il patto parasociale è un accordo tra due o più soci di una società di capitali, al fine di concordare l’esercizio comune dei propri diritti nell’ambito delle assemblee societarie.
Nel caso preso in esame il socio fondatore di un’azienda familiare con 10 soci, tutti componenti dello stesso nucleo, temeva che interessi diversi e contrastanti potessero con il tempo comportare una disgregazione della compagine.
La soluzione proposta consiste nell’intestazione delle partecipazioni del gruppo familiare alla società fiduciaria per il tramite di un mandato. In tal modo la fiduciaria diventava socio unico.
Affinché i patti di sindacato siano efficaci è necessario che tutti gli aderenti rispettino quanto statuito nello stesso patto ed è comprensibile come la gestione di tali accordi possa essere molto complessa in particolar modo nel garantire una rappresentanza solidale. In tali situazioni, la società fiduciaria può svolgere una funzione di garanzia nei confronti di tutte le parti aderenti al patto. Condizione essenziale perché ciò avvenga è che le quote e/o azioni degli aderenti al patto vengano intestate alla fiduciaria in modo che questa possa partecipare alle assemblee in rappresentanza di tutti i fiducianti ed esercitare i propri diritti, in osservanza di quanto stabilito nel citato patto.
Sostanzialmente la fiduciaria, proprio per la sua mission di gestione dei beni per conto terzi, ha la professionalità per garantire il funzionamento dei patti parasociali anche complessi. Tale peculiarità della fiduciaria ci ha consentito di concludere un’operazione societaria che ha coinvolto una piccola società di capitali. Questa è la classica società a carattere familiare in cui soci erano circa dieci persone tra cui il socio fondatore, i suoi fratelli, i suoi figli e i nipoti. La preoccupazione del socio fondatore era quella che, in presenza di una così variegata composizione societaria, anche con interessi diversi e contrastanti tra loro, essendo presenti generazioni diverse avrebbe potuto comportare, nel tempo, una disgregazione della stessa compagine nonché delle decisioni sulla gestione societaria non aderenti alle idee del socio fondatore. Le sue preoccupazioni hanno trovato una soluzione in un mandato fiduciario.
In particolare, la soluzione proposta consisteva nell’intestazione delle partecipazioni del gruppo familiare alla società fiduciaria per il tramite di un mandato ai sensi e per gli effetti della Legge 23 novembre 1939, n. 1966. In tal modo la fiduciaria diventava socio unico. Tutti i fiducianti, inoltre, provvedevano a sottoscrivere un mandato collettivo e irrevocabile ai sensi degli articoli 1723 e 1726 del codice civile “affinché la fiduciaria amministri unitariamente la partecipazione secondo quanto previsto nel presente mandato”. A tale riguardo, ciascun fiduciante provvedeva a nominare quale suo procuratore il socio fondatore.
Con questa decisione la fiduciaria aveva come controparte solo un soggetto fiduciante con benefici positivi che si riflettevano sulla gestione delle partecipazioni.
Con il mandato integrativo che tutte le parti coinvolte provvedevano a sottoscrivere, inoltre, veniva stabilito che ogni istruzione inerente:
- il diritto di intervento e di voto nelle assemblee societarie;
- ogni atto dispositivo della partecipazione, quale la cessione o la costituzione di diritti reali di godimento e/o garanzia;
- ogni altro diritto derivante dalla titolarità della titolarità della partecipazione societaria doveva essere impartita dal socio fondatore, ergo dal procuratore nominato.
In questo modo, senza intervenire sullo statuto societario, la parti avevano sottoscritto un patto di sindacato di blocco e un patto di sindacato di voto che hanno consentito al socio fondatore di tutelare l’azienda di famiglia da lui fondata.