Gian Giacomo Poldi Pezzoli, l’arte come passione di famiglia
Il conte Gian Giacomo Poldi Pezzoli nasce a Milano nel luglio del 1822. La passione per l’arte e la cultura scorre nel sangue di entrambe le sue famiglie. In quella paterna, da quando il padre Giuseppe eredita l’enorme patrimonio della famiglia Pezzoli. In quella materna, oltre che dalla madre Rosa, già dal nonno Gian Giacomo Trivulzio, l’uomo dietro al museo privato più famoso di Milano, marchese di grande cultura e collezionista di rarità, oltre che di libri antichi: dalla sua raccolta nasce quella che è oggi la Biblioteca Trivulziana, che nella sua maestosità accoglie i visitatori più curiosi della Pinacoteca di Brera.
Gian Giacomo ha undici anni quando il padre Giuseppe muore. La marchesa Rosa si fa carico dell’educazione del figlio, una formazione insolita per l’epoca, con una particolare attenzione alle materie umanistiche e dall’impronta ideologica libera e aperta. Poco più che maggiorenne, nel 1848 Gian Giacomo sposa la causa dei patrioti italiani intenti a liberare il lombardo veneto dal dominio austriaco: mette a disposizione sé stesso e i suoi beni, finanziando le truppe e diventando commissario straordinario del governo provvisorio di Lombardia a Venezia. Tanto che, pochi mesi dopo le Cinque Giornate di marzo, è costretto a fuggire in esilio nel Canton Ticino e a sborsare l’allora esorbitante cifra di 600 mila lire per poter ricomprare il suo palazzo di famiglia, nel frattempo sequestrato dagli austriaci.
La collezione Poldi Pezzoli, dalle armi ai dipinti del Rinascimento
Da questi e altri viaggi nasce in Gian Giacomo la certezza di una missione: creare una collezione di opere e oggetti d’arte per ospitarla nel palazzo oggi in via Manzoni, aprendo le porte agli appassionati e agli studiosi, instaurando con loro un vivace dialogo sulle attribuzioni dei dipinti acquistati negli anni. Il nucleo nasce dalla prima passione del conte, le armi, raccolte tra il 1846 e il 1850 ed esposte nell’armeria oggi al piano terra del palazzo e riallestita nel 2000 da Arnaldo Pomodoro. Seguono i dipinti del Rinascimento lombardo, veneto e toscano, alcuni veri e propri capolavori. Come il dittico dell’Andata al Calvario di Bernardino Luini (ca 1520-30), nella collezione già da prima del 1853; l’Imago Pietatis di Giovanni Bellini (ca 1457); il preziosissimo Ritratto di Dama del Piero del Pollaiolo (ca 1470), acquistato dal conte poco prima del 1875 e oggi simbolo del Museo. Ma alla passione per i dipinti Gian Giacomo avvicina fin da subito quella per le sculture, le ceramiche, i vetri decorati, gli arredi, l’oreficeria, la grafica, fino agli orologi meccanici e gli strumenti scientifici.
La casa-museo, dal metodo al progetto
La raccolta invade man mano la quasi totalità delle stanze del palazzo di Gian Giacomo. Un “infestante”, quello della cultura, che totalizza la vita del conte con metodicità (tutti gli acquisti vengono appuntati con cura in un libro, da lui ribattezzato “Cassa mia particolare”) e progettualità (gli ambienti vengono appositamente rimodernati prima di accogliere determinate parti della collezione, così da potersi esaltare l’un l’altro). I lavori sono affidati a due dei più acclamati artisti e decoratori del tempo, Luigi Scrosati e Giuseppe Bertini. Il secondo, in particolare, amico fedele di Gian Giacomo, diventerà amministratore e direttore della raccolta alla morte del conte.
Nascono così una sequenza di ambienti, ciascuno a evocare un particolare stile del passato secondo la moda del revival storico di quegli anni: in stile Barocco lo scalone e la camera da letto, in rocaille francese l’anticamera, in primo Rinascimento la Sala Nera, in stile del Trecento il Gabinetto di Studio. Proprio in quest’ultimo, stanza di ritiro e cultura per Gian Giacomo, viene posta una vetrata impreziosita dalla figura di Dante Alighieri, realizzata da Bertini e copia di una precedente che l’artista aveva esposto all’Esposizione Universale di Londra nel 1851. Dante, simbolo del poeta esiliato in lotta contro l’oppressore, ben ricordava a Gian Giacomo la propria vicenda personale.
Dalla morte prematura al lascito alla sua città, Milano
La morte arriva prematura per il conte, che nel 1879 si spegne all’improvviso per una crisi cardiaca, a soli 57 anni. Già dal 1861 il testamento di Gian Giacomo, celibe e senza eredi alla scomparsa del nipote Fabio, disponeva per la casa e le opere in essa contenute l’istituzione di una Fondazione Artistica “ad uso e beneficio pubblico in perpetuo colle norme in corso per la Pinacoteca di Brera”. Il 25 aprile 1881, durante l’Esposizione Nazionale di Milano, il museo apre al pubblico e in pochi giorni in migliaia accorrono ad ammirarne le opere. Oggi il Museo è aperto al pubblico e oltre alla collezione permanente ospita mostre temporanee, eventi, conferenze e laboratori; un luogo di arte e cultura per la città di Milano e i suoi abitanti, proprio secondo la volontà del suo fondatore.