Il 39,1% si aspetta un ritorno del giro d’affari ai livelli pre-crisi già nel 2021. E il 36,5% prevede una crescita del fatturato fino al 20% rispetto al 2020
Il 28,7% valuta la fusione con un altro player del settore o l’ingresso nella compagine azionaria di un fondo o di un nuovo investitore di minoranza
Enrico Rovere: “La digitalizzazione ha giocato un ruolo chiave in questo radicale cambiamento e continuerà a essere un asset fondamentale nel post-covid”
Il giorno della ripartenza potrebbe essere meno lontano di quanto si crede. Almeno nelle attese delle imprese tricolori. Un’indagine di Duff & Phelps rivela come il 39,1% si aspetta un ritorno del giro d’affari ai livelli pre-crisi già nel 2021. Ma il 28,7% si apre alla possibilità di una fusione con altri player del settore o all’ingresso nella compagine azionaria di un fondo o di un nuovo investitore di minoranza.
L’analisi è stata condotta su un campione di oltre 100 figure manageriali ai vertici di aziende attive nei principali settori produttivi del Paese (manifatturiero, servizi finanziari, telecomunicazioni, Ict, utilities e distribuzione alimentare) in regioni con un significativo impatto sul pil nazionale (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio). Due terzi del cluster, in particolare, ha dichiarato di aver registrato un crollo del fatturato (principalmente tra il 10 e il 50%) a causa delle misure di contenimento dei contagi. Il 21% non ha evidenziato riflessi rilevanti sul giro d’affari e il 13% ha citato addirittura un’impennata dei ricavi.
Ma è volgendo lo sguardo verso il futuro che si evidenziano tendenze ottimistiche. Il 41,7% degli intervistati si attende infatti un incremento del fatturato nei prossimi 6-12 mesi, il 21,7% afferma che resterà stabile, mentre il 36,6% si aspetta una contrazione. In questo contesto, il 39,1% sostiene che toccherà i livelli pre-crisi già nel 2021, mentre il 40 e il 20,9% sospettano che dovranno attendere rispettivamente il 2022 o oltre il 2022. Un recupero, in ogni caso, che sembra innestare le proprie radici in un utilizzo più pervasivo del digitale: il 41,7% ha già messo in atto un’evoluzione delle modalità di lavoro (a partire da un uso massiccio dello smart working), il 25,2% parla di una digitalizzazione dei processi e il 13% dello sviluppo di nuovi modelli di business.
“L’emergenza pandemica, pur tra mille difficoltà, ha rappresentato un forte propulsore di innovazione, organizzazione e evoluzione per le aziende italiane, introducendo nuovi modi di pensare, trasformando i processi di business e l’organizzazione del lavoro, cambiando l’approccio commerciale e impattando anche i modelli produttivi, dando ad esempio vita a nuove filiere o a riconversioni di intere linee produttive per far fronte all’emergenza”, spiega
Enrico Rovere, managing director della practice valuation advisory di Duff & Phelps. “La digitalizzazione ha giocato un ruolo chiave in questo radicale cambiamento e continuerà a essere un asset fondamentale anche nel mondo post-pandemia”, aggiunge.
Il 20,9% la considera infatti un “fattore prioritario su cui puntare per la ripartenza”, accompagnata da un potenziamento delle filiere italiane (13,9%), dalla flessibilità organizzativa e la capacità di riconvertire e adeguare la produzione (13%), la formazione e la valorizzazione dei talenti presenti all’interno dell’organizzazione (13%) ma anche gli investimenti in ricerca e sviluppo (11,3%). Infine, due intervistati su tre affermano che nel prossimo futuro necessiteranno di operazioni di finanza straordinaria per supportare lo sviluppo dell’azienda e il 28,7% si apre anche alla valutazione di una fusione con un altro player del settore o all’ingresso nella compagine azionaria di un fondo o di un nuovo investitore di minoranza.
Il 39,1% si aspetta un ritorno del giro d’affari ai livelli pre-crisi già nel 2021. E il 36,5% prevede una crescita del fatturato fino al 20% rispetto al 2020Il 28,7% valuta la fusione con un altro player del settore o l’ingresso nella compagine azionaria di un fondo o di un nuovo investitore di min…