Varare un condono sugli abusi edilizi di piccola entità potrebbe generare maxi entrate per lo Stato, tuttavia implicherebbe chiudere un occhio su irregolarità e abusi
La proposta ha a che vedere con la possibilità di varare un condono sulle irregolarità edilizie di piccola portata
L’Italia ha una storia di condoni e sanatorie
L’Italia è una Repubblica fondata su condoni e sanatorie? Un articolo dell’Espresso risalente al 2016, in effetti, ricostruisce con un’eloquente timeline il numero di condoni che si sono avvicendati in Italia a partire dagli anni ’70. Si tratta di una quantità impressionante di provvedimenti volti a regolarizzare violazioni o abusi su un numero indefinito di settori: solo per citarne alcuni, la sanatoria del 1973 voluta da Bruno Visentini. Poi vengono i condoni generali voluti da Formica nel 1982 e 1991. Arriva poi il 1994 e apre le porte al condono Berlusconi; che ne varerà un altro nel 2003 e un altro ancora nel 2004. Segue la sanatoria Tremonti del 2010 e poi lo scudo fiscale. Infine nel 2016 fa capolino la Voluntary Disclosure implementata dal Ministro Padoan. Ma non è tutto. Si devono poi prendere in considerazione tutte quelle misure c.d. di rottamazione delle cartelle che da anni vengono introdotte dal governo di turno per risolvere le situazioni di potenziale conflitto tra contribuenti e fisco. Il governo Meloni non ha rinunciato a farne ricorso.
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Verso un condono edilizio?
A pochi giorni dalla pubblicazione della Nadef, momento in cui il governo dovrà dare indicazioni sulla prossima Manovra, il tema condono torna nuovamente al centro del dibattito, traghettato dalla proposta avanzata dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini.
La proposta ha a che vedere con la possibilità di varare un condono sulle irregolarità edilizie di piccola portata.
In buona sostanza, l’idea è di regolarizzare, ad esempio, irregolarità di minima entità quali il mancato rispetto dell’altezza, della cubatura, errori di progettazione o realizzazione dell’opera che superino di poco i limiti individuati nel progetto approvato per il quale si è avuto il permesso di costruire.
Varare un condono sugli abusi edilizi di piccola entità avrebbe due effetti positivi, a dire del Ministro: da un lato, consentirebbe di decongestionare gli uffici tecnici dei comuni dalle migliaia di pratiche relative a questi temi che ne appesantiscono il lavoro. Dall’altro, consentirebbe al governo di fare cassa. Questa misura, infatti, porterebbe nelle casse dello Stato entrate extra. Il compromesso, tuttavia, non è di poco conto.
Il reato di abuso edilizio: cosa prevede?
L’art. 44 DPR 380/2001, che detta la disciplina del reato di abuso edilizio, punisce (con arresto o ammenda) l’intervento di costruzione, trasformazione, ristrutturazione o demolizione di un edificio che differisca integralmente da quello autorizzato.
Nello specifico, l’art. 44 DPR 380/2001 prevede per l’abuso edilizio:
- l’ammenda fino a 10.329 euro per l’inosservanza di norme, prescrizioni e modalità esecutive previste da legge, regolamenti edilizi, strumenti urbanistici o dal permesso di costruire;
- l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5.164 a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso;
- l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio.
- il responsabile dell’abuso può essere obbligato a rimuovere gli abusi o a ripristinare lo stato dei luoghi.
Quanto al momento consumativo del reato, si deve tenere conto che l’ultimazione dei lavori si verifica con il completamento dell’opera abusiva, comprese le finiture esterne ed interne.