Inflazione e
rialzo dei tassi? Hanno impatto anche su bitcoin, perché aumentano i costi del
mining. Ma produrranno nel medio termine una selezione e un consolidamento –
che già si vede sul fronte degli exchange e dei crypto asset – anche a monte,
tra i minatori. Almeno questa è la previsione di Tom Rodgers, head of research
di Etc Group, partner di HANetf con cui ha quotato sulle principali Borse
europee 15 Etc sulle criptovalute e l’Etf tematico Koin sulla tecnologia
Blockchain. Dall’inizio di quest’anno, la Federal Reserve ha alzato i tassi di
interesse ben sei volte e dovremo aspettarcene di nuovi per i prossimi mesi.
L’ultimo di questi aumenti è avvenuto il 2 novembre 2022, pari a 75 punti basi,
che hanno portato il tasso di riferimento tra il 3,75% e il 4%: le attese sono
per un livello compreso tra il 4,5% e il 4,75% entro la fine del 2022. “Tutto
ampiamente previsto – afferma Rodgers – ma contestualmente stanno crescendo le
critiche sul fatto che queste mosse stiano facendo poco per arginare il flusso
d’inflazione, che resta alto e rimane sopra l’8%, ai suoi massimi da oltre 40
anni. Si tratta di dati significativi anche per bitcoin, perché la maggior
parte del mining globale avviene negli Stati Uniti, dove tassi di interesse più
elevati si traducono in un maggior costo del servizio. Gli ultimi dati del
Cambridge Bitcoin Energy Consumption Index mostrano che gli Stati Uniti hanno
accumulato un’imponente quota di mining rispetto alla Cina, con un vantaggio
del 37,8% sul 21,1%”.
Il mining è ancora redditizio?
Quanto costa il mining ed è oggi ancora redditizio? La risposta non è immediata. Com’è noto la blockchain Bitcoin crea nuovi blocchi in media ogni 10 minuti. La ricompensa per i minatori che confermano con successo la nuova catena è di 6,25 bitcoin ogni volta: 144 blocchi al giorno, moltiplicati per 6,25, equivalgono a circa 900 nuovi bitcoin (del valore attuale di 18,7 milioni di dollari) al giorno. “Le macchine per il mining di Bitcoin richiedono circuiti specializzati chiamati Asics, necessari per elaborare i miliardi di calcoli che servono a risolvere i “puzzle” dei blocchi – spiega Rodgers – I tempi di attesa per l’acquisto delle apparecchiature possono spesso durare diversi mesi, data la scarsità di scorte disponibili e i minatori nordamericani ed europei hanno effettuato ingenti investimenti di capitale tra il 2020 e 2021, quando il costo del servizio era molto più conveniente. Poiché si prevede che le condizioni macroeconomiche si inaspriranno nel corso del 2022, la gestione del rischio è in cima all’agenda dei minatori che vogliono evitare di essere acquisiti dai loro competitor, in un ambiente sempre più competitivo”. Tre sono i fattori principali che incidono sulla redditività dei minatori: l’aumento dei costi dell’energia a causa della guerra in corso in Ucraina; i prezzi di mercato più bassi per il bitcoin; l’aumento del costo del funding.
Guadagni a picco per i minatori
“Secondo il Bitcoin Hashrate Index, i guadagni dei minatori sono diminuiti complessivamente del 73% tra ottobre 2021 e ottobre 2022 – dice l’analista – Questo ha significato per alcuni operatori del mercato lo spegnimento per lunghi periodi delle macchine a bassa efficienza. Ad esempio, Riot Blockchain ha venduto 250 bitcoin per 10 milioni di dollari nell’aprile 2022 e altri 250 a maggio per 7,5 milioni di dollari. L’azienda ha inoltre annunciato la dismissione temporanea di 4.000 macchine da mining Bitmain S17 Pro, non più redditizie”. Il miner Core Scientific ha venduto la maggior parte delle sue partecipazioni in Bitcoin nel giugno 2022 (7.202 bitcoin per 167 milioni di dollari, con un calo del 79% delle partecipazioni in bitcoin nel suo bilancio).
Marathon Digital che da ottobre 2020 dichiara zero vendite di bitcoin, di recente ha prospettato un cambiamento di strategia se si renderà necessario finanziare i costi operativi quando i livelli di produzione aumenteranno. Intanto, il 22 settembre 2022, Compute North, uno dei maggiori fornitori privati di servizi di mining di Bitcoin in Nord America, ha presentato istanza di fallimento.
“In futuro, le aziende il cui costo dei ricavi (e non degli utili) è più vicino a raggiungere o superare i flussi di cassa operativi dovranno probabilmente affrontare le pressioni più forti – conclude Rodgers – In prospettiva, ciò rappresenta un’opportunità per i minatori di bitcoin ben gestiti di acquisire i rivali più piccoli e in difficoltà: qualcuno si sta muovendo, come Iris Energy che ha raccolto 100 milioni di dollari in un accordo azionario con la banca d’investimento B Riley (quotata al Nasdaq) nel settembre 2022, proprio per finanziare un eventuale M&A”. E il 12 ottobre 2022 Crusoe Energy ha annunciato di aver acquisito le attività di The Great American Mining Company, la prima di quelle che potrebbero diventare una serie di acquisizioni del settore.
Segnali di luce e svolte green all’orizzonte
All’orizzonte, tuttavia, si intravedono segnali di luce. Con inaspettate svolte green. I minatori si stanno infatti spostando verso il gas flaring – il metano indesiderato e inutilizzabile prodotto nei giacimenti, a cui le società petrolifere danno fuoco inviando nubi di gas inquinanti nell’atmosfera: secondo il Cambridge Centre for Alternative Finance il potenziale di recupero globale del gas flaring, pari a 688 Twh, potrebbe alimentare l’intera rete Bitcoin per 6,7 volte. E contribuirebbe alla decarbonizzazione con la mitigazione del gas immesso in atmosfera. “Un rapporto dell’Office of Science and Technology Policy ha rilevato che il mining di Bitcoin crea solo lo 0,2%-0,3% delle emissioni globali di CO2, e solo lo 0,4%-0,8% delle emissioni di CO2 degli Stati Uniti – precisa Rodgers – Se il bitcoin fosse un Paese, sarebbe il settimo Paese più verde del mondo, davanti a Svezia e Germania, in termini di mix energetico. I dati del terzo trimestre del 2022 forniti dal Bitcoin Mining Council indicano che i produttori di Bitcoin utilizzano il 59,4% di energia rinnovabile per alimentare la rete. Le società di mining di Bitcoin stanno già investendo molto per migliorare l’energia pulita e l’efficienza energetica, e continueranno a farlo anche attraverso l’M&A”.