Il crollo del mercato azionario russo innescato dalle misure adottate contro la Russia da Ue e Usa ha causato perdite rilevanti per gli oligarchi
Mentre gli Usa e l’Ue inaspriscono le sanzioni finanziarie, gli oligarchi cercano di correre ai ripari trasferendo capitali o acquistando proprietà negli Emirati
Secondo alcune stime elaborate da Statista, le repentine e numerose misure sanzionatorie rivolte ai miliardari russi vicini al Cremlino hanno determinato un’importante riduzione della loro fortuna. Il 3 marzo scorso, il patrimonio netto degli ultra-ricchi russi listati nel Bloomberg Billionaires Index era inferiore di oltre 88 miliardi di dollari rispetto ad appena qualche giorno prima, vale a dire il 23 febbraio.
Il presidente di Lukoil, l’oligarca Vagit Alekperov, sembra essere il soggetto che fino ad ora più ci ha rimesso. Si stima che abbia perso oltre il 60% della sua ricchezza personale, al punto da essere stato espunto dalla lista di Bloomberg.
Sorte simile per l’uomo più ricco della Russia, Vladimir Potanin, il quale ha assistito al crollo del 50% delle azioni della società Norilsk Nickel, quotata a Londra. Questa circostanza gli ha provocato una perdita di 4,5 miliardi.
Come riporta Statista, perdite altrettanto consistenti sono state registrate da Alexey Mordashov, che oltre a commerciare in acciaio e oro, detiene una partecipazione nell’agenzia tedesca di servizi per il turismo Tui; così come da Gennady Timchenko del gruppo Volga, che controlla gli interessi nel gas naturale e nei prodotti chimici.
Anche il miliardario russo Roman Abramovich, celebre per la proprietà del club calcistico inglese Chelsea FC, ha perso circa il 12% della sua fortuna. A partire dal 23 febbraio.
Come mette in evidenza il Financial Times, nell’articolo “Wealthy Russians flock to Dubai as west tightens sanctions”, gli oligarchi guardano agli emirati in quanto da sempre i sette stati della penisola araba rappresentano un porto sicuro per coloro che necessitano di fuggire dall’instabilità economica e finanziaria.
Non è un caso se nei territori emiratini si sono stabiliti, nel tempo, oltre 40 mila russi.
Gli Stati del Golfo hanno una posizione relativamente neutrale nel conflitto e questo permette ai russi che intendono trasferire in quei territori i propri patrimoni finanziari (o avviare attività commerciali strumentali all’ottenimento di visti, o per persino trasferire la residenza) di godere di maggiore tranquillità, per loro stessi e le loro famiglie. Ad esempio, un investimento di 200.000 mila dollari da parte di un oligarca russo nel settore immobiliare negli Emirati, assicura tre anni di residenza. Investimenti ancora più importanti, a certe condizioni, garantiscono “visti d’oro” a lungo termine.
Inoltre, da quando la piattaforma Swift è preclusa alla Russia, gli oligarchi, come segnala il Financial Times, stanno facendo diffuso ricorso ai contanti, alle criptovalute e al sistema cd. hawala. Vale a dire un meccanismo particolarmente radicato in Medio-oriente, e in specie anche negli Emirati, che consente di trasferire valori e capitali attraverso una serie di intermediari e una rete di mediatori.
Ebbene, si può ritenere che il conflitto in corso stia riscrivendo anche i flussi di capitale che partono dalla Russia, i quali non sono più diretti – come accadeva fino a poco fa – verso l’Europa o ancor di più verso il Regno Unito e in particolare Londra, ma vengono orientati verso Stati considerati neutrali rispetto conflitto in corso, e in particolare rispetto alle posizioni assunte dalla Russia.