L’onere della prova ricade sul contribuente, il quale dovrà dimostrare che non si tratta di una costruzione di puro artificio
Per esterovestizione si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale
Si presume integrata l’esterovestizione se questi sono controllati, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio italiano; oppure se sono amministrati da un consiglio di amministrazione o altro organo di gestione, composto in prevalenza da soggetti residenti in Italia.
E invero, per vincere la presunzione di residenza nel territorio dello Stato, il soggetto estero è chiamato a dimostrare con argomenti adeguati e convincenti la presenza degli elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dare prova di un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero; in questi termini, ad esempio, non potrà ritenersi fondata la presunzione di esterovestizione se la società ha all’estero uffici, personale dipendente, gode di autonomia operativa ed è interpenetrata nel territorio.
Nel caso in cui il contribuente non riuscisse a confutare la presunzione di esterovestizione, dimostrando che la sede di direzione effettiva della società è all’estero e non in Italia, l’ente sarà considerato, ad ogni effetto, residente nel territorio dello Stato e, conseguentemente, sarà soggetto a tutti gli obblighi che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti. Per tale ragione, i redditi conseguiti dal soggetto esterovestito saranno assoggettati a tassazione in Italia.
Per esterovestizione si intende, infatti, la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo di sottrarsi al più gravoso regime nazionale.
Ebbene, ad avviso della Corte di Cassazione, la presunzione di esterovestizione viene meno se l’amministrazione non dimostra, tra le altre cose, che la società estera è stata artificiosamente costituita al solo fine di beneficiare di un vantaggio fiscale.
La disciplina dell’esterovestizione persegue, infatti, finalità antielusive, di modo che, affinché questa presunzione possa essere sostenuta è necessario dimostrare in concreto la pratica abusiva: nel caso di specie, ad avviso dei giudici di legittimità, l’Agenzia delle entrate non è riuscita ad identificare il vantaggio fiscale conseguito o conseguibile con la artificiosa collocazione della sede sociale in Lussemburgo e non in Italia.