L’interscambio tra Italia e Uk alla fine del 2019 era pari a 29,2 miliardi di sterline, in crescita dell’1,70% rispetto all’anno precedente
Ferdinando Pastore di Ice Londra: “Temiamo che in una prima fase le nostre esportazioni potranno subire un calo del -12%, ma auspichiamo una ripresa nel 2022”
Alessandro Belluzzo della Camera di commercio & industria italiana per il Regno Unito: “è importante visitare subito i siti governativi che contengono già una serie di informazioni utili, ma anche rivedere i bisogni dello staff”
Nel caso del Regno Unito, spiega Pastore, è stata già elaborata una strategia industriale che prevede grandi investimenti nel settore della conoscenza e dell’innovazione (dal capitale umano all’intelligenza artificiale, dalle infrastrutture sostenibili alle scienze della vita, fino ai settori tech e digital), ma anche nel green (si parla di 12 miliardi di sterline) e nella difesa (oltre 24 miliardi). “Dalla nostra parte, invece, abbiamo tutte le caratteristiche del made in Italy: qualità, eccellenza, design, originalità, declinate su tutta la scala del valore dell’agroalimentare, della moda, dell’arredamento, dell’auto, della meccanica di precisione e dell’innovazione. Ma dovremo lavorare per assicurare standard produttivi elevati e declinare strategie promozionali innovative”.
“Bisogna definire i dettagli delle operazioni doganali, verificare di avere nei sistemi di documentazione e accompagnamento delle merci tutte le informazioni necessarie all’agente doganale per presentare la dichiarazione doganale, verificare la necessità di autorizzazioni in Uk, stimare il carico tariffario e verificare eventuali obblighi di registrazione a servizi particolari”, spiega Alessandro Belluzzo, presidente della Camera di commercio & industria italiana per il Regno Unito. Secondo l’esperto, infatti, cambieranno le condizioni dei contratti, l’etichettatura dei prodotti, ma sarà importante anche proteggere la proprietà intellettuale e tenere sotto osservazione il tema del personale, della contabilità, della revisione e della tassazione, così come la gestione dell’Iva. “Potrebbe essere incluso nel deal qualche cambiamento positivo in merito a questo, ma non lo sappiamo ancora. Quindi è bene fare le proprie valutazioni di impatto”, aggiunge Belluzzo. È importante, inoltre, “visitare subito i siti governativi che contengono già una serie di informazioni utili, rivedere i bisogni dello staff e delle assunzioni, la supply chain, il costo eventuale dei dazi, i contratti e, da ultimo, l’impatto fiscale delle imposte dirette e indirette”, suggerisce Belluzzo.
“Mi limito a esprimere l’auspicio di un deal, di una transizione accompagnata da una modifica delle procedure ma che non alteri l’area di libero scambio delle merci, dato che il nostro impegno viene anche dalla consapevolezza che l’assenza di un accordo commerciale potrebbe penalizzare l’export italiano”, aggiunge Ferro. Poi conclude: “Sono convinto che in futuro la qualità, l’innovazione, la capacità di customizzare il prodotto, tutte le caratteristiche distintive del made in Italy, rappresenteranno un punto di forza su cui le nostre imprese potranno focalizzarsi per affrontare le prossime scadenze e l’Ice rafforzerà sicuramente la propria azione di supporto laddove necessario”.