L’arte di acquistare arte: complesso ma non impossibile
La compravendita di un’opera d’arte, anche per il collezionista o il commerciante più navigato, non è affar semplice; diversi sono gli aspetti che le parti coinvolte si trovano a dover considerare. In loro soccorso arrivano le ultime due pubblicazioni di ART&LAW – la rivista scientifica di diritto, economia e arte interamente curata e prodotta dal Dipartimento Arte di Negri-Clementi Studio Legale – dedicate a “L’acquisto (in)consapevole di opere d’arte”.
Ce ne parla l’avvocato Annapaola Negri-Clementi, managing partner dell’omonimo studio e direttore responsabile della rivista.
L’arte di acquistare arte: la possibilità di azione
Come comportarsi in caso di “scoperta” di non autenticità dell’opera a seguito di una compravendita? La giurisprudenza di legittimità ha dedicato particolare attenzione a questi temi a partire da una sentenza della Cassazione n. 2737 del 14 ottobre 1960, che ha stabilito come all’acquirente competano sostanzialmente due azioni nei confronti del venditore.
La prima consente di richiedere la risoluzione del contratto per (grave) inadempimento per consegna dell‘aliud pro alio (letteralmente, “qualcosa per qualcos’altro”) se l’autenticità è stata garantita dal venditore. Nel secondo caso, il compratore potrà esercitare l’azione di annullamento per vizi del consenso (in particolare, errore sull’identità dell’oggetto), se la vendita dell’opera d’arte è avvenuta senza garanzia del venditore in merito all’autenticità del bene. Le azioni prevedono diversi termini di prescrizione, una differente ampiezza del danno risarcibile e una diversa attribuzione dell’onere della prova.
Acquitare arte: la risoluzione per aliud pro alio
Nel caso in cui, successivamente alla compravendita, si ritrovi la non autenticità dell’oggetto acquistato – che si manifesta nel caso in cui vi sia una“divergenza tra il bene trasferito e il bene dedotto in contratto”, ad esempio l’opera è falsa o non correttamente attribuita –, l’acquirente potrà avvalersi dell’azione di risoluzione del contratto per grave inadempimento per consegna dell’aliud pro alio (ex. art. 1453 c.c.) se l”“autenticità” è stata espressamente o implicitamente – ma comunque inequivocabilmente – dichiarata (e garantita) dal venditore o pattuita tra le parti (ovvero se esiste un accordo).
L’acquirente avrà diritto al risarcimento di un danno comprensivo dell’interesse contrattuale negativo e di quello positivo, potendo egli chiedere (i) il risarcimento del danno emergente (anche definito interesse negativo) ossia la restituzione del prezzo (oltre interessi legali) e il rimborso delle spese effettuate in ragione della vendita oltre a (ii) il risarcimento del lucro cessante (anche definito interesse positivo) che consisterà nella perdita subita a causa dell’inadempimento (e del maggior valore che l’opera avrebbe avuto se fosse stata autentica come chiarito dalla Cassazione n. 2457/1983, o il mancato miglior utilizzo della somma pagata a titolo di corrispettivo).
L’arte di acquistare arte: quali sono gli obblighi delle parti?
In questo caso è compito dell’acquirente provare che il bene trasferitogli è di un genere diverso da quello dedotto in contratto – e quindi si rivela inidoneo ad assolvere la destinazione economica del bene venduto (così precisato dalla sentenza della Cassazione n. 7557 del 23 marzo 2017, il caso di due poltrone genovesi di epoca Luigi XVI). Al venditore, invece, spetta l’onere di provare di aver adempiuto correttamente. La risoluzione del contratto non può quindi avvenire (anche qualora sia stato accertato l’aliud pro alio) nel caso in cui il venditore riesca a dimostrare di essere stato in buona fede sull’autenticità del bene trasferito, e quindi superi la presunzione di colpevolezza dell’inadempimento.
Qual è il presupposto per tale azione?
È l’autenticità, oggi regolamentata anche dall’art. 64 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), secondo cui è compito del venditore consegnare all’acquirente un documento comprovante l’autenticità del bene in questione. L’azione di risoluzione per aliud pro alio, tuttavia, ha un termine di prescrizione decennale; ma da quando comincia a decorrere tale termine? A riguardo vi è un contrasto giurisprudenziale tra le corti di merito e quelle di legittimità, così come nel caso di un arazzo attribuito ad Alighiero Boetti.
