Mercoledì il prezzo dei bitcoin ha toccato quasi i 30 mila dollari, per poi risalire oltre i 40 mila. Giù, tra le altre, anche Dogecoin ed Ethereum
Secondo CoinMarketCap, il valore totale del mercato delle criptovalute è diminuito di più di 470 miliardi di dollari attestandosi a 1,66 mila miliardi di dollari
Stando all’indice Bitcoin Electricity Comsumption dell’università di Cambridge per l’estrazione di bitcoin si consuma 133,68 terawattora all’anno: più della Svezia
Il mercoledì nero
Nel mercoledì nero delle criptovalute, la regina delle valute digitali si è spinta, prima di rialzarsi, fino ai 30.202 dollari, segnando un calo del 41% rispetto ai massimi di aprile, quando aveva toccato i 64.829 dollari. Il selloff si è esteso anche ad altre valute digitali. Dogecoin è sceso del 27% a circa 35 centesimi, dopo avere toccato i 22 centesimi. Ethereum, in contrazione del 40%, ha recuperato fino a 2.536 dollari, limitando le perdite percentuali al 26%. Secondo CoinMarketCap, nel complesso il valore totale del mercato delle criptovalute è diminuito di più di 470 miliardi di dollari attestandosi a 1,66 mila miliardi di dollari. Il Bitcoin è passato da capitalizzare 902 miliardi a valere 721 miliardi di dollari.
Il giro di vite cinese
Da tale ribasso la prima lezione da apprendere è che il mercato delle criptovalute è ancora sensibile agli sforzi regolamentari. Il giro di vite della Cina sulle valute digitali ha dato gli effetti sperati (per le autorità). Il calo del bitcoin è stato innescato infatti da una dichiarazione congiunta di tre banche cinesi – China Internet Finance Association, China Banking Association e China Payment and Clearing Association – che invitano le istituzioni finanziarie a non accettare valute virtuali come mezzo di pagamento o fornire servizi tramite il loro uso. Nella nota si legge come “di recente i valori delle criptovalute sono schizzati e crollati e il trading speculativo è ripreso, infrangendo la sicurezza delle proprietà delle persone e interrompendo il normale ordino economico e finanziario”.
Il bitcoin consuma quanto un paese
La seconda variabile critica, emersa con prepotenza negli ultimi mesi, è l’enorme consumo energetico richiesto per produrre bitcoin. Lo stesso Elon Musk in un suo recente tweet ufficializzava il problema, contribuendo al selloff di questi giorni, contro i suoi stessi interessi (dal crollo del bitcoin Elon ha “perso” il 24% del suo patrimonio). Il patron di Tesla lunedì ha twittato che la società di veicoli elettrici non accetterà più il pagamento in bitcoin, diversamente da quanto annunciato a marzo. L’ultima misurazione, riportata dal Financial Times, del dispendio energetico crittografico è dell’università di Cambridge. Stando al suo indice Bitcoin Electricity Comsumption, l’estrazione di bitcoin consuma 133,68 terawattora all’anno di elettricità – una stima che è aumentata costantemente negli ultimi cinque anni. Stando a questa cifra, il bitcoin consumerebbe elettricità più della Svezia e poco di meno della Malesia (147,21TWh).