Il 75% degli investimenti sostenibili si basa su una qualche forma di integrazione tra analisi finanziaria e fattori Esg. Il 5% è riconducibile a investimenti tematici e a impatto
Sulle questioni sociali rimane un problema di definizioni e regolamentazione, che va affrontato il prima possibile.
Negli ultimi due anni, poi, la crescita è stata esponenziale.
Approcci diversi alla sostenibilità
“Volendo semplificare, possiamo distinguere due grandi famiglie di strategie”, premette Alfonso Del Giudice, professore ordinario di corporate finance all’Università Cattolica di Milano. “La prima integra i fattori Esg – environmental, social e governance – nei processi d’investimento con un obiettivo di mitigazione dei rischi.
La seconda famiglia è quella degli investimenti tematici e a impatto, che insieme alle strategie di engagement, cioè di azionariato attivo, guarda alla sostenibilità come opportunità d’investimento, non solo come strumento di risk managemet”.
Evidentemente, si tratta di una classificazione un po’ rigida, utile a fare chiarezza, perché, come precisa Del Giudice, “esistono aree di sovrapposizione. Ma in linea di massima possiamo dire che il primo approccio abbraccia oltre il 75% degli investimenti sostenibili, mentre quelli tematici e a impatto rappresentano ancora una frazione marginale, inferiore al 5%”.
Investire a impatto
“Qui c’è ancora un problema di definizioni: mentre il Regolamento sulla tassonomia ambientale, entrato in vigore lo scorso anno, ha già prodotto una sorta di vocabolario europeo della sostenibilità, identificando le attività e gli investimenti che sono sostenibili, la parte relativa agli aspetti sociali è più ambigua, scivolosa.
La regolamentazione, non a caso, è stata demandata ad un provvedimento ad hoc che, secondo i piani, dovrebbe vedere la luce entro la fine dell’anno. Rimangono però molti argomenti da mettere a fuoco, su questioni che riguardano, ad esempio, le relazioni di un’azienda con le comunità locali e i rapporti con i fornitori: non è immediato stabilire quali siano le coordinate della sostenibilità”.
Le nuove regole europee
Peccato che, come emerge dalle prime ricognizioni, nel famigerato articolo 8 vengano catalogati fondi con caratteristiche molto diverse: da quelli che adottano un approccio molto rigoroso di integrazione tra analisi finanziaria e Esg a quelli che si limitano a estromettere certi settori dall’universo investibile, figli di un modo un po’ acerbo di guardare alla responsabilità sociale e ambientale, quello della finanza etica.
L’articolo 9, invece, è dedicato agli investimenti a impatto, che si pongono un obiettivo di sostenibilità più esplicito. Qui c’è meno spazio per i fraintendimenti, almeno sulla carta. “Ma rimane il problema di definire le metriche di riferimento: più facile per le questioni ambientali, meno su quelle che misurano variabili di natura sociale”, ribadisce Del Giudice.
Sostenibilità e rendimenti
“Non si è ancora giunti, però, alla conclusione definitiva circa la capacità dei filtri di analisi Esg di generare sistematicamente un extra-rendimento rispetto alla finanza tradizionale. In ogni caso, non c’è dubbio: questa relazione si potrà misurare unicamente su un orizzonte di lungo termine”.