Cercare un cambiamento continuo, puntando a un miglioramento costante: è questa la filosofia giapponese del ‘kaizen’, ovvero il segreto per rimanere sempre aggiornati ed evolvere. Un concetto che rappresenta anche la solida base su cui si regge l’industria automobilistica nipponica. L’ascesa del Giappone come protagonista indiscusso dell’industria automobilistica globale è iniziata negli anni ’50, quando, dopo la guerra, il paese del Sol Levante aveva un forte bisogno di ricostruire la propria economia. L’idea, poi rivelatasi vincente, era quella di puntare su veicoli piccoli, a basso consumo di carburante e non troppo costosi, così da essere perfetti per le tasche dei giapponesi e adatti a strade molto trafficate tipiche delle grandi città. Poi, piano piano, “aziende come la Toyota e la Nissan sono riuscite a crearsi una solida reputazione di qualità e affidabilità e i prodotti da loro esportati sono gradualmente divenuti popolari in altri mercati mondiali”, spiega Mobeen Tahir, Associate director di WisdomTree.
Il segreto del successo? Sicuramente la filosofia kaizen ha dato il suo supporto, con l’industria giapponese sempre pronta a evolversi per assecondare nuove necessità e migliorarsi, puntando su tecnologie sempre più innovative, cercando comunque di contenere i costi. A questo va anche aggiunta un’ottima collaborazione tra case automobilistiche e fornitori, che ha permesso di costruire una catena di fornitura integrata ed efficiente, oltre a un forte supporto da parte del governo, sotto forma di agevolazioni fiscali.
Tuttavia, negli ultimi anni il settore automobilistico giapponese si sta radicalmente trasformando: il Paese sarà in grado di seguire i nuovi ritmi imposti e a continuare con l’innovazione? O sarà disposto a cedere il suo posto tra le eccellenze del mercato, magari gettandolo tra le fauci del Dragone? Approfondiamo il caso dei veicoli elettrici.
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Auto elettriche, il monopolio del settore sarà targato Cina?
Il 2022 è stato un anno da record in molti comparti e quello automobilistico green non è un’eccezione: nel 2020, l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) aveva stimato che sarebbe stato necessario aspettare almeno fino al 2030 per vedere il comparto dei veicoli elettrici occupare il 10% del mercato. Un traguardo tagliato già alla fine dello scorso anno, stando a quanto riportato dal Wall Street Journal. Si tratta di un settore che sta crescendo molto velocemente: nel giro di un anno le vendite sono aumentate del 55%, con novembre come mese record (e oltre 1milione di nuove immatricolazioni riconosciute dall’IEA).
In questo comparto, la Cina sembra voler competere con il Giappone in quanto a capacità di evolvere ed eccellere. La BYD, infatti, potrebbe rivelarsi la nuova Toyota delle auto elettriche. L’azienda cinese si sta affermando rapidamente nel suo mercato locale, grazie anche agli incentivi che il governo cinese ha dato per l’acquisto di veicoli elettrici e infrastrutture di ricarica: nel 2022 sono state venduti 5,92 milioni di veicoli elettrici, stando ai dati di Insideevs.
“Se l’integrazione della catena di fornitura è stata la chiave del successo delle case automobilistiche giapponesi in passato, questo potrebbe essere ancora più facile per i produttori di apparecchiature originali cinesi, data la posizione dominante della Cina nell’elemento più critico di un veicolo elettrico: la batteria”, suggerisce Tahir. Nel 2022, infatti, la Cina contava da sola per il 77% della capacità produttiva globale di batterie a litio, con circa 893 GWh, come riportato dallo studio di Gavekal, con dieci dei principali produttori di batterie che hanno sede in Cina. La BYD, inoltre, ha anche un’altra arma dalla sua: prima di diventare un’azienda automobilistica, la società era proprio un produttore di batterie. Rispetto alla più conosciuta Tesla, la BYD offre un’alternativa conveniente, con tecnologia e dotazioni di sicurezza pressoché equivalenti.
Non è ancora tempo di sconforto in Giappone
La condizione per continuare a occupare uno spicchio importante del mercato e non farsi sopraffare dal crescente dominio della Cina è una soltanto, ovvero innovare (e farlo in fretta). “Se la Toyota riuscisse ad aprirsi nuovi orizzonti con le celle a combustione a idrogeno, potrebbe dare all’azienda una posizione dominante in un mercato relativamente meno esplorato”, propone Tahir come esempio.
In generale, è importante ricordare che il mercato delle automobili non è come quello della telefonia, dove è necessario arrivare sempre prima degli altri o si rischia di essere esclusi (come è successo a Nokia, che si è rifiutata di vedere il cambiamento ed è stata schiacciata da Apple e Android). Nel caso dell’acquisto di un’auto, infatti, i consumatori solitamente esplorano un’ampia gamma di opzioni e questo permette anche alle aziende che si muovono più lentamente di recuperare terreno.