di più che proporre azioni giudiziarie di disturbo.
Per conseguire il risultato sopra descritto è di norma necessario inserire il patto di famiglia in un più ampio insieme di pattuizioni negoziali, che nel complesso possono consentire di addivenire a una stabile “liquidazione anticipata” dei diritti successori del discendente potenzialmente litigioso.
Articolo scritto con Brigitta Valas, associate di Vasapolli & Associati