Analizzando l’andamento degli importi finanziati dal Fondo di garanzia dal 17 marzo 2020 a oggi, si parla di oltre 1,6 milioni di domande erogate per un valore di 154 miliardi di euro (pari al 78% dei 2,05 milioni di richieste presentate)
Stio: “Lo Stato intende avviare una fase di phasing out. La ratio è evidente, diminuendo le garanzie, diminuisce la quota da stanziare per il rischio di credito: minori garanzie uguale minori costi per i futuri default”
Sebbene lo scorso 21 gennaio l’Unione europea abbia autorizzato la proroga degli aiuti di Stato fino a fine anno, le imprese italiane restano ancora aggrappate alla deadline del 30 giugno. Come ricorda l’Ufficio studi Nsa in un’analisi, inoltre, i decreti in via di approvazione e in gestazione prevedono una riduzione della “percentuale delle garanzie” a partire dal secondo semestre, oltre all’introduzione di nuovi “costi a fronte di dilazioni”. Ma anche l’avvio di una fase di “phasing out” (uscita soft) dagli aiuti che, a conti fatti, rischierebbe di produrre una stretta sul credito e di incrementare i rischi di default.
Analizzando l’andamento degli importi finanziati dal Fondo di garanzia dal 17 marzo 2020 a oggi, si parla di oltre 1,6 milioni di domande erogate per un valore di 154 miliardi di euro, pari al 78% dei 2,05 milioni di richieste presentate. Due i picchi registrati nel corso dell’anno, sia per numero di operazioni che per importi: nel mese di maggio risultavano approvate oltre 364mila richieste per un valore di 12,4 miliardi di euro, mentre nel mese di dicembre si contarono più di 243mila operazioni per un importo finanziato di 16,1 miliardi. “I motivi dei picchi sono noti”, osserva
Gaetano Stio, presidente di Nsa. “Quello di maggio e dei primi mesi successivi fu dovuto alla garanzia al 100% sino a 30mila euro di finanziamento, di fatto senza istruttoria e a condizioni particolarmente favorevoli. Il picco di dicembre, invece, è prevedibilmente dipeso soprattutto dal numero di concessioni di tutte le agevolazioni che scadevano al 31 dicembre, nonché da qualche modesto residuo dei finanziamenti a 30mila euro”.
Intanto, come anticipato, lo scorso 21 gennaio l’Unione europea ha autorizzato la proroga degli aiuti di Stato, ma “lo Stato italiano ne ha prorogati alcuni e solo sino al 30 giugno”, precisa Stio. Inoltre, aggiunge, “dal decreto sostegni bis (recentemente ribattezzato dal premier Draghi come “imprese, lavoro, professioni”, ndr) si evince che lo Stato intende avviare una fase di phasing out, cioè una fase di uscita soft dagli aiuti concessi alle imprese. La ratio è evidente, diminuendo le garanzie, diminuisce la quota da stanziare per il rischio di credito: minori garanzie uguale minori costi per i futuri default. A conti fatti si potrebbero invece tranquillamente prorogare tutte le agevolazioni sino al 31 dicembre 2021, con qualche ben studiata variazione per aumentarne l’efficacia”, evidenzia Stio.
Le motivazioni, a tal proposito, sono due. Secondo l’esperto, il numero di operazioni e degli importi risulta già in calo, ragion per cui
il risparmio desiderato sarebbe già stato conseguito. In secondo luogo, “ridurre considerevolmente il sostegno finanziario è come togliere energia nel momento della ripresa con il rischio altamente probabile di mettere il sistema in fase di stallo, suscitando inoltre l’effetto di ampliare il numero dei default e dover quindi spendere molto di più per ripianare gli stessi”, spiega. Considerando gli ultimi due quadrimestri, infatti, le operazioni sono scivolate dalle 570mila del terzo quadrimestre 2020 alle 382mila del primo quadrimestre del 2021, per un calo del 33%; quanto agli importi, si parla invece di una contrazione del 40% (da 57 miliardi a 34 miliardi). Sulla stessa linea, anche l’importo medio si è ridotto del 27%, passando da 307mila a 225mila.
“Il risparmio per i conti dello Stato italiano è indispensabile, proprio per questo è necessario valutare come ottenere il maggior risultato e riflettere da che parte stia il rischio maggiore: continuare almeno sino alla fine dell’anno a mantenere le attuali misure, se mai incentivando gli investimenti, o decidere di applicare le nuove misure per risparmiare solo ipoteticamente, perché si sa già che più che prevedibilmente l’esposizione del 2021 è inferiore alla metà di quella degli ultimi 12 mesi”, spiega Stio. Poi conclude: “A livello d’ipotesi derivanti dalle proiezioni si può supporre che la prima garantisca già un grosso risparmio, valutando l’esposizione per il 2021 al 50% di quella degli ultimi 12 mesi; la seconda ipotesi, comprendendo la riduzione delle garanzie dal 30 Giugno insieme agli altri fattori esaminati, amplierebbe invece i rischi di default delle imprese. E, a questo punto, il Fondo di garanzia non risparmierebbe ma dovrebbe spendere molto di più”.
Analizzando l’andamento degli importi finanziati dal Fondo di garanzia dal 17 marzo 2020 a oggi, si parla di oltre 1,6 milioni di domande erogate per un valore di 154 miliardi di euro (pari al 78% dei 2,05 milioni di richieste presentate)Stio: “Lo Stato intende avviare una fase di phasing out. La ra…