Fitch ha deciso di lascire invariati outlook e rating BBB sul debito italiano a lungo termine, confermando le attese degli analisti e gli umori dello spread, non troppo turbolenti, dell’ultima settimana.
L’outlook stabile, ha affermato l’agenzia “riflette la proiezione di Fitch sul fatto che il rapporto debito/Pil si stabilizzerà nei prossimi anni ai livelli di fine 2022 (simile al livello previsto nella nostra precedente revisione), con un previsto incremento nell’esecuzione dei progetti finanziati dall’Ue che fornirà un moderato sostegno alla crescita, e la costante stabilità della coalizione al potere, che limita i rischi di politiche più marcatamente improntate”.
“Tuttavia”, ha aggiunto Fitch, “il significativo allentamento degli obiettivi fiscali ha indebolito il percorso di aggiustamento del deficit, con rischi correlati di rendimenti più alti sulle nuove emissioni di debito e la possibilità di non conformità alle regole fiscali dell’Ue“.
Lo scorso settembre Fitch aveva leggermente rivisto al rialzo la crescita dell’Italia, poco al di sotto degli obiettivi fissati dal governo nella nota di aggiornamento al Def, mentre a ottobre l’agenzia aveva stimato un calo del debito/Pil italiano dell’1,3% a 140,3% nel 2022, con una stabilizzazione prevista al 140% alla fine del 2025. Adesso, invece, il debito previsto dall’agenzia a fine 2025 aumenterà gradualmente al 141%, “poiché l’aumento dei costi di servizio del debito e degli aggiustamenti al flusso di cassa compenseranno il miglioramento di 1,7 punti percentuali nel surplus primario”.
Lo spread italiano ha chiuso la seduta in attesa di Fitch sostanzialmente stabile a 185,34 punti, un livello analogo a quello di inizio settimana. Il timore di un eventuale peggioramento dell’outlook non era stato molto temuto dagli investitori, complice anche il fatto che la distanza che separa il voto di Fitch dalla soglia spazzatura è di due gradini. Nel corso dell’ultimo mese il rendimento del Btp decennale è diminuito di oltre 19 punti base, riflettendo la crescente aspettativa sulla fine del ciclo di rialzi dei tassi da parte della Bce e della Fed.
Per il governo italiano mantenere il debito al di sopra della soglia “spazzatura”, quella che caratterizza gli emittenti a maggiore rischio di insolvenza è un elemento importante per mantenere sotto controllo la spesa per interessi sul debito pubblico. Uscire dall’area “investment grade” significa perdere notevoli flussi di investimento da parte dei fondi, riducendo la domanda di titoli italiani e contribuendo a far salire i rendimenti. L’appuntamento più delicato sarà quello del prossimo 17 novembre, quando a esprimersi sarà Moody’s, il cui rating Baa3 è appena al di sopra del livello “junk”.
Lo scorso 20 ottobre era stata S&P a esprimersi, mantenendo il rating BBB con outlook stabile.
L’ipotesi della procedura di infrazione e la variabile Bce
“C’è un rischio significativo che l’Italia entri in una Procedura per deficit eccessivo dopo che le regole fiscali dell’Ue torneranno in vigore, poiché il suo deficit fiscale non scenderà al di sotto del 3% del Pil fino al 2026 secondo i piani del governo”, ha ammonito Fitch. “Valutiamo che sia significativamente più bassa la probabilità che ciò comporti il mancato accesso dei titoli di Stato italiani allo Strumento di Protezione della Trasmissione (Tpi) della Bce“, ossia lo scudo anti spread presentato lo scorso anno per evitare un’uscita disordinata dalle politiche monetarie espansive. Secondo Fitch, “la possibilità che gli aggiustamenti dell’Italia durante la procedura possano costituire un’azione efficace, un elemento chiave secondo le regole del Tpi”.
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Lo scenario economico e le previsioni del governo
A ottobre, la fiducia sia delle famiglie sia delle imprese ha continuato a diminuire, suggerendo un possibile rallentamento dell’economia italiana nei prossimi mesi, ha ricordato l’Istat nel suo aggiornamento del 10 novembre, il contesto internazionale incerto e le sfide interne contribuiscono a creare un clima di incertezza e preoccupazione per la crescita economica del paese. Secondo le stime preliminari, nel terzo trimestre il Pil italiano è rimasto stabile rispetto ai tre mesi precedenti, presentando una performance migliore della Germania ma inferiore a quella di Francia e Spagna; la crescita acquisita del Pil nel 2023, ha aggiunto Istat per il 2023 è attualmente del 0,7%.
Nel dettaglio delle proiezioni di finanza pubblica, il governo Meloni ha rivisto al rialzo le stime della spesa per interessi in rapporto al Pil tra il Def di aprile e la Nadef di settembre. Per il 2023, la percentuale è stata aggiornata dal 3,7% al 3,8%, per il 2024 dal 4,1% al 4,2%, per il 2025 dal 4,2% al 4,3%, e per il 2026 dal 4,5% al 4,6%. Questo indicatore riflette la proporzione della produzione nazionale destinata al rimborso dei creditori dello Stato italiano: il suo aumento comporta una diminuzione di risorse disponibili per altre spese correnti e investimenti, rendendo potenzialmente più realistica la minaccia di un possibile default finanziario. Nella pratica, come lo stesso esecutivo ha sottolineato, la revisione al rialzo di un decimale sarebbe pienamente gestibile. Il timore che serpeggia da mesi, però, è che il costo per il servizio del debito possa risultare superiore al previsto, per via del possibile rallentamento economico unito al progressivo ritiro delle politiche monetarie che hanno sostenuto l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce. Secondo quest’ultimo aggiornamento di Fitch la spesa per interessi italiana sarà del 3,9% nel 2023 (un decimale in più rispetto a quanto previsto dal governo), per poi arrivare al 4,3% sul Pil nel 2025.