Le sanzioni mirano a congelare i beni degli oligarchi russi vicini al Cremlino
Ad oggi, e complessivamente, le misure restrittive adottate dall’Ue colpiscono 877 persone e 62 società
Segnatamente, ha deciso di vietare le operazioni con alcune imprese statali russe, le operazioni di servizi legati al rating del credito nonché rendere ancora più rigorose le restrizioni sulle esportazioni di beni a duplice uso, di beni relativi alla cantieristica navale, o funzionali alla costruzione di macchinari e, più in generale, di tutte quelle categorie di prodotti idonei a contribuire al rafforzamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia.
Il Consiglio europeo, inoltre, ha prefigurato la preparazione di una dichiarazione plurilaterale contro la Russia e la Bielorussia che verrà rilasciata dall’Organizzazione mondiale del commercio (Omc o Wto, World Trade Organization). Una simile prospettiva potrebbe, tra le altre cose, portare alla sospensione del principio della “nazione più favorita” per i prodotti e i servizi della Federazione russa.
Il principio della nazione più favorita (Mfn – Most Favorite Nation) di cui all’art. I del Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade), vale a dire l’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, prevede che i vantaggi concessi ad un Paese, relativi alle tariffe e alle procedure doganali, devono essere accordati ai beni similari di ogni altro Stato membro della Omc. Inoltre, in virtù del sostegno fornito dalla Bielorussia alle azioni della Federazione russa, l’Ue sta valutandone la sospensione del processo di adesione all’Omc.
La presa di posizione dell’Omc, quale organizzazione internazionale, mette in evidenza come sia unanimemente riconosciuto, almeno tra i Paesi membri del Wto, che l’aggressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina violi il diritto internazionale e i principi della Carta delle Nazioni Unite.
Le sanzioni contenute nel quarto pacchetto sono rivolte, inoltre, anche ad una serie di individui facenti parte dell’élite russa che sostiene la politica di Mosca. Nell’elenco figurano gli oligarchi Roman Abramovich e German Khan, nonché altri imprenditori di spicco operanti in settori economici chiave, quali la siderurgia, l’energia, il settore bancario, i media, i prodotti militari. Come si apprende dal comunicato rilasciato dal Consiglio europeo, l’elenco comprende anche lobbisti e propagandisti, come Konstantin Ernst (amministratore delegato di Channel One Russia) che promuovono la narrazione del Cremlino sulla situazione in Ucraina.
Ebbene, mentre la Russia sembra rispondere con sanzioni mirate che colpiscono, tra gli altri, Joe Biden e il presidente canadese Justin Trudeau, occorre non perdere l’attenzione sulle conseguenze economiche che possono discendere per l’Ue a fronte di questo scenario pieno di turbolenze, economico-sociali e politiche.
Come ha messo in evidenza il noto economista francese Jean Pisani-Ferry, in un report pubblicato dal think thank Bruegel, la guerra in Ucraina avrà significative conseguenze sulla politica economica dell’Ue e, singolarmente, sugli Stati membri. Si può sin da ora stimare che lo shock negativo legato alla riduzione dell’offerta di approvvigionamento di gas e petrolio, dunque, al conseguente aumento dei prezzi, unitamente alla necessità di spendere nuove risorse pubbliche per la difesa, potrebbe incidere sul bilancio in modo significativo. Fino al 4% del Pil.
La Russia è il principale fornitore di petrolio (27% delle importazioni), carbone (47%) e gas (41%) dell’Ue. Ma, se petrolio e carbone non richiedono infrastrutture specifiche per essere consegnati al mercato, il gas dipende da esse. Questo significa che non è facile diversificare senza soluzione di continuità i fornitori.
Se la Russia interrompesse le esportazioni, l’Ue perderebbe il 40% delle sue forniture di gas naturale e andrebbe incontro a conseguenze particolarmente gravi. Motivo per cui, come sottolinea Pisani-Ferry, finora Bruxelles ha lasciato il gas fuori dall’ambito delle sanzioni. Ciò non toglie che l’Ue debba prepararsi a fare a meno del gas russo.
Una simile circostanza, però, genererebbe ulteriori disallineamenti interni: non tutti gli Stati risponderebbero allo stesso modo a questa improvvisa interruzione di approvvigionamento dalla Russia.
Per questo motivo, come suggerisce l’economista francese su Brugel, è il momento per l’Ue e gli Stati membri di, tra le altre cose, avviare un piano di resilienza energetica di emergenza per aumentare le forniture energetiche non russe e distribuirle all’interno dell’Unione; integrare i sistemi energetici in modo molto più approfondito e dare vita a un framework anche normativo sulla sicurezza energetica.
Questo contesto metterà alla prova la capacità dell’Europa di agire in modo rapido e deciso, ma anche di gestire la fornitura di nuovi beni pubblici di cui in precedenza non era responsabile.