Esaminate ben 2.140 società, che rappresentano il 47% del fatturato industriale e manifatturiero, il 36% di quello dei trasporti e il 38% della distribuzione al dettaglio
Le imprese pubbliche hanno segnato una flessione del 16,8% del fatturato, sulla spinta delle attività petrolifere (-34,7%) e di quelle energetiche (-12%)
Tiene meglio il comparto privato (-10,4%), grazie alla maggiore esposizione verso le attività manifatturiere (-8,4%)
L’analisi per settori
Tornando alle vendite, l’analisi per settori vede la produzione alimentare guadagnare il primato in termini di rimbalzo, con il conserviero (+3,5%), gli alimentari diversi (+3,4%) e il caseario (+0,6%); in tendenza opposta le bevande (-5,2%). Col segno più anche i produttori di elettrodomestici (+2,9%) e l’industria farmaceutica, tra prodotti di base (+0,8%) e preparati (+0,6%). Quanto al terziario, la distribuzione al dettaglio è stata mantenuta a galla da quella a prevalenza alimentare (+5,9%), mentre nei trasporti a resistere è stato unicamente il settore del traffico su strada (+2,8%).
Per il resto sono state registrate principalmente performance negative, dalle attività turistiche (-70,7%) e i parchi divertimento tematici (-73%) al tessile (-24,9%), l’abbigliamento (-20%), gli accessori in pelle e cuoio (-27%), la metallurgia (-11,7%), la costruzione di mezzi di trasporto (-11,6%), ma anche le imprese di costruzione (-16%), i produttori di gomma e cavi (-12,5%), il comparto impiantistico (-12,4%) e la stampa-editoria (-11,9%). Flessioni inferiori al 10% hanno riguardato infine la cosmetica (-9,6%), la chimica (-8,5%), il cartario (-8,3%), il legno e mobili (-8,2%), la meccanica (-7,4%) e l’elettronica (-6,6%).
Le prospettive
C’è però, come detto, quello che l’Area studi Mediobanca definisce un “sunny side” cui prestare attenzione. “La copertura vaccinale sempre più ampia e la ricostituzione degli scambi internazionali inducono all’ottimismo, al netto delle riserve legate alla dinamica dei prezzi delle commodities e alla rimozione delle misure di sostegno alle imprese attivate nel 2020. A ciò si deve aggiungere che nell’ultimo anno le imprese hanno assunto comportamenti funzionali a cogliere in modo efficace la ripresa”, si legge nel rapporto. “Il contenuto costo del denaro ha agevolato importanti operazioni di assunzione di debito finanziario. L’ammontare raccolto nel 2020 ha una consistenza che non si osservava dal 2007 ed è costituito per il 96,3% da indebitamento a medio lungo termine, tanto che a fine anno tale componente è arrivata a rappresentare il 70% di tutta la provvista finanziaria”.
Senza dimenticare anche il parallelo boom di liquidità (+24,1% sul 2019), soprattutto sotto forma di cassa (+31,5%). “L’incidenza dello stock di liquidità nei bilanci delle 2.140 imprese è cresciuto regolarmente tra il 2011 e il 2020, passando dal 4,2% del totale attivo al 7,9%”, osserva l’Area studi Mediobanca, una scorta che “assume la valenza sia di cuscinetto prudenziale sia di risorsa destinabile a investimento”. Per ultimo, conclude il rapporto, il maggiore debito assunto “non ha compromesso la solidità patrimoniale dell’aggregato: da un lato, l’incidenza della liquidità rispetto al debito finanziario è passata dal 21% del 2019 al 23,8% del 2020, dall’altro il rapporto tra debiti finanziari e mezzi propri è aumentato marginalmente dall’83% all’88,4%”. Tutti numeri che fanno ben sperare sul futuro: attesa, infatti, una crescita del Sistema Italia del +7,7% nel 2021 e del +6,5% nel 2022.