Una crisi del settore immobiliare avrebbe un forte impatto sull’economia cinese. Ma vale anche il contrario: una crescita meno decisa esporrebbe il Dragone al rischio di bolla immobiliare
Questa relazione è stata descritta in un recente studio di Rogoff e Yang, che fa capire quanto il caso Evergrande sia rilevante per il Paese
L’ombra del default che si allunga su
Evergrande ha acceso come mai prima l’attenzione degli investitori sugli squilibri del mercato immobiliare cinese. Uno studio pubblicato lo scorso giugno dagli economisti
Kenneth Rogoff (Università di Harvard) e
Yuanchen Yang (Macro-Policy Division of the Strategy, Fmi) ha aggiornato le conoscenze su quella che appare come una bolla pronta a scoppiare, qualora la crescita del Dragone dovesse incepparsi. Le incertezze legate al coronavirus e le sfide di lungo periodo, come quella demografica, potrebbero materializzare questo rischio nel futuro. Con la crisi di Evergrande è diventata ancora più importante, forse, anche la funzione inversa:
“L’impronta del settore immobiliare cinese è diventata così grande che un significativo rallentamento immobiliare avrebbe un impatto significativo sulla crescita complessiva, anche mettendo da parte i soliti effetti di amplificazione delle fragilità del settore finanziario”, ha scritto Rogoff in un suo commento pubblicato su VoxEu il 21 settembre.
Secondo i calcoli di Rogoff e Yang il settore immobiliare costituiva il 29% del Pil cinese nel 2017 (l’anno competo di dati più recente). Questa percentuale, che comprende sia i servizi collegati sia la costruzione fisica degli immobili, è di gran lunga superiore a quella osservata nelle altre economie sviluppate: al secondo posto si trova il Regno Unito, il cui comparto immobiliare, comunque, non arriva al 20% di quota sul Pil. Il grafico in basso permette di osservare come solo la Spagna negli anni della bolla immobiliare pre-2008 aveva avvicinato gli attuali livelli cinesi e, in misura, inferiore anche l’Irlanda. Entrambi i Paesi subirono le conseguenze di questa forte espansione nel settore. Gli Stati Uniti, da parte loro, non si sono mai avvicinati a tale livello di dipendenza sull’immobiliare nemmeno nel picco raggiunto nel 2005.
A questa centralità dell’immobiliare sull’economia cinese si affiancano i prezzi degli spazi immobiliari che, in rapporto ai redditi, sono di gran lunga più alti a Pechino e Shanghai rispetto a quelli registrati a Singapore e a Londra – come visibile nel seguente grafico.
Tutto questo non significa necessariamente che una bolla scoppierà anche in Cina, ha precisato Rogoff. “Ci vorrebbe un forte e sostenuto rallentamento della crescita economica complessiva per generare una recessione immobiliare di lunga durata”, ha affermato il noto economista, aggiungendo però che i dati più aggiornati potrebbero in qualche modo mostrare maggiori vulnerabilità rispetto a quelle osservate nei precedenti studi in materia. “La pandemia di Covid-19, in particolare con l’evolversi di nuove mutazioni, rappresenta un rischio molto reale che il catalizzatore per un rallentamento della crescita sostenuto possa essere dietro l’angolo”, ha scritto Rogoff.
Non è ancora chiaro il modo con il quale il governo cinese cercherà di limitare i danni del possibile collasso di Evergrande. “L’incombente bancarotta dello sviluppatore immobiliare cinese, con oltre 300 miliardi di dollari di debito, sarà di gran lunga la più grande che il governo abbia mai dovuto affrontare”, ha affermato l’economista concludendo come questa esperienza dimostri come il riequilibrio dell’economia cinese e il ridimensionamento dell’immobiliare sarà un problema che “la Cina dovrà affrontare… forse più prima che poi”.
Una crisi del settore immobiliare avrebbe un forte impatto sull’economia cinese. Ma vale anche il contrario: una crescita meno decisa esporrebbe il Dragone al rischio di bolla immobiliareQuesta relazione è stata descritta in un recente studio di Rogoff e Yang, che fa capire quanto il caso Evergrande…