Ma questa città al centro delle distese della Baviera non smette mai di stupire. Il ritrovamento di qualche mese fa si compone di oltre 15 chili d’argento ed è la seconda scoperta archeologica in pochi mesi nella città bavarese. Le monete più antiche del tesoro risalgono all’epoca di Nerone, ovvero al primo secolo dopo Cristo. Nella precedente scoperta, avvenuta nella stessa ex area industriale, erano stati ritrovati nello scorso giugno svariati manufatti, armi e gioielli del peso complessivo di 400 chili.
Secondo quanto riportato dalla stampa tedesca, si tratta di una delle 10 scoperte archeologiche più importanti in Germania. Sempre perché al destino piace giocare con gli uomini, il ritrovamento di monete romane più significativo in terra teutonica è avvenuto a Treviri, nel 1993. Si trattò di ben 2.600 monete d’oro del peso di 18,5 chili di altissimo valore, basti pensare che per gli antichi Romani una moneta d’oro ne valeva 25 d’argento.
Ma il fatto più curioso è che l’antica Treviri oggi Treves, a pochi chilometri dal Lussemburgo sul lato ovest della Germania ha dato i natali a due personaggi tanto diversi ma fondamentali per la storia dell’uomo: Sant’Ambrogio patrono di Milano e Karl Marx. Ma questo non è il punto del mio articolo che invece vuol svelare alcune incredibili curiosità che si sono potute scoprire solo grazie a ritrovamenti di questo genere.
“Nel mortaio, sbriciolate pepe, cumino, coriandolo, radice di laser, ruta, inumidite con aceto, aggiungete datteri e il fondo del fenicottero brasato”. Recita così una delle ricette dell’antica Roma tramandateci dallo scrittore Apicio, vissuto a cavallo del I Secolo. Per quanto ci possa sembrare strano che mangiassero fenicotteri, c’è almeno un altro dettaglio che lascia stupefatti ovvero cosa potesse essere la radice di laser? Per scoprirlo, bisogna fare una vera e propria operazione di archeo-gastronomia. Il laser o laserpitium altro non era che la mitologica pianta di Silfio, citata in molti scritti storici.
Quest’erba aromatica era particolarmente ricercata e apprezzata per le numerose proprietà che possedeva. Vera e propria panacea di tutti i mali, il Silfio era indicato per curare i morsi di serpenti e cani, per le emorroidi, per la digestione e molti altri usi. Pare inoltre che sia stato anche uno dei primi anticoncezionali naturali, capaci di inibire il concepimento prima e dopo l’atto. E ancora, il suo succo era l’ideale per la gotta, la regolarizzazione del flusso mestruale, il tetano, la cataratta e l’epilessia, oltre che per guarire l’impotenza maschile. Insomma, davvero l’antidoto universale per ogni evenienza.
Stanti così le cose, non è difficile capire che sia andato presto a ruba, tanto che racconta Plinio il Vecchio quando se ne volle fare omaggio all’allora imperatore Nerone, non fu possibile trovarne che una sola pianta. Tempo prima, pare invece che Cesare avesse potuto contare su una dotazione più cospicua, dato che utilizzò ben 111 libbre di Silfio per pagare, insieme a oro e argento, le spese di guerra. Nonostante la sua importanza e ricercatezza, la diffusione durò relativamente poco e attualmente è considerata estinta e solo grazie alla sua rappresentazione sulle monete possiamo immaginare come fosse nella realtà. Come sia avvenuta l’estinzione rimane tuttora un mistero irrisolto della cucina e della botanica, ma tant’è.
Un’altro caso in cui solo grazie alle raffigurazioni presenti sulle monete è possibile vedere oggetti ormai scomparsi per sempre riguarda i monumenti dell’antichità. In questo la numismatica è una fonte preziosissima perché ci porta a conoscenza di edifici scomparsi e fornisce elementi utili anche per quelli che si sono conservati, soprattutto per ricostruire l’aspetto di decorazioni, che ormai sono andate irrimediabilmente perdute.
Monete di questo tipo vengono utilizzate negli studi generali o speciali di topografia e archeologia romana, e senza di esse sarebbe assolutamente impossibile ricostruire un passato che non esiste più. Il sacello di Venere Cloacina così come doveva presentarsi nella prima età augustea, l’arco trionfale sempre di Augusto, oppure il tempio con frontale a otto colonne detto il Tempio dei Cesari non sarebbero mai stati conosciuti dato che non ne rimangono tracce archeologiche se non grazie alle loro rappresentazioni su antiche monete Romane. Perché come ha detto sapientemente Anaïs Nin: Il possesso della conoscenza non uccide il senso di meraviglia e mistero. Anzi proprio grazie al mistero si alimenta la conoscenza stessa!