Poiché tali cambiamenti possono essere repentini, la loro gestione potrebbe essere incompatibile con le tempistiche necessarie al trustee per prendere delle decisioni. Ecco quindi che la previsione di automatismi può apparire come una soluzione semplice ed efficace per risolvere ogni problema. Non sempre, tuttavia, questa impressione, giustificata secondo un approccio teorico, rispecchia realtà pratica dei fatti.
Per essere efficace, una flee clause non solo deve risultare sufficientemente ampia da contemplare tutte le possibili cause che giustifichino il cambio di trustee, ma deve anche garantire che la titolarità del fondo in trust passi al nuovo trustee senza l’intervento necessario del trustee uscente.
Se sulla carta questo è possibile, sul piano pratico si scorgono subito delle difficoltà: il trustee uscente deve verosimilmente sottoscrivere dei documenti di trasferimento dei beni in trust, siano essi partecipazioni, attivi bancari, o beni d’altro genere, e talvolta sono coinvolte terze parti (banche, custodi, agenti residenti). Alcune tipologie di attivi, come ad esempio i beni immobili, richiedono inoltre delle forme particolari per il loro trasferimento.
Il nuovo trustee designato, per parte sua, dovrebbe essere pronto ad assumere l’ufficio senza ritardo, ma è verosimile che voglia eseguire una completa e opportuna due diligence prima di assumere l’incarico. Se poi non fosse pronto a subentrare sarebbe necessario individuare altri trustees in successione, facendo lievitare i costi della struttura.
Da non trascurare, poi, è il tema della giurisdizione verso la quale verrà trasferito il trust. Una scelta preventiva operata al momento della stesura della flee clause potrebbe rivelarsi inopportuna al momento del verificarsi della condizione.
Da ultimo, la flee clause dovrebbe essere sufficientemente precisa da escludere ogni azionamento involontario. Un famoso caso di scuola riporta un evento accaduto nel 1976, in cui l’assassinio del governatore delle Bermuda ha determinato l’improvvisa migrazione di centinaia di trust, i cui regolamenti qualificavano la morte violenta del capo di Stato come condizione sufficiente a far scattare la clausola. Nella realtà l’assassino non era mosso da fini politici e non si era verificato un concreto pericolo di sovvertimento del governo legittimamente in carica.
Insomma, fatte le dovute riflessioni, l’inserimento di automatismi nell’atto di trust potrebbe peggiorare anziché migliorare l’efficienza della struttura; da qui l’importanza di scegliere sin da subito la giurisdizione più appropriata, la legge regolatrice più adatta e, soprattutto, un trustee qualificato, che per esperienza sia in grado di individuare e affrontare i problemi pratici che un teorico del diritto può non aver individuato.
Se questa scelta viene attuata con discernimento, al momento del verificarsi di una situazione anomala sarà il trustee in carica ad attivarsi per mettere al sicuro il fondo in trust e questo nel più breve tempo possibile e nel miglior interesse dei beneficiari, collaborando, se del caso, con il protector e/o con i beneficiari stessi.
Le decisioni potranno essere prese al momento dell’evento, così da poterne valutare al meglio le conseguenze. La modifica del trustee e il trasferimento dei beni potranno essere conclusi con efficienza, coinvolgendo a tempo debito tutti gli attori del caso e senza ricadere nelle incognite di un passaggio automatico che implica l’immediata esautorazione del trustee uscente.
Insomma, nei limiti del possibile, una seppur ardua via di fuga da una situazione di crisi si può scorgere più speditamente se coesistono comunità di intenti, esperienza pratica, professionalità e reciproca fiducia.