Nell’articolo Central problems in the management of innovation, pubblicato sulla rivista scientifica Management Science nel 1986, lo studioso Andrew Van de Ven notava un problema fondamentale. Per gestire e favorire i processi di innovazione, fondamentali per la sopravvivenza e il successo di qualsiasi organizzazione, è importante non solo tenere in considerazione le strutture e i processi organizzativi formali e il livello tecnico dell’equipaggiamento, ma anche, e soprattutto, gli aspetti umani, sociali e relazionali.
Per Van de Ven, gestire il processo di innovazione tecnologica significa anche gestire e preservare una cultura dell’innovazione, sentita e incorporata dai singoli professionisti. Il family office, forma organizzativa nata per la gestione professionale e olistica degli affari delle famiglie imprenditoriali, ha lo stesso problema.
Molta attenzione è stata correttamente posta sugli aspetti finanziari di gestione del patrimonio familiare, o sugli aspetti strutturali e di governance, al fine di preservare il patrimonio attraverso le generazioni. Tuttavia, i family office sono caratterizzati da una pletora di aspetti culturali e sociali, come gli obiettivi non finanziari della famiglia, le relazioni emotive tra i componenti della famiglia appartenenti o meno a generazioni diverse, o il rapporto di cura e fiducia tra family officer e famiglia. Una visione d’insieme sul fenomeno del family office necessita di andare al di là dell’aspetto più tecnico e “meccanicistico”, facendo leva sulle conoscenze caratterizzanti la disciplina del family business e focalizzando l’attenzione sul ruolo delle skills e delle competenze umane e professionali, che spesso vengono tralasciate e relegate in secondo piano.
Una trattazione del nesso tra family office, family business e competenze non può prescindere dall’evoluzione storica della forma organizzativa del family office. In Italia, prima della nascita dei primi family office negli anni ’80, l’antesignano del family office è stato il banchiere o il commercialista di famiglia. Spesso occupato all’interno dell’impresa di famiglia, egli dedicava una porzione del suo tempo in azienda ad occuparsi degli affari della famiglia che esulavano dal business, spesso senza un riconoscimento specifico della diversa attività condotta. Al giorno d’oggi tale soluzione è difficilmente percorribile per Uhnwi e famiglie imprenditoriali, in quanto la crescente complessità dei prodotti finanziari disponibili, delle soluzioni per la protezione del patrimonio, nonché dei patrimoni stessi, fortemente connessi con le dinamiche del family business, necessitano di professionalità specializzate che sappiano gestire i patrimoni in modo adeguato, trasparente e contestualizzato rispetto alle dinamiche di famiglia e impresa.
Una prima distinzione che ci pare rilevante è la dicotomia tra hard e soft skills. Entrambe sono necessarie per il corretto funzionamento del family office, in maniera però diversa. Le prime, ossia le competenze verticali, sono condizione necessaria per svolgere le attività del family office. La nostra ricerca dimostra che le attività dei family office nel mondo stanno diventando sempre più eterogenee, e le tradizionali attività amministrative e di gestione della liquidità e dell’immobiliare, nonché dello stile di vita, si stanno affiancando a tematiche emergenti come gli investimenti alternativi diretti, la filantropia (spesso nell’accezione venture philanthropy), e la gestione del patrimonio artistico. Ciascuna di queste attività richiede capacità e competenze specifiche, come la conoscenza delle best practices correnti all’interno di tale attività e delle modalità tecniche e procedurali per ottenere i risultati attesi. Tuttavia, le soft skills, legate alle capacità sociali e relazionali del professionista, sono altresì importanti. Un family officer è sia un professionista indipendente e trasparente sia un “guardiano” della famiglia, operando secondo i principi di fiducia e cura verso la famiglia. L’abilità di sapersi relazionare con i diversi componenti della famiglia e di capire empaticamente i bisogni e gli obiettivi familiari sono due capacità sicuramente importanti per un family officer, data la costante interazione con le famiglie. Tali capacità sono ancora più importanti per i professionisti nelle posizioni apicali nel family office, in quanto esso viene spesso considerato come una “personalità” super partes per la famiglia e che spesso viene coinvolto nei processi di family governance. Il family officer è a tutti gli effetti un advisor della famiglia, che nel suo agire bilancia da un lato l’attenzione agli obiettivi finanziari e non finanziari della famiglia e dall’altro le capacità di professionista indipendente e trasparente, che ha una prospettiva terza che i componenti della famiglia raramente possiedono autonomamente.
