La Corte di Cassazione si è di recente espressa in punto di obbligo di restituzione di dividendi percepiti dai fiduciari nel corso del periodo di intestazione fiduciaria delle partecipazioni sociali e mai riversati al fiduciante titolare delle partecipazioni stesse. La Corte ha in particolare risposto al quesito se detto obbligo di restituzione possa trovare una deroga, potendo quindi venire meno, per effetto dell’operatività delle previsioni codicistiche sul possesso.
La sentenza n. 12353 del 9 maggio 2023
Con la recente sentenza n. 12353 del 9 maggio 2023, la Suprema Corte ha risposto negativamente al predetto quesito affermando, da un lato, l’inapplicabilità della disciplina del possesso al negozio fiduciario, dall’altro, l’esclusione di deroghe all’obbligo di restituzione dei beni (e dei loro frutti) trasferiti al fiduciario, il quale, in mancanza di restituzione, incorrerà nell’inadempimento integrando una conditio indebiti rispetto alle sostanze trattenute ingiustificatamente.
In particolare, per quanto di interesse ai presenti fini, la tesi dei fiduciari ricorrenti era quella secondo cui, dovendo qualificarsi i dividendi azionari quali frutti civili delle partecipazioni, troverebbero applicazione le previsioni codicistiche in materia in possesso. Precisamente l’art. 1147, comma 3, c.c. che considera la buona fede come presunta e reputandola sufficiente al tempo dell’acquisto dei beni e l’art. 1148 c.c. che attribuisce al possessore di buona fede il diritto di mantenere i frutti civili maturati fino al giorno della domanda giudiziale, con conseguente obbligo di restituzione solo a valle di questa. A quest’ultimo proposito, poiché nel caso di specie le azioni erano state restituite in epoca antecedente alla domanda, secondo la tesi sostenuta non residuerebbe alcun obbligo restitutorio, operando per l’intervallo temporale precedente lo status soggettivo di buona fede nel possesso.
La Cassazione rigetta integramente la menzionata tesi dei fiduciari ricorrenti.
L’irrilevanza della disciplina del possesso e il ruolo del pactum fiduciae
Viene allo scopo chiarito come al rapporto che si instaura tra fiduciante e fiduciario in caso di intestazione di partecipazioni sociali non si applicano le disposizioni in materia di possesso in quanto ciò che rileva è la nascita dell’obbligazione del secondo di riversare al primo quanto percepito in relazione alla sua qualità di intestatario reale delle azioni.
L’intestazione fiduciaria di beni è la situazione in cui il trasferimento operato in favore del fiduciario viene ab origine limitato dall’obbligo del ritrasferimento, in ciò esplicandosi il contenuto del pactum fiduciae. Viene infatti evidenziato come, nel negozio in questione, manchi qualsiasi intento liberale e la titolarità creata in favore del fiduciario si presenti come provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante, in coerenza con il programma negoziale convenuto.
Il patto fiduciario accompagna e limita fin dall’origine l’effetto reale del trasferimento in favore del fiduciario, piegandolo al programma fiduciario che prevede come obbligo essenziale quello della restituzione del bene al fiduciante.
Il pactum vale quindi ad attirare il negozio fiduciario nell’ambito dei rapporti obbligatori, per cui il fiduciario è tenuto, sempre e comunque, a restituire i beni e a riversarne i frutti, rendendosi diversamente inadempiente agli obblighi assunti.
In tale caso, le sostanze trattenute in difformità all’obbligo restitutorio rappresenteranno un indebito di cui il fiduciante potrà richiedere ed ottenere la restituzione esercitando l’azione di ripetizione di indebito ai sensi dell’art. 2033 c.c.
Senza volere in queste sede entrare nel merito o sposare la tesi che ricostruisce il negozio fiduciario in termini di contratto unitario con unica causa fiduciae piuttosto che quella vi ravvisa singoli negozi, l’uno con effetto reale, l’altro con effetto obbligatorio, avvinti in un collegamento dalla causa fiduciae, emerge da entrambe le prospettive come la fiducia sia l’elemento che qualifica la fattispecie ai fini della realizzazione del programma fiduciario.
In questo senso le norme sul possesso, così come lo status soggettivo del fiduciario, non hanno alcuna rilevanza né attinenza rispetto alla disciplina dell’adempimento ed inadempimento delle obbligazioni contrattuali, rispondendo invece ad altri scopi perseguiti dall’ordinamento, quali l’incentivo al proficuo sfruttamento delle sostante in grado di produrre ricchezza.
L’autonomia dello strumento fiduciario
In via conclusiva, la sentenza in commento ha certamente il pregio di aver chiarito alcuni profili disciplinatori del negozio fiduciario – nella specie di intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali – sottolineandone l’autonomia.
Da un punto di vista più pratico, la stessa pronuncia rileva per gli operatori del settore e per coloro i quali si siano già avvicinati all’istituto del negozio fiduciario o ne stiano valutando i vantaggi in quanto lo stesso si conferma uno strumento efficace e idoneo a rispondere all’interesse del fiduciante rispetto alla realizzazione del programma fiduciario confluito nel pactum, senza che possano operare diverse previsioni codicistiche a sollevare il fiduciario dagli obblighi assunti, senza incorrere in responsabilità.
(Articolo scritto in collaborazione con Chiara Chirico, collaboratrice di Studio Righini)