L’apertura dell’Ucraina alla neutralità e alla condizione “non nucleare” del Paese non sgomberano il campo dalle contese territoriali su Crimea e Donbass
Il 30 marzo i mercati hanno eroso parte dei guadagni dovuti ai colloqui di Istanbul fra le due delegazioni: secondo il portavoce del Cremlino Peskov la strada da fare è ancora lunga. E nel frattempo la Russia continua a colpire anche nelle zone a Nord dell’Ucraina, dove era stata promessa una de-escalation
Secondo quanto affermato dal direttore del Consiglio per gli affari internazionali della Russia (RIAC) Andrey Kortunov, le rispettive retoriche si sono attenuate e la Russia avrebbe rinunciato, fra le altre cose, a cercare un cambio di regime in Ucraina. Da parte sua il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky ha ufficialmente aperto a un futuro di neutralità del Paese, che non cercherebbe più l’ingresso nella Nato, così come a un futuro non nucleare. Secondo l’assistente presidenziale russo, Vladimir Medinsky, Kiev avrebbe accettato di non usare la forza contro la Crimea e “alcune aree delle regioni di Donetsk e Lugansk” – regioni finite nell’orbita russa che secondo la comunità internazionale restano parti integrante del territorio ucraino. Al tempo stesso, Medinsky ha fatto sapere che la Russia non si oppone all’aspirazione dell’Ucraina di entrare nell’Unione europea.
Il principale nodo da sciogliere, in vista dei colloqui a più alto livello fra i presidenti Zelensky e Putin, è lo status territoriale che sarà riconosciuto alle aree filorusse dell’Ucraina, ha dichiarato Kortunov al quotidiano economico russo Vedemosti.
La frenata di Mosca: “nessuna svolta”
Nel frattempo, il 30 marzo il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov ha moderato gli entusiasmi sull’esito delle trattative dichiarando che gli ultimi colloqui non possono essere definiti come “molto promettenti” o che abbiano costituito una “svolta”, indicando che l’accordo fra le parti richiede ancora molto lavoro.
Sul fronte azionario i rialzi del 29 marzo si sono ridimensionati solo in parte, con un calo di circa mezzo punto per l’Euro Stoxx 600 e un’apertura negativa di Wall Street intorno allo 0,3%.
Secondo Kortunov, non è da escludere che, per diluire la questione più spinosa, quella territoriale, Russia e Ucraina potrebbero raggiungere un primo accordo parziale; “in questo caso, è probabile che la Russia manterrà la sua presenza militare nelle aree in cui le sue unità sono già dislocate o si troveranno in un prossimo futuro” mentre, “il ritiro completo avverrà dopo il raggiungimento di un accordo globale con Kiev”.
L’impatto economico della crisi dipenderà in parte da come l’Occidente e i suoi alleati decideranno di procedere con le sanzioni alla Russia in caso di cessazione degli scontri sul terreno. Su questo punto ad aver fornito maggiori indicazioni è stato ancora una volta il governo britannico. Il portavoce del primo ministro Boris Johnson ha fatto sapere il 29 marzo che “il solo cessate il fuoco non provocherà la rimozione delle sanzioni britanniche sulla Russia”. Anzi, “la pressione su Putin deve aumentare attraverso nuove misure economiche e fornendo aiuto militare per assicurare che la Russia cambi completamente corso”.
La realtà sul campo: la Russia continua a colpire
All’indomani dei colloqui di Istanbul, il 30 marzo, gli attacchi russi sono proseguiti anche nelle vicinanze di Kiev e nella città di Cherinihiv – a dispetto dell’annunciata intenzione di ridurre le operazioni militari in quelle aree al termine degli ultimi negoziati. Il messaggio lanciato dalla prosecuzione delle ostilità anche in quelle aree indica come, per il momento, Mosca non abbia alcuna fretta di allentare la pressione sull’Ucraina.