L’alto cuneo italiano si spiega principalmente con un sistema pensionistico che fino ad ora è stato uno dei più generosi dell’eurozona
In futuro con la piena entrata a regime del sistema contributivo, le pensioni italiane saranno più in linea con quelle del resto d’Europa
Si fa un gran parlare, in particolare nell’ultimo periodo, di
cuneo fiscale e di quanto, questo, incida sulla busta paga dei contribuenti.
Ebbene, un report dell’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica di Milano, approfondisce ii tema prendendo a
riferimento il cuneo fiscale dei dipendenti italiani.
Occorre, preliminarmente mettere in evidenza che quando si
parla di cuneo fiscale si rinvia alla porzione del “costo del lavoro” che,
invece di essere trasferito nella paga (netta) dei lavoratori, è assorbito dalle
imposte e dalla previdenza.
In linea generale, osserva Ocpi, nel documento dal titolo “Cuneo
fiscale per il lavoro dipendente: un confronto internazionale e gli effetti
della legge di bilancio 2022”, le componenti delle trattenute che formano il
cuneo fiscale sono solitamente tre: si tratta delle imposte sul reddito; dei contributi
pensionistici obbligatori a carico del lavoratore (detratti in busta paga dallo
stipendio lordo ricevuto); dei contributi previdenziali a carico
del datore di lavoro.
A che punto è l’Italia rispetto agli altri paesi?
Come osservato dall’Ocpi, l’Italia nel 2021 deteneva un
record non particolarmente virtuoso, posizionandosi al quinto posto tra tutti i
paesi Ocse (36 membri Ocse) per cuneo fiscale più alto. Una siffatta circostanza, spiega
Ocpi, implica che “per un lavoratore dipendente con uno stipendio lordo medio,
il cuneo era del 46,5 per cento, contro una media del 41,4 per cento nell’area
euro”.
Le famiglie italiane con un solo stipendio, inoltre, soffrono un cuneo
fiscale particolarmente alto, il terzo più alto dell’eurozona. Per
le famiglie bi-reddito con due figli, invece, il cuneo fiscale è il quarto più alto. Ad incidere sul
peggioramento della posizione italiana rispetto al caso base del lavoratore con
stipendio medio sono i trasferimenti dallo Stato, che in Italia sono inferiori
alla media
Tuttavia, il fatto che i dipendenti italiani scontino un
cuneo fiscale così salato discende dal fatto che fruiscono di un sistema pensionistico
piuttosto generoso che, a differenza degli altri Stati, rende meno necessaria
una pensione privata integrativa.
Quale trend aspettarsi?
Occorre segnalare all’inizio del 2022 la situazione è andata
leggermente migliorando anche grazie ad alcune misure previste a favore di
alcune categorie di contribuenti: più nel dettaglio, con l’entrata in vigore a
inizio 2022 dell’assegno unico e universale per i figli e del taglio dell’Irpef,
il cuneo fiscale è sceso, soprattutto per i lavoratori con redditi medio bassi,
di 2-3 punti percentuali, passando “dal 41,2 per cento al 38,6 per i lavoratori
con il 67 per cento del reddito medio, dal 37,9 al 35,4 per le famiglie con un
solo reddito pari al reddito medio e dal 40,9 al 39,2 per cento per le famiglie
con due redditi, uno medio e uno medio-basso. Modesta è invece la riduzione per
lavoratori con redditi medi-alti”.
Inoltre, in futuro, con la piena entrata a regime del
sistema contributivo, le pensioni italiane saranno più in linea con quelle del
resto d’Europa. Il problema, dunque, osserva Ocpi “riguarda le generazioni di mezzo, ossia quelle
che pagano contributi elevati per finanziare le pensioni in essere, ma in
futuro avranno pensioni notevolmente più basse e più in linea con quelle dei
lavoratori del resto d’Europa“.