Una terza skill fondamentale in un mondo sempre più complesso è la capacità di sapersi relazionare con attori diversi. Siccome il family office è la cabina di regia di diverse competenze che rispondono alle esigenze patrimoniali, legali, fiscali e amministrative delle famiglie, la capacità di orchestrare diverse competenze all’interno di un network di professionisti permette di fornire alla famiglia servizi di alta qualità senza la necessità di dover internalizzare completamente tutte le attività. Le abilità soft di relazione del family officer con la famiglia non si costruiscono in modo rapido ma tramite un processo graduale di mutuo riconoscimento e fiducia che avviene nel corso del tempo. Addirittura, esistono molti casi di discendenti di family officer che rimangono family officer per la stessa famiglia di cui il padre o il nonno è stato family officer. Tali casi rinforzano la nostra posizione sull’importanza del fattore umano e sociale nella professione di family officer. Per tale motivo, il turnover può essere un problema per il family office, specialmente in un’epoca in cui il capitale umano ha sempre più impatto sulla performance delle organizzazioni, ed è sempre più una risorsa scarsa, che viene contesa globalmente da molte imprese. Il turnover è una problematica importante per il family office, in quanto può recidere rapidamente anni di costruzione di rapporti umani e culturali di fiducia reciproca. Per risolvere ciò, il family office dovrebbe agire sia sulle leve degli incentivi materiali sia sulle leve motivazionali, che siano coerenti con le abilità e le aspirazioni del professionista e ne permettano la crescita all’interno del family office.
Finora abbiamo discusso delle competenze dei family officer. Tuttavia, è nostra convinzione, che informa anche il progetto di ricerca sulla trasformazione dei family office italiani che stiamo conducendo, che non si possa parlare di family office senza parlare di famiglia e di family business. In particolare, le nuove generazioni,
le cosiddette next-gen, hanno l’opportunità di portare all’interno del family office una serie di competenze e sensibilità, che rinnovano il modo di agire del family office guardando al futuro. Dalle nostre ricerche e coerentemente con gli studi di family business emerge come
il fattore generazionale sia particolarmente importante nel family office,
trainando per esempio l’adozione di tecnologie digitali per la gestione e monitoraggio dei portafogli finanziari o del patrimonio artistico familiare, oppure l’utilizzo di criteri legati al socially responsible investing (Sri) all’interno delle decisioni di investimento del family office. A tali considerazioni fanno da contraltare le competenze della generazione senior. Sappiamo dalla ricerca che le relazioni tra componenti familiari appartenenti a diverse generazioni sono complicate, e non essere consapevoli dei rischi connessi ad una cattiva gestione degli aspetti “soft” del passaggio generazionale può portare a risultati assolutamente deleteri per la famiglia. In particolare,
molto si è parlato della cosiddetta founder’s shadow, che consiste nella persistente influenza della generazione senior che “tarpa le ali” alla next-gen, ostacolando indirettamente il processo di successione.
Tale concetto è esemplificato dal caso italiano, in cui tradizionalmente l’imprenditore ha una forte attitudine, derivata culturalmente, al mantenimento del controllo del business e del patrimonio, che spesso ha causato grandi problematiche nei passaggi generazionali delle imprese familiari italiane. Tale attitudine può essere deleteria anche nel family office, in quanto le competenze dell’imprenditore, centrate sulla gestione aziendale, spesso non includono una cultura finanziaria sufficientemente profonda da comprendere rischi, benefici e modalità della gestione di un patrimonio. In tale modo, l’invadente controllo dell’imprenditore sul family office, da un lato, inibisce le istanze di rinnovamento spesso portate dalle next-gen; dall’altro, impedisce che i family officer possano svolgere il proprio lavoro con indipendenza, trasparenza e professionalità.
(articolo tratto dal magazine We Wealth di maggio)
Nell’articolo Central problems in the management of innovation, pubblicato sulla rivista scientifica Management Science nel 1986, lo studioso Andrew Van de Ven notava un problema fondamentale. Per gestire e favorire i processi di innovazione, fondamentali per la sopravvivenza e il successo di qualsi…