L’Ocse ha recentemente rilevato come in alcuni paesi i tassi di fallimento delle imprese abbiano superato i livelli registrati durante la crisi finanziaria del 2008-2009
Trevithick (Payden & Rygel): “La previsione di base per il 2024 è che un’impennata sostanziale del tasso di default sia molto improbabile”
L’aumento del costo del credito – unitamente al ritiro di miliardi di dollari di sussidi legati all’emergenza pandemica – sta innescando un’impennata dei default in gran parte delle economie avanzate. Una tendenza, secondo alcuni dati raccolti dal Financial Times, destinata a continuare anche nell’anno a venire. Solo negli Stati Uniti, dopo un decennio di declino, il numero di fallimenti aziendali è cresciuto del 30% anno su anno nei 12 mesi che vanno da settembre 2022 a settembre 2023. La Germania, prima potenza economica d’Europa, ha dichiarato che i default sono aumentati del 25% nei primi nove mesi dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In tutta Europa le insolvenze aziendali sono cresciute del 13% su base annua nello stesso arco temporale, raggiungendo il livello più elevato degli ultimi otto anni.
Secondo Neil Shearing, capo economista di Capital Economics intercettato dal quotidiano economico-finanziario britannico, l’aumento dei tassi di interesse e il crollo delle aziende zombie che erano sopravvissute grazie ai sostegni governativi nell’era del covid-19 hanno alimentato questa tendenza. Tendenza, come anticipato, destinata a continuare “poiché nei prossimi mesi molte imprese dovranno affrontare costi più elevati per rifinanziare il debito, anche se si prevede che gli aumenti dei tassi delle banche centrali abbiano raggiunto il massimo”, dice Shearing. Allianz stima che il tasso di crescita globale delle insolvenze raggiungerà il 10% il prossimo anno, dopo un aumento del 6% nel 2023. Secondo gli uffici statistici nazionali, in Francia, Paesi Bassi e Giappone i default sono aumentati di più del 30% rispetto al mese di ottobre.
Default: i settori nell’occhio del ciclone
L’Ocse ha recentemente rilevato invece come in alcuni paesi – tra cui quelli nordici, come Danimarca, Svezia e Finlandia – i tassi di fallimento delle imprese abbiano addirittura superato i livelli registrati durante la crisi finanziaria del 2008-2009. Anche in Uk, secondo l’Insolvency Service, i fallimenti nei primi nove mesi dell’anno hanno raggiunto il livello più elevato dal 2009. Finora, sono stati colpiti soprattutto i settori dell’ospitalità, dei trasporti e della vendita al dettaglio; ma si prevede che anche i settori più sensibili agli aumenti dei tassi di interesse (come immobiliare e costruzioni) saranno messi a dura prova. Tuttavia, rassicura il FT, i sussidi per l’energia e altre misure contribuiranno a tenere a galla molte aziende, il che significa che il picco di insolvenze non sarà probabilmente così elevato come nelle precedenti crisi.
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L’high yield europeo è (ancora) conveniente?
“Malgrado il relativo rallentamento dell’economia dell’Eurozona, nel complesso il mercato high yield europeo offre ancora un credito che, nel complesso, è di migliore qualità rispetto all’omologo segmento statunitense”, dichiara il team global fixed income, currency and commodities group di J.P. Morgan asset management nel suo settimanale bollettino sui bond diffuso a inizio dicembre. Il 68% delle obbligazioni high yield europee ha un merito di credito BB e meno del 5% ha un rating CCC o inferiore, a fronte rispettivamente del 49% e dell’11% dei titoli high yield statunitensi, si legge nell’analisi. Secondo gli analisti, la qualità del credito ha tratto vantaggio sia dall’assenza di un tipico ciclo di indebitamento sia dalla migrazione dei crediti più rischiosi verso i mercati creditizi privati.
