Anche la consulenza finanziaria o patrimoniale, come amiamo chiamarla adesso, non è esclusa da questo gap temporale. Ma qual è lo status attuale? In questo articolo, si cercherà di sintetizzare il modello di business americano che ci riguarda, illustrando come operano le loro principali banche di investimento che hanno una rete di consulenti finanziari.
Ci sono 2 modelli di business principali:
- il brokeraggio, cioè il collocamento di fondi, Etf, azioni, etc in cui il consulente percepisce solo la commissione di collocamento o transazione (questa attività può avvenire in maniera fisica ma soprattutto telefonica o via web);
- La consulenza finanziaria, cioè l’erogazione di un servizio di consulenza patrimoniale che genera come conseguenza anche il collocamento di strumenti finanziari (amministrato, gestito, assicurativo, etc). In questo caso il cliente paga una fee annuale (mai superiore al 2%) e il consulente percepisce una % che oscilla tra il 30 e il 50% a seconda del fatturato annuo che riesce a generare (stabilito con la mandante).
Il servizio di consulenza finanziaria può essere erogato in 3 modalità differenti:
- con il preventivo assenso del cliente su ogni operazione finanziaria proposta;
- con totale delega a operare al consulente finanziario;
- con totale delega a operare alla società.
Per poter erogare il servizio di consulenza finanziaria con totale delega a operare al consulente finanziario non serve solo la volontà del cliente, serve anche l’autorizzazione della società per cui opera il consulente finanziario. La società consente questa modalità operativa solo ad alcuni CF altamente preparati che hanno conseguito una vera e propria certificazione, in quanto opereranno come veri e propri gestori della azienda stessa, con conseguenti responsabilità.
Contrariamente a quanto si pensa, e diversamente da come erano partiti i modelli di business americani, le transazioni online relative alla consulenza finanziaria si sono ridotte drasticamente, i clienti private o Hnwi utilizzano il web esclusivamente per scopi informativi; le fasce più basse di clientela utilizzano i robo advisor per “scavalcare” il consulente sperando di fare meglio, anche perché i clienti sotto i 100 mila dollari difficilmente trovano un consulente disposto a seguirli e per loro è troppo dispendioso visti i costi che sostengono per la loro attività. Nel corso degli anni, con la riduzione dei ritorni commissionali (vedi quanto sta succedendo in Europa), molti costi che prima erano sostenuti dalle mandanti sono stati ribaltati sui CF (non solo la burocrazia o le segreterie, anche studi di analisi, formazione, It, etc). Altro aspetto molto rilevante riguarda l’operatività bancaria ordinaria, i consulenti finanziari si occupano solo marginalmente dei prodotti bancari e non serve avere un conto corrente per operare, anzi i clienti prediligono mantenere separati i rapporti.
Altro grande spunto di riflessione è relativo al fatto che difficilmente si trovano consulenti finanziari “stand alone”, cioè non facenti parte di un team. In Usa, infatti, è possibile creare una società che ha poi rapporti con la mandante; questo ha generato ottime economie di scala tra i CF, un ridimensionamento delle strutture manageriali (1, massimo 2 livelli) e la creazione di specializzazioni elevando in maniera esponenziale le competenze del team. Addirittura le specializzazioni non sono solo per comparti di business (assicurativo, amministrato, gestito, real estate, fiscale, societario, etc), ma sono fatte per tipologia di cliente (artista, sportivo, medico, avvocato). Ogni membro del team ha un ruolo specifico e il cliente è del team, tutti sono soci e dividono costi e ricavi; il CF più senior solitamente ha la maggioranza della società e può rivestire anche il ruolo di manager.
Nel corso degli ultimi 7 anni si è assistito a una impennata dei servizi di consulenza arrivando al risultato odierno che vede il 45% degli asset totali nel mondo del wealth management in consulenza a pagamento (fee only) e di questo il 40% è in totale delega al CF o alla società mandante sempre per il tramite del CF.
Sintetizzando potremo dire che:
- il collocamento e conseguente gestione degli asset, fuori consulenza a pagamento, è totalmente scomparso;
- le fee di consulenza sono l’unica fonte di guadagno ricorrente per i consulenti finanziari;
- i clienti che non producono margini di guadagno vengono scartati dai CF perché rappresentano un costo soprattutto se si fa parte di un team a cui bisogna dare conto;
- la specializzazione è un “must” così come lo “spossesso” della gestione del cliente a favore del team;
- la competenza viene certificata e crea notevoli differenze con chi non lo è;
- il team gestisce il cliente in modalità studio associato seguendo anche il mondo del non finanziario;
- il consulente con il suo team è il riferimento generale per ogni esigenza del cliente;
- netta separazione di percezione dei clienti rispetto al ruolo del consulente finanziario con il bancario.
La storia ci ha insegnato che il modello di business americano è sempre stato riprodotto da noi dopo qualche anno; in passato senza tutta la tecnologia odierna il gap temporale era di molti anni, oggi penso che la velocità di allineamento sarà molto più repentina (confermata da alcune attività che si sono già allineate in questi mesi).
A noi la scelta… aspettiamo di diventare dei bravi venditori di Etf al telefono o prendiamo coraggio e cavalchiamo il cambiamento già iniziato?