Gaziano: “La decisione della Corte d’Appello della federazione pesa sicuramente come un macigno nei confronti della Juventus, sia per il colpo alla reputazione che al bilancio”
L’ultimo bilancio 2021/2022 si è chiuso con una perdita di esercizio di oltre 238 milioni di euro. I costi della società si aggirano intorno ai 680 milioni
In attesa della pubblicazione delle motivazioni della sentenza che ha fatto sprofondare la Juventus di 15 punti in classifica, che la Corte d’Appello della Figc dovrà depositare entro il 30 gennaio, l’inchiesta sulle plusvalenze ha fatto tremare i bianconeri in Borsa. Nella prima seduta post-sentenza del 23 gennaio, gli scambi erano partiti intorno alle 9.30 con una perdita del 9,63% a 0,29 euro per poi chiudere con una flessione del 5,12% a 0,3112 euro. Abbiamo analizzato i rischi per i tifosi-investitori con Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf, lanciando uno sguardo anche alle altre squadre nel mirino della Federcalcio.
“La decisione della Corte d’Appello della federazione pesa sicuramente come un macigno nei confronti della Juventus, sia per il colpo alla reputazione che al bilancio visto che la qualificazione alla lucrosa Champions League – che garantisce introiti per decine di milioni – diventa in questo campionato molto più difficile”, spiega Gaziano. “La società bianconera farà ricorso e si aspettano di conoscere fra pochi giorni le motivazioni di questa sentenza anche per capire come mai altre squadre sono state prosciolte. Ma le accuse nei confronti del club bianconero restano pesantissime: aver falsificato le valutazioni dei suoi giocatori al fine di migliorare il bilancio del club. Inoltre, durante la pandemia da coronavirus, la Juve avrebbe rilasciato dichiarazioni false sugli stipendi pagati ai giocatori e quindi avrebbe influenzato anche il bilancio e manipolato in un certo modo il mercato con false comunicazioni”.
Juve, bilancio in rosso per oltre 238 milioni
“Il rischio di nuovi guai non è remoto visto che la Uefa sta esaminando ora anche i bilanci del club”, aggiunge Gaziano. Ma ciò che continua a destare preoccupazione, spiega, è la sostenibilità del bilancio della Juve sul fronte patrimoniale. L’ultimo bilancio 2021/2022 si è chiuso infatti con una perdita di esercizio di oltre 238 milioni di euro. I costi della società si aggirano intorno ai 680 milioni di euro (di cui circa la metà per gli ingaggi del personale tesserato) a fronte di ricavi complessivi per 443 milioni di euro che comprendono la maggior parte di introiti legati ai diritti televisivi (170 milioni di euro). Introiti, avverte l’esperto, che potrebbero “scendere significativamente” con l’uscita dal giro della Champions.
“Il patrimonio ammonta a 170 milioni di euro e la probabilità che sia necessario un altro aumento di capitale per la Juventus entro i prossimi 12 mesi di alcune centinaia di milioni di euro diventa sempre più alta”, interviene Gaziano. “E stiamo parlando di una società che ha già raccolto 700 milioni di euro in aumenti di capitale negli scorsi anni con il titolo in Borsa che ha perso il 75% dai massimi del 2019. Titolo che oggi tutto sommato regge perché si confida forse che l’azionista di maggioranza, Exor, lo ritiri dal listino e cerchi di risanare quella che è diventata una vera patata bollente. Che affossa anche il valore della holding Exor il cui sconto sul Nav è arrivato vicino ai massimi storici in questi mesi”.
Plusvalenze, le altre squadre nel mirino della Figc
Intanto, in un comunicato diffuso il 22 dicembre e visionato da La Gazzetta dello Sport era emerso come la procura federale si fosse attivata nell’ambito di un procedimento disciplinare sportivo non solo nel confronti della Juventus ma anche di “altre società professionistiche”. Stando ai rumors, nel mirino della Figc ci sarebbero soprattutto Sampdoria, Sassuolo, Atalanta, Empoli e Udinese. “Dalla lettura delle motivazioni si capirà magari qualcosa in più. Al momento, sembra essere stato giudicato sanzionabile soprattutto il sistema Juventus e il suo modus operandi dove sarebbe stato violato il principio di lealtà per cui la valutazione dei calciatori non veniva fatta sulla base di considerazioni tecniche bensì esclusivamente di cosmesi contabile. E decisive sono state le carte con le intercettazioni in cui gli stessi dirigenti ammettevano di iscrivere a bilancio cifre che prescindono dalla valutazione dei giocatori”, spiega Gaziano. Resterebbe fuori dal mirino-Figc la Lazio, unico altro club italiano quotato dopo che i Friedkin hanno portato a termine il delisting della Roma, che tuttavia dai massimi raggiunti a fine anni ’90 ha perso in Borsa il 97,7%. Oggi capitalizza a Piazza Affari meno di 70 milioni di euro e l’ultimo bilancio ha mostrato un aumento dell’indebitamento a 81,7 milioni e una perdita in bilancio di circa 19,2 milioni.
Investire sul calcio: la strategia da adottare
“Ci sono molte opportunità per investire su società quotate in Italia e in tutto il mondo e quello delle società calcistiche quotate lo sconsigliamo decisamente se non in presenza di fattori specifici che oggi non certo vediamo”, dichiara Gaziano. “Il business del calcio è strutturalmente in perdita, come mostrano quasi tutti i bilanci delle società da diversi lustri con rarissime eccezioni. La creazione del valore si è realizzata soprattutto per i giocatori di calcio e i procuratori, ma non certo per gli azionisti”. Per un certo periodo di tempo, ricorda l’esperto, è esistito un indice (lo Stoxx Europe Football Index) che tracciava l’andamento del settore delle società calcistiche quotate – poco più di una ventina – ma “il suo provider ha smesso due anni fa di tracciarlo anche perché l’andamento si era rivelato abbastanza catastrofico rispetto all’indice azionario europeo globale”. Si parla di una perdita media dell’80% nell’ultimo ventennio contro una salita di segno opposto per l’indice azionario europeo.
“La grande scommessa sui titoli delle società calcistiche è stata fino a qualche anno quella collegata allo sfruttamento dei diritti televisivi e di streaming, ma a guardare i bilanci dei club calcistici la sfida non è riuscita perché – per quanto aumentati – i costi fissi sono lievitati, soprattutto quelli legati al parco giocatori. Oggi molti club stanno puntando sempre più sulla parte immobiliare, stadi di proprietà e centri commerciali collegati, ma sembra più un ripiego se non una speculazione e con i costi fissi che devono ammortizzare sul monte ingaggi non sembrano certo la soluzione definitiva alla quadratura dei bilanci”, osserva Gaziano. Poi conclude: “L’ex presidente della Consob, Giuseppe Vegas, in un’intervista rilasciata in questi giorni a Milano Finanza ha spiegato che i club calcistici sono strutturalmente inadatti alla quotazione visto anche che i principali asset sono i giocatori ma le loro valutazioni sono fragili. Alleluia! Esistono certo le compravendite di club a prezzi talvolta stellari (e che finora mai hanno visto il coinvolgimento dei piccoli azionisti) ma rispondono quasi sempre a logiche di prestigio e relazione più che a ragionamenti economici”.