Nello specifico, nel 1994 l’attore acquista un arazzo attribuito all’artista torinese. Dieci anni dopo viene fatta eseguire una perizia da parte dell’Archivio Alighiero Boetti, il quale rileva la non autenticità dell’opera. Nel dicembre 2005 – undici anni dopo l’acquisto – l’acquirente chiede la risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita per applicazione della fattispecie dell’aliud pro alio, domandando inoltre la restituzione delle spese sostenute per la verifica dell’autenticità dell’arazzo e il risarcimento dei danni.
“Restituire il prezzo pagato”
Nel 2009 il Tribunale di Genova – e successivamente la Corte di Appello di Genova nel 2013 – accolgono le domande dell’attore e condannano la convenuta a restituire il prezzo pagato, oltre interessi, e al risarcimento all’attore dei danni, oltre interessi, ritenendo che il termine iniziale di prescrizione dovesse decorrere non dalla data della compravendita, ma dal giorno in cui l’Archivio Alighiero Boetti si era espresso in senso negativo rispetto all’autenticità dell’opera, ammettendo una soluzione evidentemente ben più favorevole all’acquirente.
Tuttavia la Cassazione, con sentenza n. 1889 del 25 gennaio 2018, ribalta l’orientamento espresso dalle corti di merito, ritenendo che il termine iniziale della prescrizione decennale (di cui all’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere) dovesse iniziare ad essere computato a partire dalla data della compravendita.
Ecco, quindi, che anche in questa recente sentenza la Cassazione conferma il proprio, oramai consolidato, orientamento sulla risoluzione del contratto per grave inadempimento con riferimento all’aliud pro alio datum.
L’annullamento per vizi del consenso (errore o dolo)
La seconda azione è, invece, rappresentata dall’annullamento per vizi del consenso (art. 1428 c.c., in particolare errore sull’identità dell’oggetto o su una qualità dello stesso).
Acquistare arte: quali sono gli obblighi delle parti?
Spetta all’acquirente procedere con l’azione se la vendita dell’opera d’arte è avvenuta senza alcuna dichiarazione e garanzia del venditore in merito all’autenticità dell’opera. Tuttavia, in un caso alquanto particolare (Cassazione n. 985/1998), l’azione è stata esercitata dal venditore a sua tutela per chiedere la caducazione del contratto (nella specie, l’annullamento) perché l’opera – attribuita al Maestro della Cappella Pellegrini, un autore minore del trecento toscano – dopo la vendita aveva subito un aumento di valore una volta scoperta essere del ben più famoso artista senese Jacopo della Quercia.
Il venditore, accortosi di aver sbagliato, domanda in giudizio l’annullamento per errore, essenziale e riconoscibile dall’acquirente, ipotizzando la sua mala fede. L’azione viene accolta: l’opera viene restituita al venditore e il prezzo all’acquirente. Sotto il profilo giuridico – e relativamente all’oggetto opera d’arte – è da osservare che l’errore doveva essere riconoscibile al momento dell’acquisto. A nulla vale, invece, il fatto che possa successivamente mutare l’attribuzione di paternità in virtù di successive acquisizioni di pareri di esperti.
Che differenze vi sono rispetto alla prima azione?
Nel caso di annullamento del contratto per vizi del consenso (ex art. 1428 c.c.), il danno risarcibile è limitato al solo danno emergente (il c.d. interesse negativo): l’acquirente potrà chiedere solo la restituzione del prezzo e il rimborso delle spese effettuate in ragione della vendita. Tale azione si prescrive in cinque anni dalla scoperta dell’errore sull’autenticità dell’opera. Per ipotesi, qualora la scoperta della non autenticità fosse successiva di dieci anni dalla data della sua compravendita potrebbe risultare prescritta l’azione di aliud pro alio, ma non ancora prescritta l’azione di annullamento per errore se esercitata entro cinque anni dalla scoperta della non autenticità.
E quindi? Caveat emptor, ma con l’aiuto di esperti e professionisti del settore, capaci di affiancare e guidare al meglio il collezionista verso un approccio più consapevole all’acquisto dell’opera d’arte.