Diventa allora importante imparare a proteggere la fotografia. Salvaguardarla da nemici materiali (luce, muffe, insetti, trasporto disattento) e immateriali (utilizzo indebito, per esempio). Custodirla integra (anche) per il passaggio generazionale. Giacché una foto non è solo un’immagine, ma anche il supporto che le permette di esistere materialmente.
Di queste e di altre problematiche si è parlato nell’incontro (virtuale) “La protezione delle opere fotografiche: puntare (al)l’obiettivo”, organizzato da Anra (Associazione nazionale risk manager e responsabili assicurazioni aziendali) e Axa.
La legge sul diritto d’autore riconosce le fotografie artistiche come opere dell’ingegno e in quanto tali le protegge, precisa l’avvocato Miriam Loro Piana (LCA Studio Legale). «Le fotografie d’autore – cd. opere fotografiche – sono tutelate per tutta la vita dell’autore e per i 70 anni successivi alla sua scomparsa, come tutte le altre opere dell’ingegno, diritti morali e di sfruttamento economico inclusi. Le fotografie semplici sono invece tutelate per 20 dal loro scatto». La legge sul diritto d’autore esiste dal 1941; nel 1948 la convenzione di Berna riconosce potenziale contenuto artistico alle fotografie. Il legislatore italiano adegua il nostro testo legislativo solo nel 1979.
Al momento, non esiste un’oggettiva qualificazione di una fotografia come opera d’arte. Secondo la giurisprudenza consolidata più recente, occorre, perché una fotografia sia equiparata a un’opera d’arte «una lunga e accurata scelta da parte del fotografo del luogo, del soggetto, dei colori, dell’angolazione, dell’illuminazione che si concretizzano in uno scatto unico, irripetibile, nel quale l’autore sintetizza la sua visione del soggetto», prosegue l’avvocato Loro Piana. In virtù di questa definizione, l’iconica fotografia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino del fotoreporter Tony Gentile non è stata considerata meritevole di tutela artistica, mentre quella del lupo di Daniel J. Cox (nota la vicenda processuale con lo stilista Antonio Marras), si.
Se fino a una decina di anni fa era rarissimo trovare fiere dedicate esclusivamente alla fotografia, oggi non è più così. La fotografia da collezione è un asset, ed esistono dei criteri per determinarne i prezzi. Su ogni scatto artistico «va fatta una due diligence», precisa l’avvocato Maria Grazia Longoni, equity partner LCA Studio Legale. È necessario conoscerne lo stato materiale di conservazione, oltre che giuridico. Chi vende deve rilasciare un’autentica». Quando si compra una fotografia, non si acquista solo un’immagine, ma anche il suo supporto materiale. «Una foto vintage ha un prezzo diverso da una sua stampa». In caso di prestito, è fondamentale stabilire contrattualmente le condizioni di esposizione e trasporto, esigere un facility report (un documento ricognitivo della struttura espositiva), attenersi alle particolari cautele suggerite o dall’artista stesso o da altri professionisti.
Andrebbe poi rispettata religiosamente la tiratura delle stampe (si noti che il prezzo di una fotografia aumenta man mano che si procede nella serie, che però deve restare fissa). «Se Gabriele Basilico ha stampato 15 copie dal negativo originale, tante devono rimanere. La comparsa di quelle stesse foto in altri formati uccide il mercato, svuota di valore il collezionismo», chiosa l’avvocato.
Proteggere la fotografia in quanto oggetto vuol dire anche difenderla dai suoi principali nemici: luce, vetro, muffe, insetti, montaggi errati, restauri inadeguati. È bene non esporre uno scatto alla luce diretta di una finestra, usare vetri o meglio ancora plexiglass di ultima generazione, entrambi con filtri Uv. Il vetro (che rischia di appiccicarsi alla foto, è il secondo agente di danno per queste opere. Le muffe sono invece lo sgradito regalo di una casa di campagna o al mare, magari chiusa per diversi mesi all’anno. Assumono spesso una colorazione violacea (sono gli scarti dei batteri che le producono). Vi è poi il capitolo degli attacchi entomologici, continua Isabella Villafranca. Fra questi, la più nota è la Lepisma Saccharina, il cosiddetto pesciolino d’argento.
Infine, vi sono i danni umani: un montaggio errato, senza separatori, con fotografia completamente adesa a vetro o legno, compromette la sopravvivenza dell’immagine. Il vetro può appiccicarsi, il legno può trasmettere la sua acidità al supporto fotografico. «Una fotografia appiccicata al vetro è irrestaurabile, è considerata opera persa». E bisogna prestare attenzione anche alla scelta del restauratore, in caso di necessità. Spesso un restauro inadeguato produce più danni che benefici.
Cosa fare allora in caso di danni? Occorre «far riferimento alla galleria di acquisto, chiedendo direttamente dell’artista, se ancora in vita. In quel caso, si può procedere a una ristampa, distruggendo l’opera compromessa. Così si evita di avere una stessa autentica per una doppia opera», conclude Isabella Villafranca.