Il 60% dell’accelerazione della produttività attesa potrebbe derivare da azioni volte a migliorare l’efficienza attraverso la digitalizzazione e l’automazione
In Italia, intanto, quattro realtà su dieci hanno continuato a innovare anche nel 2020. Di queste, il 13,7% ha investito in nuove linee di produzione
I settori con il maggiore potenziale di crescita
Lo studio ha preso poi in considerazione otto settori (assistenza sanitaria, costruzioni, retail, tecnologie dell’informazione e della comunicazione, farmaceutico, bancario, automobilistico, viaggi e logistica), per i quali si stima un potenziale di accelerazione della crescita annua della produttività di 1,5 punti percentuali. Fanno da traino l’assistenza sanitaria, le costruzioni, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la vendita al dettaglio e dei prodotti farmaceutici, con circa due punti percentuali annui. Mentre per tutti gli altri si parla di circa un punto percentuale annuo.
Le tre priorità su cui dovranno puntare
Se però le imprese e i responsabili politici sono stati “audaci” nella loro risposta all’emergenza epidemiologica, dovranno essere altrettanto audaci “nel creare un’economia post-pandemica sana una volta che la crisi sanitaria sarà contenuta”, scrive McKinsey. Di conseguenza, sono tre le priorità sulle quali, secondo gli analisti, dovranno puntare:
- per sostenere la crescita a lungo termine, le grandi aziende dovranno focalizzarsi sulle loro catene di approvvigionamento e sulla complessità dei propri ecosistemi. La politica, a sua volta, potrebbe sostenere questi sforzi attraverso appalti pubblici incentrati sull’innovazione, investimenti diretti in ricerca e sviluppo, e rivedendo le regole sulla concorrenza, le procedure fallimentari e il mercato del lavoro;
- le imprese potrebbero fronteggiare i rallentamenti della domanda puntando sulla crescita dei ricavi e investendo nella riqualificazione dei lavoratori che, senza le giuste competenze, rischiano di perdere il lavoro o di subire tagli allo stipendio. I responsabili politici, invece, potrebbero intervenire con stimoli fiscali e norme sui salari minimi;
- le imprese dovranno mettere le questioni ambientali, sociali e di governance ancora più al centro dei propri processi decisionali, stabilendo standard di sostenibilità più elevati. I governi, infine, potranno sostenere questi investimenti fissando regole e prezzi per le esternalità negative, come le emissioni di carbonio. Oltre a riconoscere gli investimenti pubblici come un’attività di creazione della ricchezza piuttosto che una spesa che aumenta il deficit.
Italia: 4 aziende su 10 continuano a innovare
Ma cosa sta accadendo intanto in Italia? Secondo un’indagine di Sicamera e InfoCamere su oltre 32mila imprese, quattro realtà su dieci hanno continuato a innovare anche nel 2020. Di queste, il 13,7% ha investito in nuove linee di produzione o nella loro sostituzione, il 13,3% nella formazione del personale, il 12% nella strumentazione informatica e nelle telecomunicazioni, il 7,8% in ricerca e sviluppo, il 7,1% nei mezzi di trasporto e il 5,8% nell’acquisto di nuovi immobili o nell’ampliamento degli stessi. A destinare risorse alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in particolare, sono state soprattutto le aziende attive nel settore (33,8%), ma anche le attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto (22%), l’istruzione, sanità e assistenza sociale (18,9%) e il commercio, trasporto e magazzinaggio (13,1%). A puntare su ricerca e sviluppo, invece, le imprese operative in Campania (9,2%), Lombardia (9%), Emilia Romagna (9%), Veneto (8,7%) e Piemonte (8,2%). Principalmente nei servizi di informazione e comunicazione (21,6%) e nell’industria manifatturiera (14,1%).