Un nuovo rapporto di Bank of America ha indicato che il Pil dell’Eurozona crescerà del 2,8% nel 2022 e dell’1,7% nel 2023, con una revisione al ribasso, rispettivamente, di 0,7 e e 0,5 punti
Sanzionare la Russia avrà contraccolpi immediati sulla crescita e sull’inflazione anche in Europa. Secondo due economisti della Purdue university, tuttavia, non solo l’impatto sulla Russia sarà enormemente più forte, ma anche che l’Europa potrà contenere efficacemente i danni in un’ottica di lungo periodo
Buona parte della crescita che sarà lasciata sul campo europeo sarà dovuta alla contrazione del potere d’acquisto, dovuta all’aumento prezzi, che ridurrà a sua volta i consumi. Anche le imprese europee che esportano verso la Russia non potranno che subire una riduzione del loro giro d’affari: verso Mosca si dirige lo 0,6% delle esportazioni dell’Eurozona.
Contemporaneamente, sono state riviste al rialzo le previsioni per l’inflazione, gonfiata dal rincaro delle materie prime e, in particolare, dell’energia. “Il nostro scenario base è soggetto a una grande incertezza. In uno scenario peggiore, un’ulteriore escalation, comprese le restrizioni energetiche, potrebbe portare l’inflazione al 6,4% e al 3,3% nel 2022/23, grazie al quasi raddoppio dei prezzi del gas e al petrolio, aumentato di altri 25 dollari quest’anno”, hanno scritto gli analisti. In questo scenario negativo “la crescita scenderebbe”, nel 2022 e nel 2023, “al 2,6% e all’1,0% con un ambiente recessivo nel fra il terzo quarto dell’anno in corso e il primo dell’anno prossimo”. Se la situazione geopolitica si mantenesse tesa, la Bce “probabilmente dovrà aspettare fino al primo trimestre del del 2023 per procedere a un rialzo dei tassi, ossia al primo segnale di stabilizzazione della crescita”.
Nelle ultime ore i segnali di distensione sul fronte delle sanzioni non sono certo arrivati. Anzi: gli Stati Uniti, l’8 marzo, hanno ufficializzato la scelta di bloccare le importazioni di materie prime energetiche dalla Russia entro la fine dell’anno. Il Regno Unito ha annunciato un provvedimento analogo limitato al petrolio, mentre l’Unione Europea proverà a tagliare le importazioni di gas russo di due terzi entro il 2022.
“In uno scenario più ottimista”, hanno scritto gli analisti di BofA, “una de-escalation più rapida potrebbe limitare la pressione inflazionistica al 5,1% quest’anno e all’1,8% il prossimo, con una crescita al 2,9% e al 2,0%”.
Come potrebbe muoversi la Bce
Di fronte a uno scenario che, per diverso tempo, sarà deteriorato dall’innalzamento delle sanzioni su Mosca la tabella di marcia della Bce potrebbe subire qualche slittamento. BofA ritiene che che “l’inflazione vicina al 7% nel secondo trimestre (e solo un po’ più bassa nel terzo) costringerà la Bce ad agire nonostante l’economia traballante. Ci aspettiamo che il Qe finisca nel terzo trimestre, e che un primo rialzo (su cinque in totale entro la fine del 2023) seguirà nel dicembre 22”. Prima dello scoppio del conflitto vari analisti e alcuni dei membri falchi dello stesso consiglio direttivo avevano ritenuto verosimile un primo rialzo dei tassi già dopo la fine dell’estate. “Rispetto alle nostre precedenti aspettative, ciò significa un ritardo di un trimestre”, hanno proseguito gli analisti di BofA, “è probabile che la Bce sia costretta a fare una pausa in seguito, se la stagflazione scatena forze disinflazionistiche”.
Un gioco che vale la candela
Come osservato finora, sanzionare la Russia avrà contraccolpi immediati sulla crescita e sull’inflazione anche in Europa. Secondo due economisti della Purdue university, tuttavia, non solo l’impatto sulla Russia sarà enormemente più forte, ma anche che l’Europa potrà contenere efficacemente i danni in un’ottica di lungo periodo. “L’Ue-27 e il Regno Unito insieme rappresentano oltre il 63% delle esportazioni di combustibili fossili della Russia e, se combinati con altri paesi selezionati che hanno imposto sanzioni contro la Russia, come gli Stati Uniti, la Turchia e il Giappone, la quota delle esportazioni russe sale all’80%”, hanno scritto su Voxeu, Thomas Hertel e Dominique van der Mensbrugghe, “se questi flussi di entrate dovessero essere interrotti, ciò potrebbe avere un impatto enorme sull’economia russa, che si basa pesantemente sulle esportazioni di energia per finanziare il suo bilancio statale, oltre a sostenere le sue operazioni militari”.
Nell’immediato le conseguenze per le famiglie europee saranno significative. “Il reddito reale delle famiglie dell’Ue potrebbe diminuire dello 0,3-0,6% (rispetto alle proiezioni di riferimento), con una crescita dei prezzi dell’energia del 6,8-8%”. Tuttavia, hanno affermato i due autori, al 2030 la scelta di abbandonare le forniture russe costerà all’Eurozona una rinuncia pari allo 0,4% del suo Pil (lo 0,04% annuo).