“Si discute molto dell’imminente maturity wall (o muro delle scadenze) del 2026 e della possibilità che gli emittenti debbano rifinanziare i debiti di ieri ai costi molto più elevati di oggi. Tuttavia, riteniamo che questi timori siano esagerati”, dichiarano gli analisti. “È vero che una piccola percentuale di emittenti avrebbe difficoltà ad accedere ai mercati dei capitali alle condizioni attuali, ma è altrettanto vero che, nel mercato primario, diversi mutuatari high yield stanno già ridimensionando da quest’anno le emissioni con scadenze 2025 e 2026. Inoltre, nella maggior parte dei casi il maturity wall è dovuto semplicemente al fatto che, dati i bassi tassi bloccati in queste scadenze, gli emittenti high yield hanno scelto di non rimborsare in anticipo le obbligazioni. Inoltre, la qualità del credito è favorita dalla crescente presenza di finanziatori diretti nei mercati di leveraged finance delle società a grande capitalizzazione”, concludono.
Le stime sul tasso di insolvenza settore per settore
Le stime di Columbia Threadneedle Investments per il tasso di insolvenza dell’high yield europeo ruotano intorno all’1,5% per i prossimi 12 mesi e al 3,9% per i prossimi 24 mesi, a fronte di un tasso di insolvenza del 3,4% negli ultimi 12 mesi secondo S&P e del picco del 6,9% toccato durante la pandemia. “La nostra previsione generale è oggi lievemente più alta rispetto a quando abbiamo pubblicato le nostre ultime stime ad aprile”, spiega Tom Southon, responsabile ricerca high yield, Emea, di Columbia Threadneedle investments. Guardando ai singoli settori, si prevede un lieve calo delle aspettative di default per l’automobilistico “a riflesso della vasta quota di società automobilistiche resilienti con rating BB, dotate di ampia liquidità e di accesso ai mercati dei capitali, che compensa il lieve deterioramento dei fornitori di auto con rating B”, precisa Southon. Le previsioni del settore immobiliare hanno subito invece un incremento netto, principalmente a causa di emittenti che stanno raggiungendo il termine delle scadenze.
“Il successo di alcune operazioni di rifinanziamento ha determinato un’estensione del profilo delle scadenze e una riduzione dei timori di default per alcuni titoli del tempo libero, a fronte degli scarsi cambiamenti complessivi nel settore nonostante i segnali di rallentamento della spesa al consumo”, aggiunge Southon. Le previsioni di insolvenza risultano lievemente in rialzo per l’industria di base, riflettendo il leggero calo generale delle stime sugli utili, mentre il settore delle vendite al dettaglio continua a essere caratterizzato da un rischio di default piuttosto elevato secondo Columbia Threadneedle investments. “Tuttavia, abbiamo assistito a un certo numero di cessioni di attivi e di operazioni di rifinanziamento che hanno contribuito al miglioramento delle prospettive di alcuni emittenti, ad esempio Global, Morrisons e Iceland. Siamo sempre più cauti sul fronte degli emittenti pubblici, dati i rischi di rifinanziamento e i timori rispetto le cessioni di attivi e l’esposizione ai consumi”, conclude Southon.
Default, Trevithick: “Naturale inversione di tendenza”
Secondo Natalie Trevithick, responsabile delle strategie US investment grade di Payden & Rygel, il 2023 è stato in definitiva “un anno solido” per il mercato delle obbligazioni high yield. Ad oggi, è in rialzo di circa l’8,5%, rendimenti che in pochi prevedevano all’inizio di quest’anno e che si dimostrano attraenti e competitivi rispetto ai potenziali rendimenti a lungo termine delle azioni, dice Trevithick. “Anche le previsioni per l’anno prossimo sono positive”, aggiunge. “Ovviamente è difficile fare una valutazione sugli shock esogeni, ma la previsione di base per il 2024 è che un’impennata sostanziale del tasso di default sia molto improbabile. Si pensa che nel 2024 si manterrà un livello di base di inadempienze in graduale aumento e che continuerà a verificarsi una modesta erosione dei rating e dei fondamentali, ma tale erosione avverrà a partire dai massimi storici, tornando semplicemente verso le medie storiche”. Gli investitori, conclude Trevithick, non devono considerare questo dato come perdita di appetibilità dell’asset class, ma solo come una naturale inversione di tendenza dopo un contesto di tassi d’interesse estremamente bassi. “Tuttavia, non si prevede che l’aumento dei costi di capitale abbia un impatto significativo sui flussi di cassa per la maggior parte degli emittenti, data la salute dei bilanci. Si ritiene, quindi, che ci saranno buone opportunità per i gestori attivi di individuare obbligazioni dal valore interessante per i loro investitori”.