Ad oggi, in Italia, sono oltre 1000 le forme contrattuali presenti
Per riequilibrare il sistema previdenziale occorre garantire la sostenibilità della spesa e allargare la base contributiva, in termini di recupero del sommerso e di incremento della massa retributiva
L’emergenza pandemica ha lasciato strappi vistosi nella
distribuzione dei redditi lavorativi, in particolare nell’ambito dei rapporti
di lavoro dipendente.
Questo, tra le altre cose, è quanto emerge dal Rapporto Annuale XXI
del 2022 recentemente pubblicato dall’Inps, con il quale l’Istituto nazionale
di previdenza sociale ha fatto il punto sulla dimensione lavorativa in Italia e sulla prospettiva pensionistica.
Situazione retributiva
Benché nel 2021 la ripresa occupazionale ha fatto registrare
un tasso di occupazione vicino al 60%, ciò che viene alla luce è che la
distribuzione dei redditi all’interno del lavoro dipendente si è polarizzata.
Da un lato, dal punto di vista occupazionale l’Italia è
ancora lontana dai valori richiesti dall’Europa, il cui obiettivo è giungere al
70%, dall’altro, una quota crescente di lavoratori percepisce un reddito da
lavoro inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza.
Ma non è tutto. Un fattore patologico del sistema
retributivo italiano attiene alla diseguaglianza nei redditi, la quale attraversa
tutte le dimensioni di genere, di età, di cittadinanza, di territorio.
La retribuzione media delle donne nel 2021 è ancora inferiore
a quella degli uomini e risulta pari a 20.415 euro, inoltre, negli ultimi
quindici anni è cresciuto il divario territoriale: nel Nord si riscontra la
presenza di imprese più forti, sia per potenziale occupazionale sia
retributivamente, che sembrano essere uscite rafforzate dalla crisi pandemica,
mentre al Sud impressiona l’assenza di dinamica imprenditoriale.
Idealmente, mette in evidenza l’Inps nel report in commento,
un riordino della disciplina contrattuale legata alla rappresentatività dei
soggetti contraenti, affiancata ad un minimo salariale legale, produrrebbe un
contenimento di queste disuguaglianze, oltre che faciliterebbe l’esercizio
della vigilanza documentale sul rispetto dei minimi
contributivi. Queste differenze salariali dipenderebbero anche dal
moltiplicarsi delle forme contrattuali, oggi pari a ben 1.011. Troppe e spesso
non rappresentative.
Dinamica pensionistica
Un’ulteriore aspetto che induce a preoccuparsi del fenomeno della povertà lavorativa di oggi è, riprendendo le parole contenute nel report, “il fatto che chi è povero lavorativamente oggi sarà un povero pensionisticamente domani”.
Nel 2021, il 40% dei pensionati ha percepito un reddito pensionistico lordo inferiore ai 12.000 euro, dato che scende al 32% se consideriamo integrazioni al minimo, trasferimenti e maggiorazioni. All’interno della povertà pensionistica, sono sempre le donne ad essere ripetutamente penalizzate: hanno avuto un allungamento della vita lavorativa per allinearla a quella degli uomini, andando in pensione più tardi di quanto si aspettassero al momento in cui entrarono nel mercato, pur avendo lavorato meno a lungo e tipicamente meno ore, ad una paga oraria/settimanale inferiore a quella degli uomini.
Come messo in evidenza nella Relazione del Presidente Inps, per riequilibrare il sistema previdenziale occorre garantire la sostenibilità della spesa ma anche allargare la base contributiva sia in termini di recupero del sommerso che di incremento della massa retributiva per i lavoratori regolari.
Per favorire retribuzioni più elevate puntando alla produttività, sarebbe necessario:
- un forte investimento in formazione;
- valorizzare ai fini pensionistici il corso di studi universitari o di altra fase di formazione, ad esempio con l’accredito figurativo del periodo di formazione o di studi universitari, lasciando che il restante periodo possa essere accreditato gratuitamente a condizione che il livello di importo pensionistico a calcolo sia inferiore a un tetto prestabilito;
- programmare la regolarizzazione di nuovi cittadini stranieri per coprire i posti di lavoro non sostituiti a causa dell’invecchiamento della popolazione residente.