Ogni anno assistiamo a un ricchissimo calendario di fiere che si collocano praticamente in ogni parte del mondo a scadenza regolare e che richiamano produttori e brand internazionali a presentare i loro articoli nel modo più attraente possibile, così che i fruitori possano notare e interessarsi alle merci esposte.
Il Salone del Mobile, accompagnato dal circuito di Fuori Salone, rappresenta una delle realtà fieristiche più grandi al mondo, realtà che mette in moto un grossissimo giro d’affari e un complesso meccanismo legato agli allestimenti degli stand che molto spesso, per quanto riguarda i grandi marchi, sono vere e proprie costruzioni su più piani, con pareti divisorie, impianti elettrici e scenografie dalla complessità esecutiva ed estetica. Gli investimenti fatti dalle aziende per produrre queste incredibili “messe in scena” hanno un costo altissimo, si pensi poi che dureranno il tempo massimo di una settimana prima di essere smontate e smaltite.
Che fine fanno gli allestimenti del Salone del Mobile?
Ma una volta finita la fiera, dove finiscono gli stand? Per quanto riguarda le grandi aziende, la parte di allestimento e smaltimento stand è generalmente data in carico a fornitori esterni che si occupano in toto della costruzione dello stand e del successivo smontaggio e smaltimento; la quasi totalità delle costruzioni, completata la loro funzione, viene infatti distrutta e buttata. Si tratta di un meccanismo rodato che negli anni si è settato su questa metodologia di gestione degli allestimenti e che trova solo rari casi di aziende che hanno in generale un approccio più ecologico che si rispecchia conseguentemente in tutte le scelte. Ne è esempio Artemide, che dal 2017 ha iniziato il suo percorso verso la sostenibilità ambientale e sociale. L’azienda ha delineato infatti una strategia che a lungo termine con specifici obbiettivo. Si pensi che dal 2017 al 2021 ha misurato una riduzione del 45% di emissioni. L’azienda, in tema di trasparenza, rende inoltre accessibili i report di sostenibilità dove tutti gli aspetti relativi alle operazioni aziendali sono consultabili.
Mai come quest’anno, durante la Design Week milanese, abbiamo sentito parlare di temi come circolarità, ecosostenibilità e riciclo: questi valori dovrebbero dunque essere applicati ad ogni fase del lavoro in modo da garantire un circuito virtuoso, completo dall’inizio alla fine. Troviamo esempi di questa concezione green soprattutto da parte dei brand più piccoli e giovani per i quali è sicuramente più semplice, a livello logistico, la gestione del tutto.
Allestimenti sostenibili
Abbiamo avuto l’occasione di parlare con Eleonora Carbone e Alessandro D’Angeli di Naessi studio che hanno da poco presentato il loro progetto Oh.Bar realizzato per il brand italiano di cosmetica Espressoh. Questo progetto rispecchia puntualmente tutte le caratteristiche necessarie per realizzare un allestimento sostenibile. Si tratta di una caffetteria pop up itinerante che viaggia per il mondo, con un layout flessibile composto da banchi modulari, materiali leggeri, tavoli e sedute impilabili. Ogni elemento è stato pensato per adattarsi a qualunque spazio e per facilitare le operazioni di trasporto. Gli arredi sono stati realizzati con profili e superfici di alluminio lucidato a specchio. A esso sono state integrate piccole porzioni di laminato Abet per le superfici maggiormente usurabili come i top dei banchi e dei tavoli.
Lo studio si è impegnato a progettare un allestimento che seguisse delle regole generali atte a soddisfare i requisiti di sostenibilità: sono stati utilizzati materiali che possono essere riusati, materiali leggeri per non incidere in modo eccessivo sulle spese di trasporto, materiali “riparabili” in modo semplice e che soggetti ad usura (trasporti, persone, etc) non perdano l’appeal estetico.
L’allestimento è stato inoltre ragionato sulla modularità. Eleonora ci racconta: “Sempre sul pop up, abbiamo ragionato con moduli e schemi di layout previdenti e versatili per evitare, in ogni caso, di dover ricorrere a soluzioni su misura che avrebbero richiesto tempo sia per la parte progettuale che per la realizzazione ma che, allo stesso tempo, avrebbero causato spreco di materiali, di ore di lavoro e soldi.”
Abbiamo chiesto ai Naessi quale potrebbe essere una possibile soluzione per quanto riguarda gli allestimenti del Salone del Mobile. Ci hanno risposto: “Crediamo che gli allestimenti del Salone e del Fuorisalone potrebbero ragionare più a lungo termine creando, ad esempio, un abaco di materiale a disposizione per l’anno dopo. Questo potrebbe alimentare le possibilità creative, anzi, essere esso stesso brief di progetto.”
Verso una coscienza ecologica
Progettare allestimenti “sostenibili” è possibile anche se si tratta di un tema complesso, in quanto la scelta dei materiali e delle strutte da realizzare sono strettamente legati ai budget oltre che alla componente estetica. Più il brand è grande e sovrastrutturato più questo tipo di decisioni e scelte diventano fondanti e devono essere ragionate con largo anticipo, collaborando a stretto contatto con i progettisti per riuscire ad ottenere il miglior risultato possibile.
La necessità presente è quella di incentivare e coadiuvare il radicamento di una coscienza ecologica che sia più di sostanza che di apparenza come nel caso del greenwashing per cui molte aziende inducono a pensare che siano impegnate nella tutela dell’ambiente più di quanto non lo siano realmente. Al momento, la maggioranza delle aziende non è ancora riuscita a trovare una formula adeguata in grado di unire una visione concretamente green alla parte commerciale di business. Il passo verso la cultura ecologica, anche se inizialmente richiede risorse economiche e logistiche e ha bisogno di una visione lungimirante accompagnata da una forte volontà, avrebbe benefici inestimabili dal punto di vista etico ed economico sul lungo termine.
Riprendendo l’esempio degli allestimenti fieristici, pensiamo al risparmio nel non dover realizzare annualmente interi allestimenti che verranno buttati pochi giorni dopo, ma poter riutilizzare quelli dell’anno precedente magari ricomposti in un altro modo? La soluzione è certamente una liaison progettista/azienda in cui il ruolo dei progettisti è quello di immaginare e creare allestimenti che seguano questi principi e quello delle aziende è invece di creare “cultura aziendale” per cambiare le mentalità investendo su nuovi piani d’azione, ristrutturando il pensiero verso un futuro sostenibile.