Il mercato del lavoro può reggere il rialzo dei tassi, l’inflazione è più persistente del previsto, il bilancio della Fed è troppo grande e andrà ridotto: sono alcuni dei messaggi lanciati dal presidente Jerome Powell nella conferenza di mercoledì 26 gennaio
Il mercato ha reagito negativamente alle decisioni del Fomc e ai toni di Powell; altre turbolenze sono all’orizzonte mentre la stretta monetaria anti-inflazione si fa sempre più urgente
“La Fed si trova tra due fuochi”, ha dichiarato a questo giornale Roberto Rossignoli, Portfolio Manager Moneyfarm, “gli analisti e gli operatori di mercato che hanno paura di un ‘policy mistake’ (un rialzo eccessivo dei tassi potrebbe infatti minare occupazione e crescita economica) e politici e opinione pubblica che vedono i prezzi dei beni aumentare a un passo inatteso e quindi chiamano un interventismo più sostenuto”.
Benché il comunicato del Fomc non abbia fornito tempistiche sul rialzo dei tassi, il mercato considera ormai sicuro un primo intervento da almeno 25 punti base a marzo. A questo punto, gran parte dell’attenzione degli analisti è concentrata sul numero di rialzi che seguiranno questo primo intervento. La possibilità che la Fed proceda con almeno altri tre inasprimenti della politica monetaria, dopo le parole di Powell, sembra essersi cementata nelle aspettative. Interrogato sulle possibili ripercussioni negative dei rialzi dei tassi sul mercato del lavoro, Jerome Powell è stato molto diretto: in questo momento i salari crescono rapidamente e i posti vacanti sono abbondanti rispetto all’offerta di lavoro disponibile, pertanto c’è “un bel po’ di spazio per aumentare i tassi senza danneggiare l’occupazione”. Powell ha, inoltre, ammesso con franchezza che l’inflazione si è rivelata più persistente del previsto, preparando il terreno per il nuovo corso di politica monetaria.
Un altro aspetto che, una volta terminato il piano di acquisti di titoli comincerà a tormentare i mercati sarà la gestione del bilancio della Fed. Tramite l’espansione del bilancio la banca centrale compra titoli immettendo nuova liquidità nel sistema. Nel momento in cui i titoli vanno a scadenza, la Fed ha due possibilità: reinvestire su nuovi titoli e lasciare invariata la liquidità in circolazione (un’opzione “colomba”), oppure lasciare che il bilancio si riduca, riducendo la base monetaria (un’opzione “falco”). Sul tema Powell ha dichiarato che “il bilancio è sostanzialmente più grande di quello che deve essere: c’è una sostanziale quantità di riduzione del bilancio da fare“, indicando la volontà di ridurre l’offerta di moneta in futuro, “questo richiederà del tempo: vogliamo che questo processo sia ordinato e prevedibile“. Il rischio di una contrazione precoce del bilancio Fed, infatti, è quello di provocare grosse turbolenze sui mercati finanziari. Come la liquidità facile aveva galvanizzato i mercati nella fase accomodante, così la sua riduzione rischia di comportare una decisa correzione.
“I mercati hanno interpretato il maggior impegno della Fed sul rialzo del carovita con una revisione al rialzo delle probabilità di aumento dei tassi nell’anno”, ha aggiunto Debach, “mercati che scontavano ieri ben quattro aumenti e che oggi sono passati a cinque: un primo rialzo a marzo, un secondo ad aprile, un terzo a giugno, un quarto a settembre ed infine un quinto a dicembre”.
In generale, l’analisi dei FedWatch mostra come le aspettative verso una più decisa rotta restrittiva, da parte della banca centrale americana, si siano rafforzate. Per il mercato azionario questo scenario ha incrementato le già pessimistiche previsioni nel breve periodo. “Con cinque previsti rialzi dei tassi, dove non sono neanche esclusi rialzi maggiori ai 25 punti base, i mercati si devono adattare sempre di più ad una fase finale di un ciclo espansivo”, ha affermato Debach, “con la volatilità che potrebbe comunque restare un problema (opportunità) durante l’anno”.
“Le dichiarazioni di Powell hanno lasciato intendere che ora il focus della Fed sarà tutto sull’inflazione. Di conseguenza, il possibile calo dei listini azionari e rialzo dei tassi di mercato non preoccupano per ora la Fed”, ha affermato a We Wealth Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. “Si tratta di un vero e proprio guanto di sfida contro i mercati”, ha aggiunto, “simile a quello che Powell lanciò nel dicembre 2018 quando, in tema di riduzione di bilancio, dichiarò che sarebbe andato avanti con il pilota automatico, incurante della reazione dei mercati stessi, salvo poi cambiare idea agli inizi di gennaio 2019″.
“Di conseguenza”, ha dichiarato Cesarano, “lo scenario è per un focus monotematico sul tema inflazione per questo trimestre e per i primi mesi del prossimo trimestre con ridimensionamento dei corsi azionari e rialzo dei tassi che, sul segmento decennale US, potrebbero spingersi fino al 2/2,5%”, dall’1,832% attuale (27 gennaio).
Il miglior supporto su cui, in questo momento, può contare il mercato azionario, ha concluso Debach, resta la scarsità di alternative in grado di fornire rendimento: “Uscire dall’azionario per andare dove? Con le altre asset class che non riescono neppure a coprire il costo dell’inflazione, per quanto si possa aver timore dei mercati, non si trovano scelte alternative; tanto più che con tale livello di inflazione il cash rappresenta la scelta peggiore, visto che in circa venti anni si vedrebbe dimezzato il relativo potere di acquisto”.