Nei prossimi tre anni crescerà l’interesse delle banche per la pianificazione degli obiettivi familiari nell’ordine del +12%
Il 50% degli istituti utilizza le informazioni non finanziarie relative alla sfera demografica e al contesto sociale e familiare in cui il cliente si trova a operare
“Si ritiene utile individuare le attività non core e collaborare con soggetti esterni per poterle sviluppare, come le startup e le aziende che fanno della tecnologia la loro leva”, spiega Carlo La Rosa di Cetif
L’innovazione tecnologica negli ultimi mesi ha permesso di traghettare gli istituti finanziari verso il post-covid, senza perdere il rapporto con la clientela durante il tragitto. Ma la digitalizzazione sta ponendo il settore del wealth management di fronte a una ridefinizione del proprio modello di business. In questo contesto, emergono sempre più approcci ibridi, che bilanciano il rapporto fisico con il digitale nell’ottica di una personalizzazione dei servizi offerti. Ma come si stanno evolvendo le esigenze della clientela?
Secondo una
ricerca di Cetif presentata in occasione della tavola rotonda
A new wealth business model from product selling to value distribution organizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, i servizi più richiesti dalla clientela del wealth management restano i più tradizionali: l’asset allocation e la portfolio selection fanno da padroni, seguiti dalla pianificazione finanziaria, le informazioni relative ai mercati finanziari e agli
investimenti, e poi la pianificazione degli obiettivi familiari. Servizi che, se oggi ottengono una buona risposta da parte delle
banche, nei prossimi tre anni subiranno un calo rispettivamente del 22%, del 17% e del 9%, mentre crescerà l’interesse per la pianificazione degli obiettivi familiari nell’ordine del +12%.
In questo contesto, secondo i ricercatori, gli strumenti digitali possono rendere più efficienti le attività dei banker, migliorando non solo la relazione con il cliente ma anche accelerando i processi interni, soprattutto grazie all’intelligenza artificiale e alla blockchain. Le banche, inoltre, stanno ponendo sempre più attenzione ai dati non finanziari, privilegiando fra tutte la sfera demografica e il contesto sociale e familiare in cui il cliente si trova a operare. Il 50% delle istituzioni utilizza infatti questa tipologia di informazioni, seguiti dal 35% che punta sulle informazioni geografiche e un 15% sulle tendenze comportamentali.
“Le banche sentono l’esigenza di conoscere sempre di più i loro clienti – spiega
Carlo La Rosa, research manager di Cetif – ma l’attuale implementazione dei dati non finanziari all’interno del mercato non è particolarmente diffusa”. Bisogna dunque capire, spiega, in che modo gli istituti possano gestire l’impatto di tali informazioni sui propri modelli di business senza appesantire le loro attività. “Le banche sono interessate a un processo di innovazione particolare – precisa – Si ritiene utile individuare le attività non core e collaborare con soggetti esterni per poterle sviluppare, come le
startup e le aziende che fanno della tecnologia la loro leva”.
L’open innovation, tuttavia, fa emergere un disclaimer importante: come si evolverà il rapporto con la clientela? “Nonostante tutte le istituzioni capiscano che una tale collaborazione con soggetti esterni sia efficace, mantengono fisso il presidio sul cliente”, spiega La Rosa che conclude: “La gestione di questo processo di innovazione permetterebbe loro non solo di ampliare i propri prodotti e servizi ma anche di riscontrare degli effetti positivi sui propri modelli di business”.
Nei prossimi tre anni crescerà l’interesse delle banche per la pianificazione degli obiettivi familiari nell’ordine del +12%Il 50% degli istituti utilizza le informazioni non finanziarie relative alla sfera demografica e al contesto sociale e familiare in cui il cliente si trova a operare“Si ritiene…