“Intanto il mercato lavora su nuove soluzioni tecniche e temi non ancora battuti, come le risorse naturali”.
I mercati privati continuano ad offrire valore, se si guardano ai rendimenti in termini reali. “Attenzione a non cadere nella trappola dell’illusione monetaria”.
l Btp al 4%, anche sulle scadenze brevi, ha scardinato molti punti fermi, almeno nella percezione degli investitori. Secondo qualche osservatore, starebbe ridimensionando anche l’interesse nei confronti dei mercati privati, più vivace in anni di mini-tassi e mini-rendimenti nel reddito fisso quotato.
“Ma attenzione a non cadere nella trappola dell’illusione monetaria”, avverte Claudio Scardovi, volto noto nel mondo dei servizi finanziari e dell’investment management, docente alla SDA Bocconi e presso l’Imperial College di Londra, incontrato da We Wealth subito dopo il recente ingresso in Deloitte come senior partner, con l’obiettivo di consolidare il posizionamento della società di consulenza strategica in ambito M&A e Private Equity.
L’illusione monetaria è una trappola
“Bisogna fare bene i conti, perché se si guarda ai rendimenti in termini reali, cioè al netto dell’inflazione, i numeri sono ben diversi. I mercati privati continuano ad offrire valore. La ricerca accademica suggerisce un’esposizione importante, a livello di asset allocation, per gli investitori sufficientemente patrimonializzati, fino al 30/40%. Siamo decenni indietro rispetto al mondo anglosassone”, argomenta Scardovi.
Intanto, dopo una fase di entusiasmo e una successiva gelata nella raccolta, confermata nel primo trimestre dell’anno, “le banche private si stanno riavvicinando ai private market con grande attenzione.
I nuovi trend dei private market
Il trend è chiaro. Inequivocabile. Ovviamente l’approccio cambia, tra un operatore e l’altro, in termini di velocità di reazione. Ma diverse reti private stanno pianificando nuove iniziative di collocamento. E anche le reti di consulenza si vanno attrezzando”, conclude Scardovi. “Da un lato, il mercato sta lavorando su idee innovative, a livello di soluzioni tecniche, per esempio predisponendo finestre di liquidità in itinere, per superare la barriera psicologico rappresentata dalla caratteristica fondamentalmente illiquida di questi strumenti.
Dall’altro, vengono perlustrate nuove aree tematiche: per esempio le risorse naturali, i boschi – che producono carbon credits monetizzabili, l’agricoltura e anche il fish farming”, racconta il manager. Molte hanno un’evidente vocazione a livello di impact investing.
Dal punto di vista normativo, il regolamento europeo che lo scorso marzo ha ridisegnato gli Eltif, i fondi europei a lungo termine, correggendo alcuni limiti operativi e rendendoli più accessibili “va nella giusta direzione”, osserva Scardovi. Si vedranno gli effetti a partire dal prossimo anno, visto che il provvedimento entrerà in vigore il 10 gennaio del 2024.
“Rimane un importante elemento ostativo: la definizione di ‘target market positivo’, a livello Mifid, nell’ambito della product governance, tende a penalizzare i private market, sul piano distributivo: è un errore, invece, pensare che questi strumenti, in quanto illiquidi, siano troppo rischiosi: anni di ricerca dimostrano che la volatilità è molto più contenuta rispetto ai titoli di debito, per esempio. È fondamentale, a questo proposito, fare education, lavorare sulla formazione dei banker e, per il loro tramite, anche degli investitori finali”.
Articolo tratto dal n° di novembre di We Wealth. Abbonati subito qui per leggere ogni mese il tuo Magazine in formato cartaceo o digitale