Il gap tra total return e investor return è stato del 4,9% annuo negli ultimi cinque anni
I divari maggiori sono negli Etf tematici sulle energie alternative e sull’innovazione tecnologica
Gli Etf sono più penalizzati dei fondi dagli errori nei tempi di ingresso e uscita
Se avete un Etf (Exchange traded fund) sulle energie alternative o sull’intelligenza artificiale o su qualsiasi altro megatrend, fareste bene a controllare i vostri rendimenti personali, perché potrebbero essere molto inferiori a quelli che vedete nella scheda del fondo.
Cosa è successo? Uno studio Morningstar rivela che il rendimento medio totale dei fondi tematici è stato del 7,3% negli ultimi cinque anni (a fine giugno 2023), ma gli investitori hanno ottenuto una performance del 2,4% se si tengono in considerazione i flussi in entrata e in uscita dai fondi. In sostanza, hanno perso 4,9 punti percentuali ogni anno perché hanno sbagliato il momento per acquistare o riscattare questi prodotti.
Gli Etf tematici sono più penalizzati dei fondi tradizionali
Il dato è preoccupante per i fondi tradizionali, ma diventa allarmante per gli Etf tematici, in particolare per quelli sul “mondo fisico”, che include energie alternative, acqua, ecc. e sull’innovazione tecnologica, dove il gap è di 500-600 punti base superiore ai fondi comuni di investimento tradizionali, come mostra la tabella qui sotto.
“Ciò riflette le differenze nei portafogli dei due veicoli”, spiega Kenneth Lamont, senior analyst di Morningstar. “Gli Etf tematici, che possono essere negoziati in Borsa e tendono a investire in panieri di azioni più mirati, sono spesso preferiti come strumenti per fare scommesse tattiche e possono attrarre grandi flussi. La maggiore concentrazione si traduce anche in livelli più elevati di volatilità”.
Il grande gap degli Etf clean energy
Il caso degli strumenti sulla transizione climatica è emblematico. Uno dei più grandi Etf tematici al mondo è iShares Global Clean Energy, che in Europa ha superato ampiamento la soglia dei 3,5 miliardi di dollari asset (al 24 novembre). Mentre l’indice replicato da questo fondo (l’S&P Clean energy) ha reso il 17,6% annualizzato negli ultimi cinque anni (al 30 giugno), il ritorno annualizzato di un investitore che l’avesse comprato in questo periodo è stato negativo per il 5,5% con un gap del 23%.
“Durante la fase di forti performance in concomitanza con la vittoria di Joe Biden alle elezioni americane nel terzo trimestre 2020, gli investitori hanno investito con entusiasmo nel Global Clean Energy di iShares”, spiega Lamont. “Da allora la strategia ha perso quasi la metà del suo valore, lasciando a coloro che hanno acquistato in quel periodo pesanti perdite. Nei tre mesi di picco tra novembre 2020 e gennaio 2021, l’Etf iShares Global Clean Energy ha raccolto 5,8 miliardi di dollari (nella versione europea e in quella statunitense, ndr), più di tutti gli altri mesi degli ultimi cinque anni messi insieme. Questi investimenti non hanno beneficiato degli ampi guadagni registrati dall’Etf in precedenza e sono stati esposti al successivo calo di valore del 40% dal picco di afflussi del gennaio 2021”.
Il grafico qui sotto mostra chiaramente cosa è successo.
Nell’asse delle ordiate di sinistra sono indicati i flussi netti tra il 2018 e il 2023, in quella di destra i rendimenti dell’Etf. La linea blu indica, invece, l’andamento dell’indice di riferimento.
In generale, le strategie sulle energie pulite sono state particolarmente penalizzate dagli errori di timing degli investitori, con un gap di quasi il 12% tra il rendimento medio realizzato e quello ponderato per i flussi di sottoscrizioni e riscatti.
Un timing sbagliato per l’innovazione tecnologica
Un’altra strategia tematica che è stata particolarmente colpita è quella dell’innovazione tecnologica, all’interno della quale è incluso l’Etf Ark Innovation, uno dei più grandi al mondo in termini patrimoniali, con masse per quasi 8 miliardi di dollari. Il fondo fa parte della gamma della società di gestione americana Ark Innovation, fondata da Cathie Wood, che a settembre ha acquisito Rize Etf sbarcando così in Europa.
Questa strategia aveva guadagnato oltre il 150% nel 2020 e gli eccezionali rendimenti avevano spinto molti investitori a cavalcare il trend. All’inizio del 2020 aveva asset per 3,2 miliardi; alla fine di quell’anno erano decuplicati fino a superare i 34 miliardi. Ma la corsa non era ancora finita: a febbraio, l’Etf sfondò quota 51 miliardi di dollari. Proprio in quel mese, l’aumento dei rendimenti delle obbligazioni fece crollare i titoli tecnologici e con essi le quotazioni di Ark Innovation, il cui portafoglio era particolarmente concentrato. Ancora una volta, gli investitori avevano comprato sui massimi, perdendosi la fase di ascesa del fondo. L’Etf terminò il 2021 in calo del 23,3% e il 2022 a -67%. Dai inizio anno, guadagna il 12,2% in dollari (dati a fine ottobre).
Investitori più freddi verso gli Etf tematici
Le analisi Morningstar mostrano che i gap maggiori tra rendimenti dei fondi e quelli conseguiti dagli investitori si registrano nelle strategie molto specializzate e concentrate. Gli strumenti che cavalcano più temi risentono meno degli errori di timing, ma non ne sono immuni.
A tal proposito, è bene ricordare che i fondi tematici si pongono l’obiettivo di cavalcare trend secolari – demografici, economici, ambientali sociali o tecnologici. La loro popolarità tra gli investitori europei è cresciuta dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19, ma successivamente la domanda si è raffreddata. I dati del terzo trimestre, relativi solo agli Etf tematici (esclusi i fondi attivi) mostrano deflussi netti per 100 milioni di euro in Europa e una discesa del patrimonio del 6,7% rispetto ai tre mesi precedenti. La maggior parte degli asset, comunque, rimane concentrata nella tecnologia e nel “mondo fisico”, proprio quei temi dove l’investor return è stato ampiamente inferiore al total return nell’ultimo quinquennio.
Non sbagliano solo gli investitori tematici
Ma non sono solo gli investitori in fondi tematici a compiere errori di timing. “Negli ultimi cinque anni, i sottoscrittori di fondi hanno faticato a mantenere il passo e hanno perso una parte significativa di rendimenti”, dice Matias Möttölä, responsabile della Manager research di Morningstar in Europa, che ha analizzato sei grandi domicili di fondi, incluso il Lussemburgo e l’Irlanda che rappresentano insieme circa il 55% degli asset gestiti europei. I risultati sono rilevanti per gli investitori italiani, dato che i comparti lussemburghesi e irlandesi sono molto diffusi nel Belpaese.
“In entrambi i domicili, una preoccupante fetta di rendimenti non ha mai raggiunto l’investitore finale”, conclude Möttölä. Il gap tra rendimento totale (total return) dei fondi e investor return è stato del 18% annualizzato nel quinquennio al 30 giugno 2023 per l’Irlanda e del 27% per il Lussemburgo.