È questo il principio espresso da due recenti pronunce dell’amministrazione finanziaria, che confermano l’importanza dell’operazione di scissione nell’ambito dei progetti di divisione del patrimonio familiare.
L’art. 10-bis della legge 212/2000 (cosiddetto Statuto del contribuente) prevede che si è in presenza di un “abuso di diritto o elusione fiscale” al ricorrere congiunto di tre presupposti:
– la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”;
– l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione;
– l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”.
Quando manca uno di tali presupposti vi è assenza di abusività. Inoltre è possibile che anche in presenza di tutti i presupposti vi siano ragioni extrafiscali non marginali che possono comunque portare a considerare l’operazione non abusiva.
Con la risposta a interpello n. 435 del 23 giugno 2021, l’Agenzia delle entrate ha esaminato il caso riguardante una scissione asimmetrica non proporzionale di una società riferibile a quattro fratelli (svolgente attività immobiliari in genere). L’operazione era funzionale alla riorganizzazione delle attività facenti capo ai rispettivi nuclei familiari e al progressivo passaggio generazionale delle attività dai fratelli ai propri discendenti. In presenza di tali presupposti, l’Agenzia delle entrate ha confermato l’assenza di profili abusivi ribadendo che l’operazione di scissione è fiscalmente neutrale, in quanto il passaggio del patrimonio della società scissa a una o più società beneficiarie non determina la fuoriuscita dei beni dal regime di impresa. A parere dell’Agenzia, la prospettata operazione di scissione parziale asimmetrica non determinava alcun vantaggio fiscale indebito, risultando atto fisiologico alla riorganizzazione delle attività facenti capo alla famiglia, al fine di separare il destino imprenditoriale del nucleo familiare riferibile a un socio da quello degli altri soci.
L’Agenzia delle entrate è giunta alle stesse conclusioni nella successiva risposta a interpello n. 741 del 21 ottobre 2021. Il caso riguardava la scissione totale proporzionale in favore di tre società beneficiarie neocostituite e la successiva donazione della nuda proprietà delle quote di partecipazione detenute nelle società beneficiarie. Secondo l’Agenzia delle entrate tali operazioni (e quelle prodromiche poste in essere prima dell’operazione di scissione) costituivano operazioni unitarie e fisiologiche volte alla ripartizione del patrimonio sociale in maniera differente in vista del ricambio generazionale in favore dei figli, mantenendo, al contempo, la gestione delle società immobiliari di famiglia in capo alla madre (titolare della quota di partecipazione nella società scissa).
L’Agenzia delle Entrate ha dunque ritenuto che le operazioni illustrate fossero “operazioni fisiologiche volte a consentire di ripartire il patrimonio sociale in maniera differente in vista del ricambio generazionale in favore dei figli, mantenendo, al contempo, la gestione delle società immobiliari di famiglia in capo alla madre (attraverso la conservazione del diritto di usufrutto sulle predette partecipazioni sociali)”. Tali operazioni non determinavano alcun vantaggio fiscale indebito né tantomeno si pongono in contrasto con la ratio di disposizioni tributarie o con i principi dell’ordinamento tributario.
Un aspetto comune di tali riorganizzazioni familiari, importante affinché non siano ravvisabili profili di abuso del diritto, ribadito in altre risoluzioni (come per esempio la n. 95 del 25 luglio 2017), è quella dell’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante. Inoltre, non deve trattarsi di società sostanzialmente costituite solo da liquidità, intangibles o immobili, bensì di società che esercitano prevalentemente attività commerciali ai sensi dell’art. 87, comma 1, lettera d), del Tuir.