Finalmente ho capito. E se avete intuito, inizio così per portarvi dove non potete immaginare. Perché sono ironica nella mia affermazione. Si dà infatti il caso che l’errore che si rischia di fare in questo momento – parlo come sempre del mio lavoro, la consulenza finanziaria – sia pensare che la “fine” in gioco sia quella decantata in toni apocalittici da grandi banche internazionali come da operatori di mercato, che si cimentano nel tentativo più o meno professionale e fondato di leggere la curva dei rendimenti così come il trend del mercato, per arrivare a tirare la benedetta riga e sussurrare (o urlare) che il peggio deve ancora venire o meglio che la fine è prossima…
La vera domanda è se, in tutto questo pensare che sembra pesare come un macigno sulla testa di chi fa operativamente il mio lavoro, non vi sia ben nascosta una grande miopia. Che secondo me è invece molto manifesta, e non ci porterebbe a mettere a fuoco il vero punto di oggi, che ancora una volta non è fuori ma dentro le nostre stanze. La relazione con il cliente, l’investitore.
Meno telefonate, meno incontri
Prima di accusarmi di banalità, provate a ripensare alle giornate che stiamo vivendo. In questo momento parlo da un lato al consulente finanziario, e a me stessa in primo luogo, ma non meno all’investitore. Li immagino uno di fronte all’altro. Li metto così, come fossero due che, sposati o conviventi da 15 anni, rischiano di non vedersi più. Presi da mille faccende domestiche, incasinati nelle sempre più variopinte (per non dire peggio) emergenze, e di conseguenza compressi e impossibilitati a capire con chi abbiano originariamente scelto di vivere. Quella persona lì, scelta, preferita tra le altre. Il paragone non è azzardato se non per il fatto che il consulente finanziario e l’investitore non hanno un legame affettivo, ovviamente, non nel senso esplicitato sopra.
Ma riconoscerete che nel pensare a come stiano andando le cose, sul mercato finanziario, nell’estremo tentativo di comprendere cosa stia succedendo e nel remoto accenno a mettere in atto un piano di azione per affrontare la situazione, ecco in tutto questo può capitare che si possa meditare sulla decantata (dai giornali) minaccia di apocalisse finanziaria (tracce se ne possono trovare su diverse testate, soprattutto degli ultimi giorni), arrivando a perdere di vista dove stia la vera minaccia di una fine: quella della relazione con il cliente. Al punto che, paradossalmente, invece che vedersi di più si comincia a incontrarsi di meno, invece che parlarsi veramente, si inizia a sentirsi di sfuggita, o a mandare messaggi; insomma, invece che continuare a costruire la relazione, adesso, passando attraverso il momento, senza accorgersene si perde di vista quello che io chiamo il contatto con l’investitore. Quello vero. Ma come è successo? Come è successo che ci siamo persi così? Sì, abbiamo avuto da fare, ci sono stati problemi, ci siamo trovati ad affrontare un periodo difficile, ma io non pensavo che tutto questo mettesse in dubbio la relazione.
Narro come vanno le cose nei rapporti personali in una convivenza, come possa andare insomma e chi ha vissuto queste vicende magari ci si ritrova. Ma, pensandoci, non si fa fatica a riconoscere tratti che potrebbero rimandare alla relazione con gli investitori di questo momento. Una relazione messa a dura prova. Giustamente. Dai fatti, da quello che sta succedendo sui mercati. Niente di strano. Ma qui il punto è non vedere il vero tema in tutto questo…
Primo: evitare la scontatezza
La scorsa settimana sono stata a un evento con colleghi che fanno il mio lavoro. Ho sentito parlare delle tante tematiche sul tavolo: cosa faranno le banche centrali, se questo è un anno che si possa paragonare a un altro, se i rialzi dei tassi finiranno a breve e seguirà nuovamente una fase di ribasso, se si andrà in recessione. E anche io mi ci sono specchiata, assolutamente. Perché sono immersa tutti i giorni in queste schiaccianti verità e notizie. Fortunatamente ci pensano i clienti a buttarmi in mezzo alla strada, come mi piace dire, e a mettere in discussione la relazione, anche in senso buono direi, spostando all’improvviso la prospettiva, costringendo a svoltare e a guardare dove vada focalizzata l’attenzione più radicale quest’anno. Molto più che sulla fine dell’espansione monetaria o del settore tecnologico (non sto dicendo che penso queste cose, ma sono le boutade che si leggono di più!). Molto di più.
«Scusi, ma io mi aspettavo che mi chiamasse di più. Sì, insomma, non ci sentiamo spesso e di questi tempi io non capisco…». Così una cliente che, vi assicuro, ha un portafoglio bilanciato; e forse lei poteva (secondo la mia presunzione) accettare di ricevere meno attenzione e meno ascolto, perché tanto avrebbe dovuto capire e accettare di aspettare. Ripeto, capire e accettare di aspettare. Assomiglia molto alla scontatezza che si può arrivare a vivere in un rapporto personale in cui, nel tempo, soprattutto in situazioni difficili si può pensare che l’altro capisca e accetti di aspettare che tutto si risolva per tornare a parlarsi veramente. Peccato che è proprio in questo modo che i rapporti finiscono. Possono finire. E questo è quello che vale più di una fine dei giochi. È la vera fine che in finanza, nella finanza vissuta in consulenza, non ci si può permettere.
Dedicare la giusta attenzione
Non sto parlando di perdere il cliente come un pezzo del portafoglio, del fatidico patrimonio amministrato. Sto parlando del riflesso, a titolo personale, che un consulente finanziario che crede nel suo lavoro potrebbe averne. Io l’ho capito su di me, rischiando di perdere una relazione, per aver pensato che la situazione difficile da risolvere fosse fuori e non in quella relazione, non vissuta veramente. C’è da chiedersi se l’investitore possa arrivare a pensarla nello stesso modo. Io dico di sì. E questo lo si capisce di questi tempi, nell’essere non più a sua disposizione (perché questo è davvero impossibile certe volte) ma più attenti al non trascurare quanto sia importante dedicare la giusta attenzione a chiarire e richiarire cosa stia succedendo là fuori, anche a chi si pensa si sia rassegnato e abbia capito e accettato di aspettare, solo di aspettare.
Alla prossima!